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Stato legittimo dell'immobile: il Tar Salerno spiega la regola del primo Decreto Semplificazioni

Con l’innovazione introdotta dall'art. 10, comma 1, lett. d, n. 2, del DL 76/2020, il legislatore ha inteso semplicemente chiarire che lo «stato legittimo dell’immobile» è quello corrispondente ai contenuti del sottesi titoli abilitativi, relativi non solo alla sua originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative.

Recupero del sottotetto, abbassamento del solaio e apposizione pannelli

Abbiamo parlato di recente, anche in ottica Superbonus 110%, di stato legittimo dell'immobile.

Questo perché il DL Semplificazioni Bis (77/2021) ha aggiunto ulteriori novità in materia, dopo che già il 'primo' Decreto Semplificazioni (76/2020) era intervenuto, seppur per motivazioni e con accezioni diverse.

Qui però ci focalizziamo sulla recente sentenza 1358/2021 del 31 maggio scorso del Tar Salerno, che da un'interpretazione chiara su quello che intende, per stato 'legittimato', il primo Decreto Semplificazioni (76/2020).

Si discute, nello specifico, di un permesso di costruire - il cui riesame viene negato da un comune - col quale erano stati assentiti i seguenti lavori:

  • al secondo piano, la variazione di divisioni interne;
  • al terzo piano/sottotetto, il recupero abitativo del sottotetto della porzione di proprietà, mediante la realizzazione di 2 camere, di cui una dotata di due abbaini ed una con un lucernaio;
  • l'abbassamento del solaio tra i due livelli di m 0,55 (l'altezza netta del secondo piano passerebbe da ml 3,25 a ml 2,70); il sottotetto da recuperare avrà h min pari a m 2,20 e max pari a m 2,50, per un'altezza media di m 2,35;
  • la sostituzione copertura in MCA con pannelli isolanti in fibra di legno con manto di tegole in terracotta;
  • l'apposizione di pannelli solari e fotovoltaici con miglioramento energetico oltre al cappotto termico di 6 cm su tutte le pareti esterne.

In sede di rilascio del titolo edilizio, era stata impartita la seguente prescrizione: «A condizione che vengano rimossi gli infissi a chiusura del terrazzo coperto in primo piano i quali hanno determinato aumento di volume, non assentito da alcun titolo abilitativo, peraltro in violazione delle distanze tra fabbricati confinanti...».

In pratica, bisognava eseguire determinati accorgimenti per poter 'legittimare' il titolo e procedere con i lavori.

Ma secondo il comune la realizzata chiusura verandata:

  • a) non poteva considerarsi legittimata ai sensi dell’art. 9 bis comma 1 bis del dpr 380/2001, non essendo contemplata dai titoli abilitativi ex ante emessi in relazione all’immobile controverso;
  • b) aveva incidenza urbanistico-edilizia, dacché comportante la creazione di nuova volumetria residenziale;
  • c) non rientrava tra gli incrementi volumetrici assentibili in via derogatoria a norma dell’art. 2 bis comma 1 ter del dpr 380/2001, tale disposizione essendo riferita unicamente agli interventi di demolizione e ricostruzione, e non anche agli interventi di ristrutturazione edilizia, ‘leggera’ o ‘pesante’;
  • d) non era riconducibile alla sfera applicativa degli interventi pertinenziali in ampliamento o di nuova costruzione assentibili a norma degli artt. 10.3 e 11.3 del RUEC di Cava de’ Tirreni, tali disposizioni essendo riferite non già agli spazi residenziali – quale, appunto, quello con essa creato –, bensì agli spazi accessori e pertinenziali.

 

La legittimazione ex ante (prima)

Secondo la ricorrente, la chiusura del terrazzo dell’appartamento:

  • a) avrebbe rinvenuto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 9 bis, comma 1 bis, del dpr 380/2001, la propria fonte di legittimazione edilizia nei titoli abilitativi emessi ex ante, e, segnatamente, in un permesso di costruire del 2012 (con cui era stato, tra l’altro, assentito il frazionamento dell’immobile);
  • b) anche a prescindere dal vigente regime delle distanze legali tra edifici, sarebbe stata assentibile in virtù del disposto dell’art. 2 bis, comma 1 ter, del dpr 380/2001, il quale sarebbe applicabile non solo alla ristrutturazione edilizia ‘pesante’ mediante demo-ricostruzione, ma anche alla ristrutturazione edilizia ‘leggera’ divisata nella specie;

 

Il permesso di costruire del 2012 non può legittimare interventi successivi

Il Tar esamina il contenuto del titotolo abilitativo di cui si disquisisce.

La realizzazione di una veranda, in quanto struttura non precaria che genera incremento volumetrico e modifica della sagoma, richiede il rilascio del permesso di costruire.

Nella fattispecie, non risulta alcun permesso di costruire per la chiusura della terrazza e per la conseguente modifica della destinazione d’uso. Dalla documentazione si evince che i titoli rilasciati dall’amministrazione comunale non hanno in alcun modo assentito la chiusura della terrazza aperta (e la relativa destinazione ad uso abitativo), avendo un oggetto diverso (la DIA del 2010 la sistemazione pedonale del fabbricato, il permesso di costruire del 2012 il frazionamento dell’unità immobiliare e del sottotetto in due unità immobiliari, quello del 2014 la sanatoria del tetto di copertura), né potrebbe essere sufficiente, per validare la tesi del ricorrente, la mera presenza, negli allegati progettuali alla richiesta di permesso del 2012, dello stato attuale dei luoghi.

In definitiva, anche per il Tar, non si 'capisce' come nel PdC del 2012 (oltre che nella DIA del settembre 2010) possa ravvisarsi la fonte di legittimazione di un intervento (chiusura verandata del terrazzo) da esso mai assentito.

Stato legittimo dell'immobile: il Tar Salerno spiega la regola del primo Decreto Semplificazioni

Lo stato legittimo dell'immobile e le novità del primo DL Semplificazioni

Arriviamo al punto centrale della sentenza.

Il Tar cita infatti l'art. 9-bis, comma 1 bis, del dpr 380/2001, il quale recita: «Lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia».

Ma questa disposizione non può interpretarsi se non nel senso che lo stato legittimo dell’immobile è quello riveniente dal «titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa», nonché, se a questo siano susseguiti ulteriori titoli abilitativi, dal titolo «che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali».

Insomma: l'art. 10 comma 1 lett. d) n.2 del DL 76/2020 ha semplicemente chiarito che lo stato legittimo corrisponde ai contenuti del sottesi titoli abilitativi, relativi non solo alla sua originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative.

Tutto qui, precisa il Tar. Non è corretta quindi l'interpretazione data dal ricorrente alla norma di cui sopra, con portata totalmente abilitante al titolo «che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare», a prescindere dal relativo oggetto, allorquando dalla legittimazione edilizia (giusta PdC prot. n. 2774/2012) del frazionamento dell’unità abitativa viene inferita anche la legittimazione edilizia della controversa chiusura verandata del terrazzo (non contemplata dal PdC prot. n. 2774/2012).

 

Ristrutturazione leggera e pesante

In ultimo, chiamando in causa l'art.2 comma 1-ter del dpr 380/2001, il Tar evidenzia che tale norma è da intendersi di stretta interpretazione, così da escludere margini per applicazioni analogiche, quale quella propugnata dal ricorrente, che arriva ad assimilare la ristrutturazione non solo ‘pesante’, ma anche ‘leggera’ alla demo-ricostruzione.

Posto che menziona i soli interventi di demolizione e ricostruzione, essa non può considerarsi estensibile ad altre tipologie edilizie.

 

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