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Decreto Semplificazioni 2021: le modifiche al regime del procedimento amministrativo

Una disamina di Ermete Dalprato sulle modifiche apportate dal DL 77/2021 al procedimento amministrativo, che vanno ad impattare sulla legge 241/1990 per quel che riguarda il controllo interno di funzionalità degli uffici e sulla certificazione del silenzio-assenso

Orientato a dare maggiore certezza del diritto consolidando gli atti amministrativi (rilasciati e in corso di rilascio), il recente d.l. 77/2021 ha apportato modifiche importanti al procedimento amministrativo.

E lo ha fatto operando sulla sua legge cardine, la 241/90 (già ripetutamente modificata nel corso degli anni) che viene ora incisa sulla potestà di autoannullamento (i cui termini vengono ridotti da 18 a 12 mesi), sul controllo interno di funzionalità degli uffici e sulla certificazione del silenzio-assenso.

Modifiche di cui è bene dar conto perché sono a regime e dunque permanenti, a differenza di quelle dei super-bonus che sono evidentemente transitorie.


Decreto Semplificazioni 2021: le modifiche al regime del procedimento amministrativo

Abbiamo già fatto un primo commento (v. “Semplificazione e Superbonus: rose … e spine dell’ultimo decreto-legge”) delle norme in edilizia per l’applicazione dei Super-Bonus; norme per loro natura “transitorie” che decadranno con la decadenza dei Super-Bonus cui si applicano.

Queste norme stanno attirando l’attenzione dei più in questo momento perché ineriscono l’applicazione urgente di un provvedimento contingente; non dobbiamo farci distrarre però da altre innovazioni “a regime” apportate dal decreto-legge “Semplificazioni 2021” (quello per intenderci del 31 maggio scorso, n. 77) e che resteranno a permanente modifica dell’assetto normativo.

In particolare ci paiono degne di nota le modifiche alla legge n. 241/90 (la norma cardine del “procedimento amministrativo”) che viene incisa in modo significativo dai tre articoli del Titolo VI “Modifiche alla legge 7 agosto 1990 n. 241”.

Andiamo in ordine progressivo seguendo l’articolato.

 

Il controllo (sistematico) della funzionalità interna degli uffici

All’articolo 2 della l. 241/90 – che si occupa della “Conclusione del procedimento”, elemento fondante della riforma – già era previsto che ogni amministrazione nominasse (tra le figure apicali) un “soggetto” titolare del “potere sostitutivoin caso di inerzia dell’amministrazione stessa: una sorta di organo interno di “autotutela” e garanzia del corretto svolgimento dei compiti istituzionali.

Questo dovrebbe garantire la “certezza della conclusione del procedimento” alleviando il privato dal gravame di dover fare ricorso all’Autorità giudiziaria in caso di colpevole inerzia dell’Amministrazione e sollevando quest’ultima dagli eventuali risarcimenti conseguenti all’esito di un giudizio per lei negativo.

Con l’articolo 61 viene ora reso possibile attribuire tali poteri sostitutivi non ad un solo “soggetto” ma ad una “unità organizzativa” appositamente costituita (modifica al comma 9-bis).

Questa è una mera modalità organizzativa, ma la vera innovazione sta nel successivo comma 9-ter modificato in cui si afferma che, scaduti i termini del procedimento, questo “soggetto apicale” o “unità organizzativa” all’uopo dedicata potrà concludere il procedimentoattraverso le strutture competenti o la nomina di un commissarionon solo su richiesta dell’interessato, ma anche “d’ufficio”.

In altri termini diventa più stringente “il controllo interno” dell’Amministrazione sulla funzionalità dei propri Uffici (e cioè di sé stessa).

Va da sé che questo ampliato potere di intervento “d’ufficio” - e cioè di propria iniziativa e non solo su segnalazione del privato - comporta una verifica “sistematica” del funzionamento degli uffici (non a caso va attribuito ad una figura apicale dell’ente) e, in caso di ricorso all’Autorità Giudiziaria in cui l’Amministrazione risultasse soccombente, comporta anche una precisa responsabilità di omesso controllo preventivo in capo al “soggetto” o “unità organizzativa” incaricati.

 

L’attestazione dell’avvenuto formarsi del silenzio-assenso: ovvero la certificazione dell’inesistenza del diniego per affermare l’esistenza dell’atto abilitativo implicito

L’articolo 62 invece aggiunge un elemento di certezza giuridica al formarsi del “silenzio-assenso” perché, laddove questo riguardi un procedimento che si può concludere col silenzio dell’amministrazione equivalente al rilascio formale dell’atto abilitativo (e di questo sostitutivo), si può richiedere la certificazione del mancato riscontro dell’amministrazione all’amministrazione stessa (rimasta silente per scelta o per inadempienza).

La quale ha tempo dieci giorni per rilasciare (in via telematica) l’attestazione richiesta.

Così, da un lato, l’amministrazione sarà edotta e pienamente consapevole (e dunque consenziente) dell’avvenuto consolidarsi dell’autorizzazione tacita e, dall’altro, i privati saranno confortati da un atto (la certificazione della mancata risposta formale) dell’avvenuta autorizzazione “tacita”.

La quale non sarà più affidata alla semplice “assenza”, ma certificata da un “atto dichiarativo” di inesistenza.

D’altra parte è sempre difficile essere certi di ciò che non si vede. E questo è stato uno dei problemi applicativi del principio del silenzio-assenso fina dalla sua prima comparsa (nel 1978 con la legge n. 457).

