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Crollo copertura del palco: responsabilità del progettista, sicurezza strutturale, deposito al Genio Civile

Cassazione: l’uso temporaneo della struttura non consente un non utilizzo del Testo Unico dell'Edilizia stante la “funzione statica della struttura”

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Davvero interessante e piena di spunti, la recente sentenza 14636/2021 del 23 marzo della Cassazione Penale (disponibile sul portale ufficiale della Corte Suprema - Italgiure), che chiude il cerchio sul caso del crollo della struttura metallica detta "ground support", composta da sei pilastri reticolari e da un grigliato metallico spaziale, che avrebbe dovuto sostenere gli impianti luce e suono del palco del concerto di Laura Pausini presso il palasport di Reggio Calabria (concerto poi annullato).

 

I reati contestati e gli imputati

I reati contestati vanno da omicidio colposo a lesioni e crollo, con varie violazioni del Testo Unico dell'Edilizia e di parte della normativa tecnica (NTC). Si tratta di condotte sia commissive che omissive. Gli imputati, che poi hanno ricorso in Cassazione, sono:

 

  • il progettista, al quale fu contestata, tra altro, la violazione dell'art.64 del dpr 380/2001 per errori ed omissioni nella progettazione;
  • il titolare della ditta esecutrice,  per non avere denunciato l’opera, prima dell’inizio dei lavori all’ufficio tecnico regionale competente in violazione art.65 del TUE;
  • il legale rappresentante della ditta committente per non avere nominato il direttore dei lavori;
  • il tecnico responsabile quale il coordinatore della sicurezza per varie forme dello stesso integrate;
  • il responsabile tecnico del Comune di Reggio Calabria settore LL.PP. per varie condotte omissive.

 

In particolare, al progettista della struttura viene addebitato di “..non avere considerato la possibile presenza di forze orizzontali accidentali, ma solo quelle dei carichi verticali (vale a dire peso della struttura e di ciò che doveva portare); era stato utilizzato un modello statico inadeguato a simulare il reale comportamento della struttura; nella fase esecutiva del progetto, il montaggio era avvenuto in difformità con l’avallo consapevole del progettista”.

 

I motivi di ricorso

Si fa riferimento alle piastre di base di diffusione dei carichi ed al manuale di montaggio.

Secondo il progettista, inoltre:

  • si sarebbe dovuto designare in corso d’opera un direttore dei lavori per la verifica delle “caratteristiche del piano di posa” avendo il progettista assuntolo del tipo rigido;
  • solitamente si deve far ricorso ad “un tecnico locale” per la verifica in loco della caratteristiche del piano di posa.

Tra gli altri ricorsi, evidenziamo che: 

  • non si dovrebbe applicare alla struttura crollata la normativa del Testo Unico Edilizia, bensì il D.L. 21 luglio 2014 (sicurezza lavoro negli spettacoli) senza che il legislatore avesse imposto un “deposito” del progetto e la nomina di un direttore lavori;
  • la “natura temporanea dell’opera” eliderebbe la riconducibilità dell’opera al TU Edilizia.

 

La difesa del tecnico funzionario comunale eccepisce l'inesistenza di condotte omissive in capo allo stesso, mentre il committente contesta l’applicabilità al caso in esame delle norme del TU Edilizia (specificatamente gli artt. 64-65), invocando anche il c.d. decreto “Palchi” ed il D.Lgs 81/08 (Sicurezza sul Lavoro e in Cantiere).

La Suprema Corte rigetta tutti i ricorsi. Vediamoli uno per uno

 

Le responsabilità del progettista e i calcoli progettuali errati

La Cassazione inizia sottolineando che il progetto avrebbe dovuto tener conto delle caratteristiche di deformabilità del piano di posa della struttura e, secondo la normale diligenza, esse avrebbero dovuto essere previamente verificate; lo stesso consulente della difesa dell'imputato aveva affermato che il crollo era avvenuto per instabilità, avendo avuto le colonne una base di appoggio non larga; tale errore di progettazione aveva avuto una efficienza causale nel crollo; erano stati correttamente valutati gli errori e le omissioni ascritti all'imputato, sulla scorta dei pareri tecnici acquisiti al processo, tra di loro collimanti, ma anche evidenziate le violazioni di legge e i veri e propri errori nella progettazione.

