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Sopraelevazione del tetto sempre a debita distanza: le regole dei 3 e dei 10 metri da rispettare

Tar Roma: una sopraelevazione deve essere considerata come nuova costruzione e può essere eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante

La sopraelevazione della discordia

Le distanze tra edifici sono le protagoniste della sentenza 7136/2021 dello scorso 14 giugno del Tar Roma, alle prese con un permesso di costruire rilasciato da un comune “per la realizzazione di una copertura a tetto per uso soffitta al piano sottotetto”.

I ricorrenti - confinanti con l'immobile 'oggetto' del permesso - hanno chiesto al Tribunale di annullare il titolo abilitativo, tra l'altro, per la violazione dell’art. 9 del DM n. 1444/1968 e dell’art. 41 quinquies della legge 1150/1942 in materia di distacchi dai confini e di distanze minime tra pareti finestrate di edifici antistanti.

Nello specifico, la controinteressata avrebbe costruito “un nuovo corpo di fabbrica attuato in sopraelevazione rispetto alla precedente costruzione, distante m. 2,39 dall’interasse del muro di confine con il (suo) fondo… e m. 8,50 dalla parete ovest (finestrata) della (sua) abitazione”.

I fondi ricadevano secondo il PRG del Comune all’interno della sottozona C2, rispetto alla quale l’art. 3 delle NTA al PRG stabiliva per le nuove costruzioni e per le trasformazioni degli edifici esistenti che “i distacchi dai confini (dovessero)…. essere pari almeno a m. 6” e che la normativa nazionale prevedeva, in ogni caso, l’obbligo di rispettare la distanza minima di m. 10 dalle pareti finestrate (DM n. 1444/1968).

Tali norme, stabilite per le nuove costruzioni, dovevano ritenersi applicabili anche alle sopraelevazioni come quella posta in essere dalla controinteressata, cosicchè il Comune non avrebbe potuto validamente rilasciare il permesso di costruire impugnato, adottato, appunto, secondo il ricorrente, in violazione della normativa in tema di distanze.

 

La sopraelevazione è una nuova costruzione

Il Tar accoglie il ricorso partendo dal presupposto che “una sopraelevazione deve essere considerata come nuova costruzione e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante. Una sopraelevazione, comportando sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro, non può qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori”.

Le opere in questione - continuano i giudici amministrativi - hanno comportato un aumento di volumetrie nell’edificio della controinteressata, essendosi provveduto alla costruzione di nuovi ambienti (soffitta) al di sopra del piano originario, con incremento dell’altezza del fabbricato nella parte antistante la proprietà del ricorrente ed alla realizzazione di una nuova copertura a tetto ad un’altezza superiore a quella originaria.

Sopraelevazione del tetto sì, ma a debita distanza: le regole dei 3 e dei 10 metri da rispettare

La sopraelevazione non è un volume tecnico

Sulla natura di nuova costruzione dei lavori posti in essere e sulla necessità del rispetto delle distanze non possono, poi, incidere in alcun modo le argomentazioni svolte dalla controinteressata circa il carattere di “volume tecnico” dell’opera realizzata.

La nozione di volume tecnico corrisponde, infatti, a un'opera priva di qualsiasi autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché destinata solo a contenere, senza possibilità di alternative e, comunque, per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali di essa; i volumi tecnici degli edifici sono esclusi dal calcolo della volumetria a condizione che non assumano le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità; ne consegue che nel caso in cui un intervento edilizio sia di altezza e volume tale da poter essere destinato a locale abitabile, ancorché designato in progetto come volume tecnico, deve essere computato a ogni effetto, sia ai fini della cubatura autorizzabile, sia ai fini del calcolo dell'altezza e delle distanze ragguagliate all'altezza. (cfr. Consiglio di Stato , sez. II , 25/10/2019 , n. 7289).

 

Il rispetto delle distanze tra edifici

In conclusione, dalla qualificazione in termini di costruzione dei lavori eseguiti dalla controinteressata discende, come anticipato, l’assoggettabilità delle opere alla normativa in materia di distanze prescritte dal PRG e dalle disposizioni normative.

Il nuovo corpo di fabbrica realizzato risulta edificato in violazione delle distanze sia sotto il profilo del mancato rispetto della distanza di 3 metri dal confine prevista dalle NTA al PRG sia sotto quello del contrasto con la distanza minima di 10 metri lineari tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti imposta dall’art. 9 del DM 1444/1968.

A rinforzo, il Tar in relazione a tale parametro precisa, come affermato dalla giurisprudenza prevalente, che “la distanza di dieci metri, sussistente tra edifici antistanti, si riferisce a tutte le pareti finestrate, indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e sia quella del nuovo edificio o dell'edificio preesistente, o della progettata sopraelevazione; inoltre, la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, deve essere calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate, non soltanto a quella principale”. (T.A.R. Campania , Napoli, Sez. II , 10/05/2019 , n. 2519).

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