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Attacco a terra: soluzioni per risolvere problematiche comuni

L’attacco a terra rappresenta uno dei punti deboli di un edificio. In questo articolo le metodologie costruttive applicate nel progetto Dhomo.

L’attacco a terra rappresenta uno dei punti deboli di un edificio, in quanto può formare un ponte termico causa di dispersioni e di conseguenti maggiori consumi o temperature ridotte a livello superficiale o interstiziale, che possono portare a fenomeni di condensa in caso di alti livelli d’umidità.

Inoltre, la vicinanza col terreno fa sì che questa porzione di edificio possa essere soggetta ad umidità da risalita e ad altri fenomeni aggressivi che minano la durabilità dei materiali messi in opera.


 

Le metodologie costruttive del Progetto Dhomo 

Ai fini del progetto di ricerca in corso, sono stati realizzati quattro edifici, che si distinguono tra loro per tre caratteristiche essenziali, ovvero struttura, finiture interne e impianti. Queste differenziazioni, impostate su quattro edifici con la medesima pianta e con lo stesso orientamento, sono state pensate per andare a comparare al meglio le diverse abitazioni, con la modifica di un solo parametro alla volta.

Due degli edifici realizzati (l'edificio A e l'edificio C) presentano una struttura portante in legno, mentre gli altri due (B e D) sono realizzati in calcestruzzo e muratura.

Come si può intuire, in edifici così energeticamente performanti, ogni dettaglio può fare la differenza: il massiccio cappotto esterno mitiga fortemente le dispersioni, ma questa azione perde di significato se alcuni nodi o interfacce tra gli elementi non sono risolti correttamente.

Di seguito si illustrano le due diverse metodologie costruttive utilizzate come soluzioni di attacco a terra nell’ambito del progetto Dhomo.

 

L’attacco a terra negli edifici in calcestruzzo armato con tamponamenti in laterizio

Gli edifici in telaio di calcestruzzo armato e tamponamenti in laterizio (B e D) presentano un’ottima trasmittanza orizzontale e scarsi problemi di durabilità; tuttavia, i blocchi Wienerberger Porotherm BioInc utilizzati sono forati, e pertanto – se non adeguatamente studiati nel loro attacco a terra – perdono parte del loro potere isolante, a causa del raffreddamento dell’aria interna dovuto a una dispersione in direzione verticale.

Per non disperdere energia termica lungo l’interfaccia parete-solaio è stato quindi posto un primo corso di blocchi in calcestruzzo cellulare Siporex, materiale dal discreto valore di isolamento termico e soprattutto compatto, omogeneo e isotropo, che a tutti gli effetti realizza un efficace taglio termico, risolvendo il dettaglio costruttivo.

 

L’attacco a terra negli edifici in calcestruzzo armato con tamponamenti in laterizio

Altra accortezza costruttiva applicata è rappresentata dall’utilizzo della malta d’allettamento termica PURO Brenta che, seppur di minima influenza, aiuta a ridurre il ponte termico tra blocchi. Considerata la resa a metro quadro, questo accorgimento permette di ottenere, a parità di costo, una miglior prestazione energetica finale del fabbricato.

 

L’attacco a terra negli edifici in calcestruzzo armato con tamponamenti in laterizio

 

L’attacco a terra negli edifici in legno

Più particolare è la soluzione adottata per gli edifici in legno (A e C), dove il materiale in sé non presenta particolari problemi di trasmittanza termica, ma bensì dev’essere distanziato da terra per garantirne la durabilità nei confronti di possibili infiltrazioni di umidità da risalita.

Il dettaglio costruttivo studiato consiste nel poggiare la struttura delle pareti intelaiate in legno su un cordolo in calcestruzzo, per allontanarla dal terreno. Avendo il calcestruzzo una trasmittanza termica più elevata del legno si è andati a mitigare il ponte termico così formato realizzando non un cordolo in tutta altezza quanto invece un cordolo sostenuto da “pilastrini” in calcestruzzo armato alternati a XPS Styrodur, un isolante molto performante e resistente ad azioni meccaniche ed all’umidità.

 

L’attacco a terra negli edifici in legno

In questo modo, sempre considerando lo spessore del cappotto esterno, si è riusciti a ottenere un sufficiente distacco da terra delle strutture lignee, a fronte di dispersioni energetiche dovute al ponte termico di circa 2 kWh/mq*anno, e dunque ampiamente accettabili.

Una volta accertata l’influenza minima della dispersione, sono state verificate le temperature minime raggiunte sulle interfacce tra materiali tramite il software Moldsimulator, per garantire che non sussistano problemi di condensa interstiziale o superficiale.

L’interfaccia tra calcestruzzo e legno, infine, è stata nastrata internamente ed esternamente, in modo da assicurare la tenuta all’aria della struttura.

 

L’attacco a terra negli edifici in legno


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