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Direttore tecnico di cantiere: se è anche datore di lavoro deve vigilare e sostituire il preposto

Anche il direttore tecnico di cantiere può assumere la qualità di datore di lavoro e come tale deve sostituire il preposto inidoneo: ecco quando succede e le conseguenze in caso di incidente

Nel corso degli ultimi mesi si sta registrando un preoccupante trend crescente degli infortuni sul lavoro, soprattutto in alcuni settori storicamente critici per la salute e la sicurezza sul lavoro come quello dell’edilizia.

Sotto tale profilo questa realtà e una parte delle sue dinamiche di fondo appaiono ben “fotografate” dalla recente sent. n. 22262/2021 della S.C. di Cassazione, che appare di particolare interesse perché, a ben vedere, mette ben a fuoco una serie di dettagli sull’approccio che, anche di questi tempi, alcuni datori di lavoro continuano a seguire nella gestione della safety in cantiere, basata non di rado più sull’attenzione al profilo costi e tempi di lavorazione e di consegna, che alla tutela infortunistica.

Ciò che sconvolge di più è che, in un settore dove spesso gli incidenti hanno un epilogo mortale, la sicurezza sul lavoro è affrontata ancora da tali soggetti in modo del tutto superficiale.


Il caso

In tal senso appare particolarmente emblematica la vicenda affrontata dalla S.C. di Cassazione (Sez. IV pen, sent. n. 22262 dell’8 giugno 2021); nel corso dei lavori di progettazione e di bonifica di complessivi 9.700 mq di copertura in lamiere ed eternit all’interno di uno stabilimento industriale del bresciano nel primo pomeriggio tre operai si trovavano, a un’altezza di circa otto metri, sul tetto del capannone del reparto fusione della fonderia, impegnati a rimuovere la vecchia copertura – formata, tra l'altro, di lastre in eternit –per sostituirla con una nuova, che stavano realizzando utilizzando lastre grecate sorrette da profili metallici detti “omega”.

Improvvisamente l’operaio M.L. piombava al suolo, non è chiaro se per il cedimento di una lastra di amianto sotto il suo peso o perché scivolava accidentalmente nella grossa apertura; precipitando, il lavoratore riportava gravissime lesioni, che lo portavano pressoché immediatamente al decesso.

Dagli accertamenti compiuti è emerso che il M.L., al momento dell'incidente, non fosse in alcun modo ancorato; inoltre, nonostante sul tetto vi fosse una linea vita munita di due arrotolatori e che risultassero a disposizione imbracature per assicurarsi alla stessa, il M.L. non era legato, e proprio questa condizione rendeva possibile la tragica caduta.


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Il Tribunale di Brescia nel 2018 dichiarava B.H., datore di lavoro e direttore tecnico di cantiere, responsabile del reato di omicidio colposo di cui agli artt. 113 e 589, commi 1 e 2, cod. pen., e riconosciutegli le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, lo condannava alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi sei di reclusione, nonché al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, con assegnazioni di provvisionali.

Per altro va precisato che già poco prima del tragico evento i lavori erano stati sospesi dall’ASL che aveva rilevato una serie di carenze antinfortunistiche ma, malgrado ciò, il datore di lavoro – e, a quanto sembra, anche altri soggetti di cui non è riportata la posizione ricoperta – reiterava la condotta “….sino all'evento mortale di seguito descritto (in violazione degli artt. 92, 95, 96 e 97 del  T.U. 81/2008)”.

Quindi al datore di lavoro era stato contestato il fatto di aver consentito, o comunque non impedito, che i lavoratori operassero sulla copertura sistematicamente privi di cintura di sicurezza assicurata alla linea vita, pur essendo presenti ampie zone già prive di copertura, nonchè lastre in eternit non pedonabili, con conseguente esposizione al rischio di caduta nel vuoto (in violazione degli artt. 115 e 148 del D.Lgs. 81/2008).