Dalle consulenze era, infatti, emerso che il crollo era conseguito alla instabilità delle colonne per un effetto c.d. P-Delta, a sua volta derivato dal mancato calcolo della possibile presenza di forze orizzontali accidentali che, ove debitamente considerate, avrebbero consentito di prevedere la eccessiva deformabilità della struttura nelle direzioni longitudinali e trasversali, evidenziando la necessità di un irrigidimento.

Inoltre, i nodi di collegamento tra le colonne e il graticcio spaziale erano stati considerati alla stregua di incastri, il che poteva funzionare solo in direzione longitudinale, ma non in quella trasversale.

Tali errori, combinandosi tra di loro, avevano reso la direzione trasversale due volte più vulnerabile di quella longitudinale; non era stata considerata la estrema flessibilità del piano di posa, pur nella consapevolezza che si trattava di un campo di basket; infine, non erano stati considerati i possibili effetti della eventuale rottura del piano sulla struttura.

Pertanto, sulla scorta degli elaborati tecnici, i giudici d'appello hanno ritenuto di superare le obiezioni difensive che facevano leva sulla tesi dell'errore di montaggio e/o esecuzione, piuttosto che sull'errore di progettazione.

Anche la tesi dell'errore di interpretazione del progetto è stata ritenuta infondata: il modello statico utilizzato dal progettista, quanto ai nodi tra le colonne e il graticcio, era inadeguato a simulare il reale comportamento della struttura e il suo cinematismo, non avendo il tecnico rispettato il principio per il quale, nei calcoli progettuali, il modello deve riprodurre fedelmente il comportamento meccanico della struttura in progettazione.

Lo schema statico aveva erroneamente ipotizzato una continuità dei nodi colonne-graticcio, mentre essi, in realtà, operavano come cerniere ed erano capaci di produrre una rotazione, proprio come la cerniera di una porta.

Non vi era stato alcun errore di esecuzione, dal momento che, nella modellazione della struttura, i nodi erano stati considerati come incastri, come dimostrato anche dal fatto che gli ausiliari avevano riscontrato la rottura di alcune saldature sugli elementi che collegavano le colonne al graticcio (cc.dd. sleeve blocks), conseguenza del crollo e non concausa di esso, non avendo potuto attivarsi come incastro prima della perdita di stabilità.

 

L'applicazione del Testo Unico Edilizia a tutte le costruzioni civili, cementizie, in muratura e metalliche

I giudici d'appello hanno, poi, disatteso l'argomento difensivo che aveva introdotto il tema della non applicabilità, al caso di specie, della normativa del T.U. edilizia, strettamente connesso, peraltro, a quello della non esigibilità di una condotta improntata a detta normativa, alla luce della natura della struttura metallica oggetto dell'incarico progettuale: secondo la Corte territoriale, la norma di cui all'art. 64 del citato d.P.R. si applica al caso di specie poiché riguarda tutte le costruzioni civili, cementizie e in muratura e anche le strutture metalliche, quale quella oggetto del crollo, a nulla rilevando la natura temporanea della struttura.

Infatti, l'art. 53 include espressamente nell'elenco delle opere anche le strutture metalliche che, dunque, rientrano nella seconda parte del TU edilizia che riguarda anche i prefabbricati modulari.

Secondo i giudici d'appello, deve darsi rilievo non tanto al dato materiale (peraltro sussistente), ma a quello funzionale, trattandosi di struttura pensata per assolvere a una funzione statica e per resistere a sollecitazioni derivanti da carichi, sovraccarichi e forze esterne di varia natura.

