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Autorizzazione paesaggistica: tutto su vincolo paesaggistico, stato dei luoghi e diniego della Soprintendenza

Consiglio di Stato: l’avvenuta edificazione di un’area o il suo degrado non costituiscono ragione sufficiente per escludere l’imposizione di un vincolo

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Oggi, in materia urbanistica, 'parliamo' di autorizzazione paesaggistica e, nello specifico, dei motivi per i quali la Sovrintendenza - cioè l'organo deputato a concedere o a negare l'autorizzazione - può dire no a dei lavori edilizi.

Nel caso della sentenza 3067/2021 del 14 aprile, Palazzo Spada ribalta il Tar accogliendo il ricorso presentato dal MIBACT per l’annullamento di una decisione di primo grado con la quale il TAR aveva accolto le deduzioni del ricorrente in merito al diniego di nulla osta nell'ambito della conferenza di servizi decisoria, su una istanza per la realizzazione di un nuovo insediamento commerciale e direzionale.

Si trattava, nello specifico, di un'area si assogettata a vincolo paesaggistico o archeologico, ma che era già stata urbanizzata e antropizzata con altre strutture commerciali di notevoli dimensioni. Secondo il TAR il parere negativo della Soprintendenza sarebbe immotivato, in quanto esso si limiterebbe “ad una mera descrizione del progetto ed all’assiomatica espressione di un giudizio di incompatibilità”.

Per il Consiglio di Stato, chiamato in causa dal MIBACT, le cose stanno diversamente. Premesso che nel caso di specie il vincolo paesaggistico e archeologico esiste ed è incontestato, per Palazzo Spada vale il principio per cui l’avvenuta edificazione di un’area o il suo degrado non costituiscono ragione sufficiente per escludere l’imposizione di un vincolo, e a maggiore ragione il giudizio di incompatibilità di un intervento con il vincolo esistente, che in sintesi va a limitare i danni ulteriori e a proteggere quanto rimasto dell’originario valore paesaggistico.

 

Il vincolo paesaggistico

In linea di diritto, evidenzia il Consiglio di Stato, il vincolo paesaggistico di cui si tratta è un vincolo ricognitivo di legge, previsto dall’art. 142, comma 1, lettera m), del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che prevede appunto un vincolo per le “zone di interesse archeologico”.

Le esigenze di tutela del vincolo in questione sussistono tuttora, sia perché comunque imposto dal codice n. 42 del 2004, sia perché la sentenza della Corte costituzionale 17 novembre 2020, n. 240, che ha annullato come eccedente le attribuzioni regionali la deliberazione del Consiglio 2 agosto 2019, n. 5, di approvazione del Piano stesso, non ha fatto venir meno l’efficacia della sua adozione, come chiarito dalla circolare della Direzione regionale pianificazione territoriale 3 dicembre 2020, n. 1056599.

 

Lo stato dei luoghi

Ciò posto, il provvedimento impugnato in primo grado - come affermato dalla costante giurisprudenza, che come tale non necessita di citazioni puntuali - è espressione di un’ampia discrezionalità, sindacabile dal Giudice amministrativo di legittimità nei soli casi di esiti illogici ovvero abnormi; nel caso concreto poi esso dichiara di volere preservare l’area da “interventi che possano comprometterne il valore testimoniale di tipo archeologico”. In altre parole, il provvedimento intende far sì che la testimonianza del passato, ovvero l’antico tracciato della via, rimanga percepibile nel paesaggio e ritiene che la nuova edificazione otterrebbe il risultato opposto, contribuendo a confondere il tracciato stesso allo sguardo dell’osservatore. Si tratta di affermazioni intrinsecamente logiche e coerenti, che vanno quindi verificate sotto l’ulteriore profilo della coerenza con l’attuale stato dei luoghi.

Lo stato attuale dei luoghi stesso risulta allora dalla planimetria catastale prodotta dall’appellata come doc. 19 in primo grado; si tratta di una planimetria non dettagliata, che però riporta gli estremi delle particelle relative. In base ai dati di causa, è possibile quindi localizzarvi in modo preciso l’intervento per cui è causa e integrarla confrontandola con le foto satellitari comunemente disponibili attraverso il sistema Google Earth, al quale la giurisprudenza - per tutte Cass. pen. sez. III 15 settembre 2017 n.48178 - riconosce il valore di prova, in quanto rappresentazione di fatti.

Esaminando quindi il contesto dell’intervento nelle fotografie satellitari, si nota immediatamente che a nord del tracciato della via Prenestina, in corrispondenza all’area interessata, si estende un’ampia zona di terreno che ancor oggi è relativamente libera da costruzioni, e lascia quindi percepire in modo distinto il tracciato stradale in linea con gli intenti della Soprintendenza.

Ritenere che inserire nel contesto stesso una nuova edificazione, estesa per oltre mille metri quadri di superficie coperta, comprometta il valore testimoniale del tracciato è conclusione certo non manifestamente illogica, priva quindi dei vizi che sarebbero sindacabili in questa sede, e ciò porta ad accogliere le argomentazioni contenute nell’appello principale.

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