Infatti, per accelerare le operazioni di rifacimento del manto nell'area fusione, stante la prossimità del termine di consegna, disponeva o comunque consentiva che fossero contemporaneamente rimosse, e lasciate scoperte, ampie zone di copertura, contravvenendo alle procedure di lavoro impartite dal CSE (a integrazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento), procedure in cui era previsto che alla rimozione della copertura da bonificare seguisse, immediatamente e progressivamente, l'apposizione delle nuove lastre ed il rispetto di una precisa sequenza operativa, ciò al fine di ridurre il più possibile le zone prive di copertura (in violazione dell'art. 146 del D.Lgs. 81/2008).

La Corte d'Appello di Brescia nel 2019, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ritenute le già concesse circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante contestata, riduceva la pena ad anni uno di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata e revocando le statuizioni civili, stante l'avvenuta revoca della costituzione delle stesse a seguito dell'integrale risarcimento del danno degli eredi.

L’imputato proponeva, così, ricorso per cassazione censurando l’operato dei Giudici di merito sotto diversi profili; in particolare, lamentava violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del nesso di causalità facendo rilevare, tra l’altro, che il mancato ancoraggio dipese non dall'insufficienza degli stopper, ma da un'imprudenza del lavoratore.

Inoltre, il ricorrente ha anche fatto presente che il mancato ancoraggio, unico antecedente causale rispetto all'infortunio, e il mancato controllo delle cinture di sicurezza, sono addebitabili unicamente al capo cantiere R., quindi, al preposto per la sicurezza, presente al momento dell'infortunio e “…..delegato a sovrintendere ai lavori e alla sicurezza, nonché al corretto utilizzo dei dispositivi di protezione”.

La S.C. di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato, sulla base di un lungo articolato ragionamento che non appare, tuttavia, esente da sbavature per quanto riguarda la figura del preposto e i suoi obblighi, frutto anche del richiamo alla giurisprudenza della stessa S.C. ma di molto anteriore al D.Lgs. 81/2008 che, com’è noto, all’art.19 ha ben delineato e circoscritto la sua posizione di garanzia.


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All'interno di questa collaborazione una serie di articoli sul tema del SICUREZZA SUL LAVORO E IN CANTIERE, con l'obiettivo di sciogliere alcuni dubbi più frequenti a cura di Mario Gallo.


 

Direttore tecnico di cantiere e datore di lavoro

Concentrando l’attenzione su alcuni dei passaggi più significativi un primo elemento che risalta da tale sentenza è che la S.C. di Cassazione non ha contestato l’efficacia della procura generale conferita all’imputato.

Infatti, mediante tale atto l’amministratore unico della M. S.r.L. aveva conferito al direttore tecnico di cantiere ampi poteri decisionali, autonomia di spesa anche in materia di prevenzione degli infortuni sul luogo di lavoro, e il ruolo di organizzazione, direzione e vigilanza sui lavori di cantiere, ruolo effettivamente svolto dall'imputato come rilevato dal primo giudice.

Pertanto, i Giudici hanno ritenuto tale procura come efficace ai fini dell’individuazione del datore di lavoro per la sicurezza, secondo la definizione che emerge dall’art. 2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 81/2008.

 

Difetto di vigilanza

Nella sua veste, quindi, di datore di lavoro l’imputato era tenuto ad assolvere ai numerosi obblighi posti a suo carico, tra cui quelli in primo luogo previsti dalla disciplina sui lavori in quota, cosa che, invece, non è avvenuta e che, per altro, come accennato già avevano indotto gli ispettori dell’ASL a disporre in precedenza la sospensione dei lavori.

E tra le omissioni ritenute più gravi spicca quella del difetto di vigilanza sul rispetto da parte dei lavoratori delle norme e delle disposizioni aziendali in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.

Sotto tale profilo appare significativo un passaggio della sentenza dove viene sottolineato che i colleghi dell’operaio deceduto hanno ammesso “…….il mancato utilizzo dei DPI prescritti e che l'azienda chiudeva un occhio e non faceva rapporto”.

E ancora: “il giorno dell'incidente M. lavorava sul tetto senza imbragatura allacciata, anche in presenza di R.; la procedura poco prima dell'incidente era cambiata e sarebbe stato necessario vigilare affinché fosse effettivamente rispettata”.

