Riqualificare edifici esistenti con nuovi sistemi a pompa di calore: come verificare se è la scelta giusta in caso di sistemi ad alta temperatura.
Nell patrimonio edilizio esistente, l’impianto di riscaldamento è molto spesso caratterizzato da sistemi di emissione a radiatori, il cui principio di funzionamento si basa sull’immissione, all’interno dei radiatori stessi, di acqua tecnica ad alta temperatura, la quale trasmette calore all’ambiente per convezione naturale (70/80 % ca.) e irraggiamento (20/30 % ca.) attraverso la superficie del radiatore (superficie scambiante). Di conseguenza, la quantità di calore trasferita all’ambiente dipende, in maniera direttamente proporzionale, da temperatura dell’acqua e/o superficie scambiante.
Pensando alle possibilità di intervento per la riqualificazione energetica di tali edifici, una delle possibilità è la sostituzione del sistema di generazione (qualora si decida di non procedere ad una vera e propria ristrutturazione dell’impianto termico, definita nel D.Lgs. 192/2005 come sostituzione contemporanea di tutti i sottosistemi, ovvero di generazione, distribuzione ed emissione, o sostituzione combinata della tipologia del sottosistema di generazione, anche con eventuale cambio di vettore energetico, e dei sottosistemi di distribuzione e/o emissione).
Ma quali sistemi di generazione possono essere utilizzati per impianti di riscaldamento ad alta temperatura? È fondamentale utilizzare generatori a gas (caldaie o pompe di calore a gas), o è possibile optare per pompe di calore elettriche?
Per approfondire la problematica, si rende innanzitutto necessario introdurre le diverse tipologie di radiatori, individuandone criticità e punti di forza in funzione di un’eventuale integrazione con pompe di calore elettriche (di seguito denominate PdC). Una prima classificazione dei radiatori può essere fatta in funzione del materiale di cui sono costituiti, ghisa, acciaio e alluminio:
Figura 1 – Tipologie di radiatori: a) in ghisa a piastre, b) in ghisa a colonne, c) in alluminio a piastre, d) in acciaio tubolari.
Oltre alla tipologia di radiatore è necessario porre l’attenzione sulla data di installazione, in quanto essa determina alcune differenze relative al dimensionamento del radiatore stesso. Il radiatore, infatti, deve garantire una potenza termica (Prad [W]) leggermente maggiore della potenza termica dispersa dall’ambiente in cui sarà installato (per tenere in considerazione condizioni ambientali più gravose rispetto alle condizioni di progetto). La determinazione della Prad dipende però appunto dalla data di installazione:
Si nota subito che le temperature in gioco sono decisamente più alte di quelle classiche di utilizzo delle PdC (35/55 °C). Spesso però, i radiatori risultano essere leggermente sovradimensionati rispetto alle effettive esigenze dell’impianto, dettaglio che può contribuire alla loro corretta integrazione con generatori a PdC.
È risaputo che le prestazioni delle PdC dipendono fortemente dalla temperatura di mandata dell’acqua tecnica per il riscaldamento: minore sarà tale temperatura, maggiore è il COP (Coefficient Of Performance) della PdC.
Va da sé che la tipologia di radiatori meno compatibile con sistemi di generazione a pompa di calore è quella in ghisa. Ma meno compatibile non significa che non possano coesistere.
Per valutare la possibilità di installare una PdC in presenza di radiatori, una prima verifica da fare è valutare la Prad effettiva dei corpi installati. A tal proposito si può procedere nel seguente ordine:
I COP delle Pompe di calore sono dichiarati in funzione delle temperature dell’aria esterna (Tae [°C]) e della temperatura di mandata (Tin): si hanno prestazioni migliori (e quindi COP maggiori) tanto più è bassa la Tin e tanto più è alta la Tae (Figura 2).
In genere i valori di COP sono forniti per temperature dell’aria esterna comprese tra -12/-15 °C e 12/15 °C (da norma UNI/TS 11300-4:2016 sono richiesti i valori a -7 °C, 2 °C, 7 °C e 12 °C).
Figura 1 – COP di una pompa di calore elettrica tradizionale media in funzione della temperatura esterna.
Il valore di Tae con cui condurre la verifica di cui al Punto 2 a. può essere scelto in funzione della località in cui dovrà essere installata la PdC: è ovvio che una PdC installata in Trentino-Alto Adige si troverà a lavorare a temperature più basse, e con maggior frequenza, rispetto ad una PdC installata nel Lazio. Discorso analogo può essere fatto per il COP limite di riferimento, proposto pari a 2,5.
Questo rappresenta il valore di COP in cui la prestazione della PdC diventa uguale a quella di una caldaia a condensazione: se il COP si riduce, allora la PdC non è più conveniente. Questo valore dipende, come abbiamo appena visto, dalla temperatura dell’aria esterna, ma anche dal costo dei vettori energetici a confronto (elettricità e gas metano). In questa sede si propongono come riferimento per l’analisi i seguenti valori: Tae = 2 °C e COPlimite = 2,5. Si evidenzia però, che questi sono valori puramente indicativi, e che devono essere valutati e calibrati in funzione dello specifico caso in esame (temperature esterne, consumi, costi dei vettori energetici ecc.).
Il discorso cambia ulteriormente se è in previsione l’installazione di un impianto fotovoltaico. In questo modo infatti, l’impianto fotovoltaico, se correttamente dimensionato e dotato di batterie di accumulo, può coprire fino al 100% di fabbisogni di energia elettrica consumata dalla PdC, rendendo quindi sempre conveniente quest’ultima tecnologia rispetto ad una caldaia a condensazione. La dimensione dell’impianto fotovoltaico sposta quindi il punto di convenienza, agendo sulla voce di costo dell’energia elettrica.
Un ulteriore intervento che contribuisce al miglioramento della compatibilità tra PdC e radiatori, che però esula dagli interventi impiantistici, è la coibentazione dell’edificio. In questo modo infatti si riducono le dispersioni, rendendo sovradimensionati i radiatori installati.
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