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Equo compenso, rischio aggiramento: no a parametri rigidi e inderogabili alla PA

Per il Tar Lombardia, se la PA chiede preventivi a più avvocati (ma vale per qualsiasi professionista) mettendoli in concorrenza fra loro non deve poi rispettare il principio dell’equo compenso

Per il Tar Lombardia, se la PA chiede preventivi a più avvocati (ma vale anche per altri professionisti?) mettendoli in concorrenza fra loro non deve poi rispettare il principio dell’equo compenso.

La giurisprudenza “ha affermato la compatibilità con la disciplina dell’equo compenso persino delle procedure di affidamento di incarichi professionali gratuiti”.


L'equo compenso è (di nuovo) aggirabile?

La domanda sorge spontanea analizzando la recente sentenza 1071/2021 del Tar Lombardia, dove si evidenzia come siano stati ritenuti compatibili con l'equo compenso procedure di affidamento di incarichi professionali gratuiti e, partendo da questo presupposto, si considera legittimo il non rispetto dell'equo compenso nel caso di una richiesta di preventivi a più avvocati (possiamo dire che la 'cosa' valga per qualsiasi professionista?) mettendoli in concorrenza fra loro.

Insomma, per il Tar Lombardia:

  • ok all'importo sotto il minimo indicato dal decreto ministeriale quando non c'è una decisione unilaterale né sussiste uno squilibrio contrattuale a carico del professionista;
  • ok agli incarichi gratuiti.

Quindi "la tesi del ricorrente, per cui le pubbliche amministrazioni sarebbero tenute sempre e comunque a corrispondere al professionista incaricato di un servizio legale un compenso non inferiore al minimo dei parametri stabiliti dal decreto ministeriale, anche ove il compenso non sia imposto unilateralmente o non si ravvisi un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista, non può essere accolta".

 

Il caso

L'affidamento in questione riguarda l'incarico bandito da un comune per ul servizio sociale distrettuale integrato.

Il Comune aveva avviato una procedura comparativa per il conferimento del patrocinio legale dell’ente nel predetto giudizio e ha richiesto a cinque professionisti, individuati tra quelli di comprovata esperienza nella materia del diritto amministrativo, la presentazione di un preventivo dei costi per l’espletamento dell’incarico, previo invio di copia del ricorso e delle informazioni relative al valore dell’appalto che ne costituisce l’oggetto.

Il Comune ha quindi ricevuto i preventivi di quattro professionisti e, con deliberazione di Giunta, ha conferito l’incarico difensivo all’avvocato che ha presentato il preventivo più conveniente, pari ad euro 4.544,80, i.v.a. esclusa.

L'avvocato classificatosi terzo (che aveva presentato un preventivo di euro 7.882,16, i.v.a. esclusa) ha presentato ricorso, chiedendo l'annullamento della delibera sopracitata, contestando la mancanza del rispetto delle regole dell'equo compenso.

Secondo lui, sussisteva la violazione del combinato disposto degli articoli 13-bis della legge 247/2012 e 19-quaterdecies, comma 3, del decreto legge 148/2017, convertito nella legge 172/2017, il quale impone alle pubbliche amministrazioni di garantire il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti nell’esecuzione di incarichi, in conformità ai parametri fissati dal decreto del Ministero della Giustizia; i preventivi presentati dall’avvocato vincitore e dal secondo classificato (quest’ultimo pari ad euro 4.992,80, i.v.a. esclusa) non avrebbero pertanto dovuto essere presi in considerazione, in quanto inferiori ai parametri minimi stabiliti nel decreto del Ministro della Giustizia 10 marzo 2014, n. 55, aggiornato con decreto dell’8 marzo 2018, n. 37, per i ricorsi amministrativi di primo grado di valore indeterminabile di ordinaria difficoltà; il compenso proposto dall’avvocato vittorioso sarebbe addirittura manifestamente irrisorio, in quanto inferiore anche ai parametri minimi stabiliti per i ricorsi di valore indeterminabile di lieve difficoltà.

 

Equo compenso, rischio aggiramento: no a parametri rigidi e inderogabili alla PA

 

Equo compenso? Sì, ma se c'è concorrenza...

Secondo il Tar Lombardia “La disciplina dell’equo compenso è rivolta a tutelare la posizione del professionista debole e non l’indipendenza, la dignità e il decoro della categoria professionale, la quale si realizza attraverso il rispetto dei precetti contenuti nel codice deontologico, che impongono al professionista di non offrire la propria prestazione in cambio di compensi lesivi della dignità e del decoro professionale, nel rispetto dei principi della corretta e leale concorrenza (articolo 9, comma 1, del Codice deontologico forense) e dei doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi (articolo 19 del codice deontologico forense)”.

La giurisprudenza “ha affermato la compatibilità con la disciplina dell’equo compenso persino delle procedure di affidamento di incarichi professionali gratuiti (T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sezione II, 30 settembre 2019, n. 11410; T.a.r. Calabria, sede di Catanzaro, Sezione I, 2 agosto 2018, n. 1507)”.

Per questo motivo:

  • imporre alle pubbliche amministrazioni l’applicazione di parametri minimi rigidi e inderogabili, anche in assenza della predisposizione unilaterale dei compensi e di un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista, comporterebbe un’irragionevole compressione della discrezionalità delle stesse nell’affidamento dei servizi legali, in assenza delle condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità che giustificano l’introduzione di requisiti restrittivi della libera concorrenza (Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza 23 novembre 2017, nelle cause C-427/2016 e C-428/2016);
  • la disciplina per la tutela al legale nei confronti del cliente forte non si applica quando manca una decisione unilaterale dell'amministrazione sul quantum degli emolumenti né sussiste un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista.

Nel caso di specie, quindi, il Comune ha chiesto ai professionisti concorrenti di formulare un’offerta economica per una prestazione professionale, il cui oggetto è stato dettagliatamente individuato mediante l’invio del ricorso e di tutte le informazioni relative al suo oggetto, creando in tal modo un confronto concorrenziale finalizzato all’individuazione del compenso professionale.

I concorrenti sono stati pertanto posti nella condizione di calcolare liberamente, secondo le dettagliate informazioni fornite dall’Amministrazione, la convenienza economica del compenso in relazione all’entità della prestazione professionale richiesta, senza subire condizionamenti, limitazioni o imposizioni da parte del cliente.

Tra l'altro, il Collegio ritiene, secondo un accertamento incidentale effettuato ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del codice del processo amministrativo, che il compenso professionale proposto dall’avvocato poi vittorioso non possa ritenersi "irrisorio" in quanto lo stesso rientra comunque nell’area della "conformità" alla fonte regolamentare per il parametro minimo dello scaglione delle cause di valore indeterminabile, le quali, ai sensi dell’articolo 6 del d.m. 55 del 2014, si considerano di valore non inferiore ad euro 26.000,00 e non superiore ad euro 260.000,00.

 

Considerazioni finali

E' evidente che la sentenza è 'dedicata', in questo caso, a servizi legali e pertanto limitata alla professione di avvocato, ma considerando le analogie potenziali con tutte le altre professioni - comprese quelle tecniche - abbiamo deciso di condividerne testo e contenuti per completezza d'informazione.

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