 

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Procedure di lavoro scorrette tollerate e inidoneità del preposto

Per i Giudici, quindi, è da ritenersi fuori di dubbio che venissero seguite in cantiere delle procedure di lavoro scorrette tollerate; per altro l’operaio deceduto “…..era arrivato sul cantiere appena due giorni sicché con ogni probabilità non era stato reso edotto delle specifiche disposizioni dettate..”.

Il preposto R. non esercitava, quindi, il doveroso controllo sull'osservanza da parte degli operai delle più importanti prescrizioni di sicurezza per il lavoro in quota, né con riguardo al costante corretto agganciamento alle linee vita, né al corretto posizionamento delle assi lignee traverse negli spazi del tetto.

Per altro nonostante “…….l'intervento dell'ASL, il 2 agosto, il cantiere presentava numerose criticità proprio nell'area di lavoro della vittima, e dunque il ricorrente, prima di andare in ferie, avrebbe dovuto impartire disposizioni precise e cogenti per adeguarsi alle indicazioni dell'ASL e per vigilare sulla effettiva applicazione dei dettami di sicurezza e, soprattutto, nominare un sostituto che controllasse vigilasse in sua assenza, così come avrebbe dovuto sostituire il preposto R. che aveva dato prova di sicura negligenza nell'esecuzione dei compiti a lui affidati come sovente”.

Insomma, di fronte all’inerzia del preposto il datore di lavoro avrebbe dovuto intervenire e sostituirlo non essendo lo stesso idoneo a ricoprire tale mansione; infatti, sottolinea ancora la S.C. Cassazione, costituisce consolidato orientamento che “il datore di lavoro… ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro”.

Pertanto, in tema di prevenzione infortuni sul lavoro il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli; ne consegue che “…..qualora nell'esercizio dell'attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche” (Cfr. Cass. pen., Sez. IV, sent. n. 26294 del 14 marzo 2018; conf. Sez. IV, sent. n. 10123 del 15 gennaio 2020).

Inoltre, osservano ancora i Giudici va anche richiamato il principio in base al quale “….non adempie agli obblighi derivanti dalle norme di sicurezza l'imprenditore che, dopo l'avvenuta scelta della persona preposta al cantiere o incaricata dell'uso degli strumenti di lavoro, non controlla o - se privo di cognizioni tecniche - non fa controllare la rispondenza dei mezzi usati o delle attrezzature ai dettami delle norme antinfortunistiche. In tal caso, infatti, la presenza e la eventuale colpa del preposto non eliminano la responsabilità dell'imprenditore potendosi ritenere che l'infortunio non sarebbe occorso se il datore di lavoro avesse controllato e fatto controllare le attrezzature, le macchine e predisposto i mezzi idonei a dotarle dei requisiti di sicurezza mancanti…..”.
 

La massima

Cassazione penale, Sez. IV, sent. 8 giugno 2021, n.22262
Infortunio sul lavoro – Lavori in quota – Direttore tecnico di cantiere – Procura generale – Responsabilità per mancata vigilanza sul preposto – Valutazione – Sussiste.

Il direttore tecnico di cantiere che, in forza di una procura generale dell’amministratore unico della società, ha ampi poteri decisionali, autonomia di spesa anche in materia di prevenzione degli infortuni sul luogo di lavoro e, quindi, i poteri di organizzazione, direzione e vigilanza sui lavori di cantiere assume la posizione di datore di lavoro per la sicurezza.

In tale veste è tenuto a vigilare sul preposto e a sostituirlo qualora lo stesso tolleri l’attuazione, da parte dei lavoratori, di procedure di lavoro scorrette. 


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Per approfondire:

Nella piattaforma Smart 24 HSE il dossier: "La gestione della sicurezza in cantiere tra nuovi protocolli e modifiche al D.Lgs. 81/2008. Analisi delle ultime novità normative, delle principali criticità e dell’impatto sulla sicurezza in cantiere".

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SICUREZZA SUL LAVORO E IN CANTIERE

Una serie di commenti a sentenze, sul tema della SICUREZZA SUL LAVORO E IN CANTIERE, con cui la Cassazione ha sciolto alcuni dubbi sulla responsabilità del preposto della sicurezza, del direttore tecnico di cantiere e del committente in caso di infortuni sul lavoro

A cura di Mario Gallo

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