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CNI: spetta esclusivamente allo Stato la regolamentazione delle professioni

Pubblichiamo una lettera del CNI con la quale si richiede l’autorevole intervento del Ministero dello Sviluppo Economico per garantire il corretto funzionamento del sistema delle professioni regolamentate e l’osservanza, da parte delle Regioni, dei principi costituzionali in materia, a partire da quello dell’unità dell’ordinamento statale. La tematica che viene in rilievo è quella della certificazione di sostenibilità ambientale e della certificazione energetica.


Alla base della presente richiesta di urgente intervento vi è la circostanza che sempre più di frequente, nella prassi, organismi regionali e addirittura normative regionali si fanno carico di promuovere, istituire e prevedere ALBI OD ELENCHI SPECIALI per l’esercizio di attività professionali, richiedenti la necessaria iscrizione dei tecnici facenti parte delle professioni regolamentate, pena l’impossibilità di esercitare la professione in un dato ambito territoriale.

E questo nonostante da tempo la Corte Costituzionale abbia chiarito che quella della istituzione di nuove figure professionali, con conseguente creazione di albi od elenchi obbligatori, è materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato centrale. Infatti “la vigente normazione riguardante gli Ordini e Collegi risponde all’esigenza di tutelareun rilevante interesse pubblico la cui unitaria salvaguardia richiede che sia lo Stato a prevedere specifici requisiti di accesso e ad istituire appositi enti pubblici ad appartenenza necessaria, cui affidare il compito di curare la tenuta degli albi, nonché di controllare il possesso e la permanenza dei requisiti in capo a coloro che sono già iscritti o che aspirino ad iscriversi. Ciò è, infatti, finalizzato a garantire il corretto esercizio della professione, a tutela dell’affidamento della collettività” (Corte Costituzionale, 3 novembre 2005 n.405).
Dalla dimensione nazionale – e non locale– dell’interesse tutelato e dalla sua infrazionabilità deriva quindi che le Regioni possano intervenire in tema di professioni solamente nei limiti dei principi fondamentali in materia e della competenza statale all’individuazione delle nuove professioni (sentenza n.355 del 2005, n.319 del 2005 e n.353 del 2003 della Consulta).
Anche se la materia “professioni” appartiene alla competenza concorrentedi Stato e Regioni, exart.117, terzo comma, Cost., spetta infatti unicamente allo Stato definirne la disciplina di principio e le norme fondamentali di funzionamento.
Così ha ripetutamente affermato la Corte Costituzionale, secondo la quale “Va riaffermato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle 'professioni' deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e i titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale (sentenze n. 40 del 2006, n. 424 e n. 319 del 2005 e n. 353 del 2003)” : Corte Costituzionale, 14 aprile 2006 n.153.
Inoltre anche il recente DPR 7 agosto 2012 n.137 (“Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali”), all’articolo 2, comma 2, secondo periodo, dispone esplicitamente che : “La formazione di albi speciali, legittimanti specifici esercizi dell'attività professionale, fondati su specializzazioni ovvero titoli o esami ulteriori, è ammessa solo su previsione espressa di legge”.

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Continuano invece a verificarsi casi in cui le Regioni assumono in prima persona l’istituzione di albi od elenchi regionali ad appartenenza necessaria per l’esercizio di una data attività professionale, oppure introducono normative che impongono la frequenza ed il superamento di appositi corsi, “abilitanti” per svolgere quella determinata attività professionale, anche in capo a coloro che sono già abilitati in forza della legislazione statale e in ragione dell’iscrizione al proprio albo professionale (come tipicamente avviene per gli Ingegneri).
Ad esempio, nel caso della certificazione energetica, come già segnalato in una precedente nota indirizzata al Ministero dello Sviluppo Economico, è evidente – alla luce della normativa sulla professione di Ingegnere (artt.51 e ss. RD 23/10/1925 n.2537 ; art.46 DPR 5 giugno
2001 n.328) - che il professionista iscritto all’albo degli Ingegneri è abilitato (con l’iscrizione a tutti e 3 i settori della sezione A dell’albo) a svolgere tutte le attività proprie della professione di Ingegnere, senza necessità di frequentare e superare ulteriori corsi od esami.

