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Distanze legali e distanze tra edifici: occhio alle differenze! Nessuna deroga al limite dei 10 metri

Tar Abruzzo: le norme sulle distanze tra le costruzioni o tra queste ed i terreni confinanti non possono essere derogate e la loro violazione comporta la facoltà del vicino di chiedere la riduzione in pristino

Si torna ancora una volta sulle distanze tra edifici/costruzioni, assieme al Tar Abruzzo che, nella sentenza 543/2021 del 6 dicembre scorso, affronta il caso del posizionamento di un box coibentato (di dimensioni in pianta di circa 2,40x6,00 metri) a ridosso di un muro di confine.

Il ricorrente impugna quindi il permesso di costruire in sanatoria concesso dal comune per il box, lamentando che esso sia stato realizzato a ridosso del muro di confine con la sua proprietà e, quindi, senza il rispetto delle distanze legali.

 

Il frazionamento delle particelle catastali

Il Comune resistente ed il controinteressato deducono, a sostegno della legittimità del provvedimento in sanatoria oggetto di gravame, che le particelle originariamente formavano insieme un’unica più ampia particella, che venne poi frazionata dagli allora proprietari.

Le particelle di cui innanzi vennero quindi vendute con due distinti atti: in entrambi contratti di compravendita venne costituita una servitù reciproca a costruire a confine in favore dell’altro lotto, derogandosi cosi convenzionalmente alle distanze previste per le costruzioni dal confine di proprietà.

Detta servitù a costruire a confine è stata debitamente trascritta e, dunque, è opponibile erga omnes. Di talché la realizzazione del manufatto sul confine di proprietà oggetto di sanatoria dovrebbe ritenersi consentita e, quindi, legittima ai sensi della surrichiamata lett. n) dell’art. 3 delle NTA del PRG sussistendo un “accordo tra i proprietari confinanti, a mezzo di atto trascrivibile”.

 

Distanze tra edifici: no alle convenzioni tra privati

Il Tar è di diverso avviso, in quanto secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, le convenzioni tra privati che mirano ad introdurre deroghe alle disposizioni regolamentari (urbanistiche) in materia di distanze sono invalide; e ciò in quanto le norme contenute nei regolamenti comunali che prevedono distanze delle costruzioni dal confine rivestono carattere assoluto ed inderogabile, atteso che non mirano soltanto ad evitare intercapedini dannose o pericolose, ma anche a tutelare l'assetto urbanistico di una determinata zona e la densità degli edifici (ex plurimis, T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent., (ud. 26/03/2015) 09-04-2015, n. 1050; T.A.R. Sicilia sez. II Palermo, 23/10/2014 n.2540).

Le norme sui distacchi minimi fra edifici, in particolare, hanno natura ambivalente, essendo preordinate sia alla tutela di interessi dei proprietari finitimi (compendiabili nella nozione di "maggiore fruibilità dell'immobile") sia alla tutela dell'interesse pubblico ad un corretto e "sano" sviluppo urbanistico della città, per cui il Comune, in sede di rilascio del permesso di costruire, è tenuto a verificare il rispetto delle norme sulle distanze minime fra edifici (T.A.R. Campania sez. II Napoli, 1/4/2011 n.1899).

Distanze legali e distanze tra edifici: occhio alle differenze! Nessuno deroga al limite dei 10 metri

Clausole derogatorie, distanze legali e distanze tra costruzioni: occhio alle differenze

Le eventuali clausole di carattere derogatorio delle distanze legali incidono soltanto con riferimento al rispetto delle norme sulle distanze tra le costruzioni o tra queste ed i terreni confinanti, contenute nel Codice Civile (come quelle contenute per es. nell'art. 873 e 905 C.C.), poiché tali norme sono derogabili per usucapione o mediante convenzione, la quale in tali casi costituisce un vero e proprio diritto di servitù, in quanto arreca una menomazione per l'immobile che avrebbe diritto alla distanza legale, in quanto la predetta normativa del Codice Civile ha lo scopo di tutelare i reciproci diritti soggettivi dei singoli proprietari e/o i rapporti intersoggettivi di vicinato (T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, (ud. 05/07/2007) 04-09-2007, n. 515).

Invece le norme sulle distanze tra le costruzioni o tra queste ed i terreni confinanti, contenute negli strumenti urbanistici e/o nei Regolamenti Edilizi comunali, poiché trascendono l'interesse meramente privatistico, in quanto hanno la funzione di tutelare l'interesse pubblico alla realizzazione di un determinato assetto urbanistico prefigurato, non possono essere derogate (le apposite convenzioni sono invalide anche nei rapporti interni tra i proprietari confinanti) e la loro violazione comporta la facoltà del vicino di chiedere la riduzione in pristino (ibidem, T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, (ud. 05/07/2007) 04-09-2007, n. 515).

 

I 10 metri sono "inderogabili"

In definitiva, se è pur vero, da un lato, che la lett. n) dell’art. 3 delle NTA del PRG consente di costruire sul confine di proprietà quando vi è, come nella fattispecie, un accordo tra i proprietari confinanti a mezzo di atto trascrivibile, è altrettanto indubitabile, dall’altro, che il medesimo articolo subordina tale effetto ad una espressa previsione delle norme del Piano Regolatore e, comunque, al “rispetto delle distanze tra pareti finestrate”.

La distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti trova la sua disciplina nella precedente lett. m) ove viene stabilita inderogabilmente nella misura minima assoluta di 10 metri, come desumibile chiaramente, sotto il profilo del drafting normativo, dall’uso della locuzione avverbiale “in tutti i casi”.

Qui, però, la costruzione per la quale il controinteressato ha richiesto ed ottenuto il permesso a costruire in sanatoria è stata posta ad una distanza di 5 metri dalla costruzione realizzata dal ricorrente, decisamente inferiore rispetto a quella indicata dalla sopra richiamata lett. m) che non può costituire oggetto di deroga pattizia ai sensi della lett. n).

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