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Distanze tra edifici, modifiche in altezze, sopraelevazioni: il rispetto dei 10 metri è tassativo

Consiglio di Stato: l'ampliamento in sopraelevazione contemplato da una legge regionale integra una nuova costruzione ai fini del rispetto della distanza tra pareti finestrate sancito dal DM 1444/1968

La distanza di 10 metri deve essere rispettata non solo in caso di realizzazione ex novo di un fabbricato, ma anche per qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l'aumento della sagoma d'ingombro.


Abbiamo trattato, di recente, diverse sentenze inerenti le distanze tra edifici e le altezze degli stessi, soprattutto quando si tratta di soprelevazioni.

Ora ci imbattiamo in una nuova pronuncia ancor più 'rilevante', visto che va a toccare i sempre controversi rapporti tra la normativa nazionale (cioè il DM 1444/1968 e suoi derivati) e i regolamenti locali, figli di deroghe regionali non sempre costituzionalmente orientate, oltre a riepilogare tutte le ultime indicazioni che la giurisprudenza (sia penale che amministrativa) ha fornito in materia.

 

Il problema della sopraelevazione

Tutto nasce da una sentenza del Tar Molise, che aveva respinto il ricorso di un privato col quale un comune comunicava che un ampliamento di fabbricato per civile abitazione in piazza (tra due edifici frontistanti) rientrava tra quelli assentiti dalla normativa regionale in materia di urbanistica e governo del territorio.

L'appellante, nello specifico, deduce che la sentenza impugnata avrebbe dovuto considerare come inderogabile la disciplina in materia di distanze di cui all'art. 9 del D.M. n. 1444/1968, e ciò indipendentemente dalle norme sul c.d. "Piano casa".

L'opera realizzata e descritta nella relazione tecnica-illustrativa di asseverazione del progettista dimostrava, infatti, che non si trattava di un semplice ampliamento, ma di una demolizione e ricostruzione "ex novo" di una costruzione a tre piani, con sagoma di ingombro del nuovo edificio diversa da quella preesistente, attraverso la creazione di nuove finestre e balconi, ed aumento di volumetria, oltre ad un rilevante innalzamento di altezza della struttura, portandola a tre piani.

 

Lo Stato prevale sulle Regioni

Con i due motivi di appello, riassume Palazzo Spada, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, in applicazione dell’art. 2, comma 5, della L.R. n. 30/2009 (c.d. Piano Casa), che l’intervento assentito con DIA potesse essere realizzato in deroga alla distanza di 10 metri prevista dal D.M. 1444/1968, non essendo qualificabile come nuova costruzione. Per contro, la normativa nazionale sulle distanze non è suscettibile di deroga da parte del legislatore regionale, rientrando nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all’art 117 comma 2 lett. l) Cost.

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso, partendo dal presupposto che, come assentito dai progettisti e come si può desumere dalle 'prove' documentali, l’intervento si è sostanziato nell’ampliamento, con sopraelevazione, del fabbricato.

Sul piano giuridico, il TAR ha affermato la conformità dell’intervento al c.d. Piano Casa (art. 2, comma 5, L.R. 30/2009), sul rilievo che l’ampliamento in sopraelevazione degli edifici esistenti non configura una nuova costruzione ai fini del calcolo delle distanze degli edifici, con conseguente deroga al limite minimo fissato dall’art 9 d.m. 1444/1968.

Ma l'interpretazione della legge regionale posta alla base della sentenza impugnata non può essere condivisa poiché in contrasto con l’obbligo di interpretazione costituzionalmente conforme, come emerge dall’evoluzione normativa e giurisprudenziale successiva, che è necessario richiamare, sia pure in via di sintesi.

Distanze tra edifici, modifiche in altezze, sopraelevazioni: il rispetto dei 10 metri è tassativo

La sopraelevazione e le deroghe alle distanze: l'art.9 del DM 1444 è intoccabile

Il Consiglio di Stato effettua una ricognizione 'storica' della prima versione della legge molisana, che era stata soppressa e sostituita così: “Gli ampliamenti in sopraelevazione degli edifici esistenti non configurano la fattispecie di nuova costruzione al fine del calcolo delle distanze tra edifici, ivi comprese quelle previste dall'articolo 9 del D.M. n. 1444/1968, ovvero dell'osservanza delle fasce di rispetto, fermi restando i limiti stabiliti dalla normativa nazionale”.