La Corte, inoltre, rimarca che l'applicazione del dpr 380/2001 deriva dalla funzione statica della struttura e la natura finalisticamente temporanea non potrebbe sottrarla a quella disciplina.

 

Il committente

Era impossibile che egli non fosse stato informato del progetto e delle modifiche in corso d'opera e che costui non avrebbe potuto, per difetto delle necessarie conoscenze, rendersi conto degli errori e delle omissioni ivi contenute, ma avrebbe dovuto accorgersi dell'assenza del direttore dei lavori.

In ogni caso, quale committente del progetto, avrebbe dovuto respingere un elaborato incompleto e non avrebbe dovuto iniziare i lavori prima di avere aver avuto contezza della compiuta verifica delle caratteristiche del piano di posa e della continuità materiale tra colonne e grigliato, atteso che i chiarimenti e le verifiche indicate dal progettista erano indirizzate anche al committente, quale costruttore dell'opera.

 

La mancata nomina del direttore dei lavori

Con specifico riferimento, poi, alla mancata nomina del direttore dei lavori, la Corte d'appello ha riconosciuto che il costruttore non è il diretto destinatario della relativa prescrizione, ma che l'omissione doveva comunque considerarsi colposa poiché l'imputato era stato in grado di rendersi conto dell'assenza di tale figura.

 

Il mancato deposito del progetto al Genio Civile

Secondo la Corte, si conferma grave anche il mancato deposito all’ufficio regionale in quanto si è impedito al detto ufficio quel controllo deputato per legge ed anche dell’assenza del DL che avrebbe dovuto controfirmare la relazione progettuale e quindi dovendo il DL accertare la bontà tecnica del progetto.

In tale comunicazione, peraltro, si sarebbero dovuti indicare, tra gli altri, anche i nominativi del progettista e del direttore dei lavori e alla stessa avrebbe dovuto essere allegato il progetto firmato dal progettista in uno con la relazione illustrativa a firma del predetto e del direttore dei lavori.

Da tali elementi, quei giudici hanno dunque ricavato la intuibile conseguenza che dall'adempimento di tale onere sarebbe emersa per tabulas almeno la mancata nomina del direttore dei lavori, il che avrebbe consentito un intervento da parte di quell'ufficio.

 

Il coordinatore per la sicurezza nell'esecuzione dei lavori

Quanto al coordinatore per la sicurezza nella esecuzione dei lavori, al predetto è stata specificamente contestata la violazione dell'art.92 d.lgs. 81/2008, per non avere sospeso i lavori della struttura e segnalato la grave situazione di pericolo alle autorità amministrative competenti, nella consapevolezza che non era stato nominato un direttore dei lavori e che l'elaborato progettuale presentava gravi errori e omissioni.

L'imputato non poteva ritenersi responsabile delle caratteristiche dell'opera, in quanto mai formalmente investito della qualifica di direttore dei lavori, ma era stato consapevole della mancata indicazione di un direttore dei lavori e, pur consapevole del pericolo grave e imminente di crollo, non aveva sospeso i lavori.

In definitiva, a prescindere dalla dimostrata ingerenza nella fase di esecuzione dei lavori che ne ha reso la posizione assimilabile alla figura del direttore dei lavori, egli aveva comunque violato gli obblighi di cui all'art. 92 cit., la posizione di garanzia ricoperta, pur se di alta vigilanza, avendo ad oggetto il rischio generico relativo alle fonti di pericolo riconducibili all'ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative e alla convergenza in esso di più imprese.

Egli, nel "tranquillizzare gli astanti" (così testualmente alle pagg. 30 e 32 della sentenza impugnata) sulla tenuta statica dell'opera, sull'adeguatezza del piano di posa e sulla non necessità dei tiranti, avrebbe aggravato la sua posizione, agendo come se ricoprisse un ruolo più ampio rispetto a quello di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione.