Questo perché sono appannaggio della professione di Ingegnere, iscritto ai tre settori della sezione A dell’albo, “il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo” (art.51 RD n. 2537/1925), oltre alla “pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione, di opere geotecniche, di sistemi e impianti civili e per l'ambiente e il territorio(art.46, comma 1, lett. a), DPR 328/2001) e alla “pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di macchine, impianti industriali, di impianti per la produzione, trasformazione e la distribuzione dell'energia, di sistemi e processi industriali e tecnologici, di apparati e di strumentazioni per ladiagnostica e per la terapia medico-chirurgica” (art.46, comma 1, lett. b), DPR 328/2001).

Alla luce dell’estensione e dell’ampiezza di tali previsioni normative, è di palese evidenza che (perlomeno) il laureato vecchio ordinamento, abilitato ed iscritto ai tre settori dell’albo degli Ingegneri, possiede già tutte le competenze necessarie per redigere la certificazione energetica degli edifici, senza l’onere di dover sostenere alcun corso/ esame aggiuntivo.

Bisogna inoltre rammentare che la giurisprudenza – non si sa quanto conosciuta da alcune Regioni - ha definitivamente stabilito che “da tale disciplinasi desume che il professionista libero od associato, iscritto al relativo Ordine (nel caso di specie l’Ingegnere), per il semplice fatto di essere iscritto può e deve essere considerato, in base alla legislazione statale vigente, tecnico abilitato ai fini dell’attività di certificazione energetica, e quindi riconosciuto come soggetto certificatore”, mentre corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici con superamento di un apposito esame finale sono appannaggio e onere soltanto per gli “altri soggetti”, non iscritti ad alcun Ordine o Collegio (sentenza Tar Puglia, Bari, 11/06/2010 n.2426).
E le medesime considerazioni valgono e devono logicamente essere utilizzate per il Certificato di sostenibilità ambientale degliedifici (v., ad es., la deliberazione n.2751 del 14/12/2012 della Giunta Regionale della Regione Puglia, istitutiva del Sistema di Accreditamento dei soggetti abilitati al rilascio dei certificati di sostenibilità ambientale degli edifici).

In talune delibere di Giunta Regionale troviamo infatti la regolamentazione di procedure “di accreditamento” dei soggetti abilitati, “soggetti accreditabili come certificatori della sostenibilità degli edifici”, commissioni di valutazione dei curricula professionali, corsi di formazione con esame finale obbligatorio, corsi di aggiornamento e addirittura l’istituzione di una tassa da versare alla Regione per l’esercizio dell’attività (pudicamente denominata “versamento legato al rilascio del singolo certificato di sostenibilità degli edifici, quale quota da utilizzarsi per sostenere” interventi per l’abitare sostenibile)

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Ad avviso del Consiglio Nazionale questo atteggiamento delle Regioni appare irrispettoso del riparto di competenze legislativa tra Stato e Regioni previsto dalla Costituzione e delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza costituzionale. La legislazione regionale, così facendo, finisce infatti per introdurre vincoli, barriere e laccioli all’esercizio di attività economiche e professionali, in violazione dei principi comunitari e costituzionali in materia di “professioni” e delle esigenze di disciplina unitaria del sistema delle professioni regolamentate.
Tali elenchi, allora, determinano una lesione dei principi di libera concorrenza e libero mercato, perché introducono barriere non giustificate all’esercizio della professione, dato che tecnici iscritti nell’elenco di una Regione non possono svolgere attività di certificazione, a parità di competenze, in altra Regione del territorio nazionale.
Sembra necessario ed imprescindibile, perciò, a fini di coordinamento e tutela dell’unità dell’ordinamento, che il Governo – per il tramite del Ministero competente, destinatario della presente – si attivi in tutte le sedi opportune per, da un lato, scongiurare e frenare i tentativi delle Giunte Regionali di appropriarsi di spazi e ambiti di materie di spettanza statale e, dall’altro, impugnare di fronte alla Consulta gli atti normativi regionali adottati in violazione dei principi dell’ordinamento e della competenza legislativa concorrente in tema di “professioni”.


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