Questa versione era stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Consulta per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost., nella parte in cui ha espressamente introdotto, per gli ampliamenti in sopraelevazione degli edifici esistenti, la possibilità di derogare alle distanze fissate dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968. La disciplina delle distanze minime tra costruzioni, infatti, rientra nella materia dell'ordinamento civile e, quindi, attiene alla competenza legislativa statale.

Arrivando al nocciolo della questione, le deroghe alle distanze previste dall’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 sono consentite solo a condizione che siano inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio, come confermato dall’introduzione, ad opera dall'art. 30, comma 1, 0a), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 conv. nella l. 98/2013, dell'art. 2-bis d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 che consente alle regioni di introdurre con proprie leggi disposizioni derogatorie al D.M. 1444/1968 nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.

In definitiva, il legislatore molisano è tornato all’originaria formulazione della disposizione in esame, prevedendo “Gli ampliamenti in sopraelevazione degli edifici esistenti non configurano la fattispecie di nuova costruzione al fine del calcolo delle distanze tra edifici, ovvero dell'osservanza delle fasce di rispetto, fermi restando i limiti stabiliti dalla normativa nazionale.

Conseguentemente, l’ampliamento in sopraelevazione contemplato dall’art 3, comma 5, L.R. 30/2009 integra una nuova costruzione ai fini del rispetto della distanza tra pareti finestrate sancito dal DM 1444/1968.

 

Le distanze sono 'sacre'? Riepilogo delle regole

Palazzo Spada conclude la sua analisi osservando che:

  • la distanza di 10 metri deve essere rispettata non solo in caso di realizzazione ex novo di un fabbricato, ma anche per qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l'aumento della sagoma d'ingombro, direttamente incidendo sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti, e ciò anche indipendentemente dalla realizzazione o meno di una maggiore volumetria e/o dall'utilizzabilità della stessa a fini abitativi;
  • dall’inderogabilità della disciplina, discende, pertanto, l’irrilevanza di qualunque considerazione afferente alla diversa proprietà dei fabbricati (nel caso di specie il primo piano appartiene solo per un quarto all’appellante e per i rimanenti tre quarti alla controinteressata) o ai requisiti di agibilità/abitabilità dei stessi;
  • la giurisprudenza ha costantemente affermato l’applicabilità del citato DM anche in relazione alle modifiche in altezza, in quanto anche la sopraelevazione deve essere considerata come nuova costruzione e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante;
  • sul punto, il CDS ha anche di recente statuito che “laddove vi sia una modifica anche solo dell’altezza dell’edificio (come nel caso di specie) sono ravvisabili gli estremi della nuova costruzione, da considerare tale anche ai fini del computo delle distanze, rispetto agli edifici contigui” e che “la regola delle distanze legali tra costruzioni di cui al comma 2 dell'art. 9 cit. è applicabile anche alle sopraelevazioni”, dovendo essere rispettata anche in caso di recupero dei sottotetti (cfr. Cons. Stato, Sez II, 19/10/2021 n. 7029; nello stesso senso, ex multis, Cons. Stato Sez. II, 25/10/2019, n. 7289; 18/05/2021, n. 3883);
  • la disposizione, inoltre, è applicabile anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell'edificio preesistente, o che si trovi alla medesima altezza o ad altezza diversa rispetto all'altro (Cass., Sez. II, 1 ottobre 2019, n. 24471), senza alcuna deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella dalle finestre antistanti (Cons. Stato, Sez. IV, 30 ottobre 2017, n. 4992). Conseguentemente, la disposizione va applicata indipendentemente dall'altezza degli edifici antistanti e dall'andamento parallelo delle loro pareti, purché sussista almeno un segmento di esse tale che l'avanzamento di una o di entrambe le facciate porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento (Cons. Stato Sez. V, 11/09/2019, n. 6136).

Proiettando tutto questo sul caso di specie, ne deriva la contrarietà dell’intervento assentito con DIA all’art 9 D.M. 1444/1968, essendo incontestato che la distanza tra la parete finestrata dell’appellante e quella oggetto dell’ampliamento in sopraelevazione è inferiore a 10 metri.

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