L'istruttoria, inoltre, aveva dimostrato che l'imputato si era avveduto della situazione di pericolo correlata alla labilità della struttura e si era anche ingerito nella fase del montaggio, come avrebbe fatto un vero e proprio direttore dei lavori.

 

Le responsabilità del tecnico comunale

Per la figura del tecnico comunale, si conferma che lo stesso dovesse applicare oltre al TU Edilizia anche il TU Enti locali, adoperandosi per acquisire i dati tecnici del “piano di posa” del palazzetto, piano su cui gravavano le torri portanti in metallo. 

Si conferma, quindi, l'interazione tra norma statica presso genio civile locale e la funzione del tecnico comunale che riceve quel determinato progetto e gli obblighi che gravano sullo stesso, diversi da quelli dell’ufficio regionale (genio civile).

 

La violazione delle norme edilizie e urbanistiche

Per quanto afferisce alle motivazioni che interessano i tecnici, il profilo del dpr 380/2001 viene esaminato nella parte finale della sentenza. Le norme violate sono gli artt. 64, 65 e 68 del TU Edilizia, sia con riguardo alla necessità della previa denuncia dell'opera all'ufficio tecnico regionale (ex genio civile), che avuto riguardo all'obbligo della committenza di individuare un direttore dei lavori e alla conseguente omessa attivazione dei poteri di controllo e inibitori da parte del dirigente comunale.

La disciplina penale prevista dagli artt. 64 e 65 si applica, infatti, alle opere in cemento armato e a quelle che, non composte da cemento armato, possiedono comunque una struttura metallica (cfr. sez. 3, n. 56067 del 19/9/2017, Calvo, Rv. 271810), essendo del tutto illogico ritenere la stessa applicabile solo alle opere che siano al tempo stesso costituite da cemento armato e struttura metallica, posto che una tale componente è già necessariamente presente in quelle a cemento armato e risultando tale interpretazione coerente con la ratio stessa della disposizione: la sufficienza della sola struttura metallica si spiega, infatti, in ragione della potenziale pericolosità di essa derivante dal materiale impiegato.

Pertanto, sono soggetti alla disciplina della legge n. 1086/71 (recepita nel T.U. edilizia) per le opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica, anche i manufatti prefabbricati (cfr. sez. 4, n. 27450 del 12/6/2009, Tidona e altri, Rv. 244517, in fattispecie in tema di responsabilità del committente dei lavori per omicidio colposo, causato dal cedimento di una struttura metallica in conglomerato cementizio prefabbricato), restando escluse le sole opere costituite da un'unica struttura, le membrature singole e gli elementi costruttivi che hanno funzione di limitata importanza nel contesto statico del manufatto, mentre devono ricomprendersi quelle opere che, per loro natura, assolvono a una funzione strutturale.

La valutazione operata dai giudici del doppio grado è del tutto coerente con tali principi. L'opera di che trattasi rientra nella previsione di cui all'art. 53 comma 1, lett. c), dpr 380/01, siccome composta da più elementi metallici tra di loro assemblati, finalizzata a fungere da "luogo di lavoro" per l'allestimento dello spettacolo e da struttura portante dei successivi appendimenti (luci e audio) e la cui funzione statica, pertanto, ha valore assorbente rispetto alla sua destinazione di uso temporaneo, richiamate a riscontro le cause stesse del collasso (direttamente collegate a caratteristiche di labilità dell'opera stessa).

 

Autorizzazione sismica anche per i palchi in zona sismica

In sintesi, dalla sentenza emergerebbe  che anche gli “allestimenti” artistici e di ludo realizzati con strutture metalliche, debbano essere depositati al genio civile e, quindi, nei comuni sismici anche autorizzati previamente ai sensi artt. 83-93-94 del TU Edilizia, essendo irrilevante la temporalità ristretta dell’evento che gode di quelle strutture statiche.

*si ringrazia per la segnalazione e la preziosa collaborazione l'Ing. Mauro Federici


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