 

Azione sostitutiva del privato

Se poi l’amministrazione già “silente” sul procedimento originario diventasse anche “inadempiente” (nel senso che non rispondesse alla richiesta di attestazione – che è dovuta -) scatta la possibilità (non è un obbligo e non ci sono neppure termini per cui si potrà fare in qualsiasi momento) di una dichiarazione “sostitutiva” ad onere del privato che dovrà renderla però “ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445”.

Si tratta quindi di una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà” la cui mendace affermazione comporta le conseguenti sanzioni anche penali di cui all’articolo76.

È dunque un atto facente fede che dovrebbe renderne indiscutibile il contenuto.

A chi spetta questa dichiarazione? Al privato (e non al tecnico progettista) poiché la “dichiarazione” può sostituire solo “qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato” e non è atto che comporti conoscenze tecniche.

E’ indubbio che l’innovazione va nella direzione della “certezza del diritto”.

E’ altrettanto indubbio però che il procedimento si aggroviglia un po’ su sé stesso e si aggrava di adempimenti: in buona sostanza potremmo dire che anche il silenzio-assenso - che è basato sul principio che esistono atti invisibili la cui efficacia è dovuta alla mancata formalizzazione del diniego - per dare incontrovertibile prova della propria esistenza giuridica finisce per volersi poggiare sulla concretezza di una certificazione formale (ancorché certificazione di assenza).

Il che meriterebbe qualche riflessione in più sull’istituto.

 

Un’innovazione anticipata dalla materia edilizia: riflessioni

Certo è che questa norma - che il d.l. 77/2021 introduce ora in modo stabile nella legge 241/90 estesa a “tutti i procedimenti amministrativiè stata anticipata nel Testo Unico dell’Edilizia già col d.l. “Semplificazioni 2020” che all’articolo 20, 8° comma aveva aggiunto un secondo periodo così formulato “Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l’edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti” (si veda art. 10, comma 1, lettera i), della legge n. 120 del 2020, di conversione con modifiche del DL 76/2020).

Due considerazioni:

  • la prima di concetto generale: ancora una volta (come già è successo per il silenzio-assenso nella l. 457/78, per la comunicazione di parte già art. 26 della legge n. 47/85, per la s.c.i.a. prima della d.i.a.) un’innovazione parte dalla materia edilizia per estendersi poi a principio generale dell’ordinamento (a conferma della rilevanza della materia e della sua capacità innovativa che mi piace sempre rilevare)
  • la seconda pratico-applicativa: vista la convergenza sostanziale delle due norme - ma la diversità procedimentale della tempistica di adempimento (10 giorni per la risposta della P.A. nella l. 241/90 così modificata e 15 giorni nel TUEd) ed anche la sostituibilità con la “dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà”  nella modifica della l. 241/90 - c’è da chiedersi se in edilizia prevarrà la l. 241/90 come norma generale oggi subentrata o il DPR 380/01 come lex specialis? Questione di lana caprina se vogliamo, ma che abbiamo già vissuto nel lungo estenuate braccio di ferro quando la s.c.i.a. della l. 241/90 subentrò alla già esistente d.i.a. del Testo Unico dell’Edilizia. E che si pone tutte le volte che la lex specialis previene la norma generale.

 

La contrazione dei termini per l’annullamento d’ufficio: certezza del diritto e attestazioni di legittimità

L’innovazione più sostanziale si trova però all’articolo 63 che modifica l’articolo 21-nonies della legge n. 241/90 restringendo a dodici mesi il termine di esercizio del potere di annullamento d’ufficio oggi fissato in diciotto mesi.

Anche qui non si può che convenire che si tratti di una norma che tende a rafforzare la certezza del diritto attraverso l’intangibilità degli atti rilasciati.

Che, decorso un anno, saranno annullabili solo per intervento regionale o del Giudice.

Sollecitazione (neanche tanto indiretta) a stimolare una maggiore tempestività ed efficienza della pubblica amministrazione la quale si vede ridotto a due terzi il termine per rimediare ad eventuali “errori”.

Se vogliamo (com’è doveroso) collegare questo aspetto alla certificazione dell’articolo 62 or ora commentato, non vi è chi non veda che le Amministrazioni che si fossero lasciate sfuggire per inerzia qualche “silenzio-assenso” non dovuto e abbiano ricevuto la richiesta di attestazione formale di decorrenza del termine, non avranno neppure la motivazione di non essersene accorte per provvedere ad un eventuale annullamento.

La contrazione del termine di auto-annullamento si riflette poi anche sulle certificazioni di legittimità (di cui già abbiamo diffusamente parlato – v. “C'è qualche insidia nell'auto-dichiarazione dello "stato legittimo" degli immobili”) riducendo da diciotto mesi ad un solo anno il periodo trascorso il quale si può avere la tranquillità di vere consolidato un titolo edilizio rilasciato da poco.

In questo rinnovato quadro normativo occorre ora ri-organizzare la pubblica amministrazione che ne è destinataria.


d.l. 31 maggio 2021: Testo e Sintesi

Un'utile sintesi del decreto legge Semplificazioni bis la si può ritrovare al seguente articolo, che riporta l'intero sommario e riprende il provvedimento punto per punto.

Nella Pagina DL SEMPLIFICAZIONI è possibile invece trovare il collegamento a tutti gli approfondimenti e commenti pubblicati sull'argomento.  


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Ermete Dalprato

Professore a c. di “Laboratorio di Pianificazione territoriale e urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino

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