Il Tar Lazio chiarisce la legittimità di un ordine di demolizione emesso a seguito di illecito permanente ed emesso prima della domanda di sanatoria edilizia.
L’istanza di sanatoria ordinaria - a differenza della sanatoria straordinaria - incide solo e peraltro solo temporaneamente sull’efficacia dell'ordinanza di demolizione, determinandone uno stato di temporaneo "stop", che termina alla scadenza del periodo di sospensione, determinandone la ripresa dell’efficacia, senza necessità di adozione di ulteriori provvedimenti.
Lo ha precisato, assieme da altri chiarimenti sull'accertamento di conformità e l'illecito permanente, il Tar Lazio nella sentenza 8516/2021 dello scorso 17 luglio.
La proprietaria di un terreno, sito in una località che nel nuovo piano regolatore del comune - adottato in data 28.06.07 - rientra in zona edificabile, essendo incluso in un ambito urbano da recuperare, ha costruito su questo fondo, senza permesso di costruire, un fabbricato per soddisfare le esigenze abitative della propria famiglia.
Il comune, nel novembre del 2009, ha quindi inigunto la demolizione.
La ricorrente, che ha impugnato l'ordinanza di demolizione, sostiene che:
Il Tar mette subito in chiaro la questione, sottolineando che l'ordinanza di demolizione è stata adottata, in primis, poiché le opere di cui si intima la rimozione costituiscono illecito edilizio, in quanto realizzate senza munirsi del previo titolo abilitativo, in violazione delle prescrizioni urbanistiche sull’area dell’intervento, che ricadeva in zona agricola – in cui la L.R. 38/1999 consente esclusivamente la realizzazione di opere per l'esercizio di dette attività rurali da imprenditori agricoli e coltivatori diretti – e soprattutto senza munirsi della prescritta autorizzazione paesaggistica, trattandosi di area vincolata ai sensi del d.lgs. 42/2004.
L'ordinanza di demolizione comunale, quindi, era un atto dovuto del comune, vincolato ad adottare una volta accertata l’esecuzione delle opere abusive in contestazione non solo ai sensi dell’art. 31 del dpr 380/2001 e dell’art. 15 della L.R. 15/2008, che obbliga l’Ente Locale ad ingiungere la rimozione degli interventi effettuati in assenza di permesso di costruire (oppure in difformità totale o con variazione essenziale), ma anche e soprattutto ai sensi dell’art. 27 del dpr 380/2001, trattandosi di opere effettuate in area vincolata. Quest’ultima disposizione, infatti, volta a realizzare una “tutela avanzata” di tali siti, impone al Comune di procedere all’immediata demolizione d’ufficio di opere abusive realizzate in aree vincolate.
Per completezza, il Tar aggiunge che l'atto risulterebbe comunque altrettanto validamente motivato già solo con riferimento alla mancata acquisizione del previo nulla osta antisismico, dato che la giurisprudenza in materia esclude che tale titolo possa essere validamente acquisito in via postuma, a sanatoria dell’abuso.
Sul finale di pronuncia si torna poi all’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato dopo l’Adunanza Plenaria n. 9/2017:
Ma la parte più rilevante della sentenza è senza dubbio l'ultima, riguardante la presunta illegittimità dell'ordine di demolizione adottato in pendenza del termine per la presentazione della domanda di sanatoria, presentata in data 03.12.09, proprio in considerazione della riclassificazione operata dal nuovo P.R.G. adottato il 28.06.07.
Il Tar evidenzia che l'ordinanza di demolizione è stata adottata in data 2.11.2009, mentre la domanda di sanatoria è stata presentata successivamente in data 03.12.09, quindi, trattandosi di sopravvenienza, non inficia la legittimità dell’atto impugnato, la cui validità va valutata alla stregua delle circostanze di fatto e di diritto al momento della sua adozione.
L’istanza di sanatoria “a regime” in parola – a differenza della sanatoria straordinaria (sicché risulta inconferente la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente con riferimento a quest’ultima) incide solo – e peraltro solo temporaneamente - sull’efficacia della misura ripristinatoria, determinandone uno stato di temporanea quiescenza, che termina naturalmente alla scadenza del periodo di sospensione, determinandone la ripresa dell’efficacia, senza necessità di adozione di ulteriori provvedimenti.
C'è differenza tra l'istituto dell'accertamento di conformità e la sanatoria prevista dalla legislazione condonistica "straordinaria": né l'art. 36 del DPR 380/2001, né altra norma di legge, consentono di ritenere irrilevante o definitivamente inefficaci l'ordinanza di demolizione o altri atti sanzionatori relativi all'intervento abusivo di cui si chiede la regolarizzazione mediante la presentazione dell'istanza per l'accertamento di conformità urbanistico-edilizia, a differenza delle norme sul condono ex legge 47/1985, che "hanno natura eccezionale e non sono suscettibili d'applicazione analogica"; sicché, in caso di rigetto della domanda di sanatoria, il Comune non è tenuto ad adottare un nuovo provvedimento di demolizione delle opere abusive - riprendendo semplicemente efficacia l'ordinanza di demolizione temporaneamente sospesa (vedi, da ultimo, Cons. St., VI, n. 2990/2020; n. 6233/2018; 341/2018; n. 1565/2017; n. 5653/2017; n. 466/2015; n. 72307/2014; n. 1909/2013).
Pertanto la presentazione della domanda di accertamento di conformità (cd. sanatoria ordinaria o sanatoria "a regime") comporta unicamente che l'esecuzione della sanzione è da considerarsi solo temporaneamente sospesa, entrando l'ordinanza di demolizione in uno stato di quiescenza, rimanendo inefficace durante la pendenza del procedimento di esame della predetta istanza e riacquistando efficacia a seguito del rigetto della stessa (a seguito di diniego espresso o di silenzio rigetto), momento da cui però inizia a decorrere un nuovo termine di 90 gg. per ottemperare all'ordine di rimessione in pristino.
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