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Prospettive future delle concessioni demaniali marittime: il punto del Consiglio di Stato

Tema attualissimo e scottante quello delle concessioni demaniali su cui l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato pone una scadenza prossima e improrogabile al 31.12.2023 (cioè dopodomani).

In questo articolo l’Autrice fa una disamina di sintesi delle conseguenze che ne deriveranno: cosa succederà e cosa dovrebbe/potrebbe succedere. Il punto di ri-partenza dunque.

Sul primo aspetto le decisioni dei Giudici operano automaticamente, e quindi le certezze ci sono, ma non risolvono il problema; sul secondo ci sono più dubbi che certezze perché il futuro comporterà l’assunzione di decisioni di amministrazione attiva (e non solo conservativa/dilatoria) che costituisce la parte più difficile e che comporterà necessariamente scelte discrezionali da assumere però entro i limiti dei principi comunitari che il Consiglio di Stato ha ribadito

Presentazione di Ermete Dalprato


Con le sentenze nn. 17 e 18 del 2021 l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha fissato alcuni punti fondamentali delle vicende giuridiche che nel corso dell’ultimo decennio hanno interessato il tema dei rinnovi delle concessioni demaniali marittime.

Ma quali sono gli esiti che ci si può attendere per il prossimo futuro nel caso in cui manchi un intervento legislativo che disciplini la materia?

Tenteremo di declinare il percorso che può essere stilato rebus sic statibus ovvero alla luce della normativa attualmente vigente.

Prospettive future delle concessioni demaniali marittime: il punto del Consiglio di Stato

I principi di diritto enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato

L’Adunanza plenaria enuncia tre principi di diritto che possono essere come di seguito sintetizzati:

  1. Contrasto delle proroghe automatiche delle concessioni con il diritto eurocomunitario - “Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, d.l. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 – sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione”.
  2. Gli atti assunti in forza della normativa nazionale relativa alla proroga automatica sono tamquam non esset e vengono meno senza necessità di essere annullati:  “Ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) (...) Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge,(...) (...)La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset”.
  3. Modulazione degli effetti temporali della decisione al 31 dicembre 2023: “Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedura di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023”.

 

Dopo il 31 dicembre 2023 cosa succederà?

Cosa succederà al 31 dicembre 2023 è piuttosto chiaro se ci limitiamo alle conseguenze limitate alla cessazione del rapporto concessorio.

Nel corso del tempo il legislatore nazionale è più volte intervenuto prorogando la durata delle concessioni in essere (la prima proroga, fino al 31 dicembre 2015, fu disposta dall’art. 1, comma 18, d.l. n. 194 del 2009, convertito con modificazione in legge 26 febbraio 2010, n. 25; il termine del 31 dicembre 2015 fu successivamente prorogato sino al 31 dicembre 2020 per effetto della successiva legge 24 dicembre 2012, n. 228, e, infine, approssimandosi la scadenza del 31 dicembre 2020, l’art. 1, commi 682 e 683 ha disposto l’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2033) a fronte di procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea e giustificate da un riordino della materia sino ad oggi non intervenuto.

Ora l’Adunanza plenaria chiarisce che  oltre il 31 dicembre 2023 le concessioni in essere cesseranno di produrre effetti anche qualora il legislatore intervenisse con un ulteriore proroga in quanto tale norma, in contrasto con il diritto comunitario, dovrebbe essere disapplicata.

Si pone pertanto la questione dell’applicazione di alcune disposizione del Codice della navigazione (in seguito CN, RD 327/42) ed in particolare degli articoli 1161 e 49.

 

Applicabilità dell’art. 1161 CN

L’articolo richiamato disciplina il reato di occupazione abusiva di spazio demaniale e prevede che chiunque occupi abusivamente aree appartenenti, tra gli altri, al demanio marittimo è punito “con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire un milione, sempre che il fatto non costituisca un piu' grave reato”.

In ordine alla sussistenza della fattispecie di reato indicata, l’Adunanza plenaria chiarisce che anche se la proroga concessa dal legislatore nazionale va disapplicata in quanto in contrasto con la normativa comunitaria, ciò non comporta la produzione di effetti penali in capo ai concessionari.

Questo almeno sino al 31 dicembre 2023 anche in considerazione del fatto che è la stessa Adunanza plenaria a riconoscere gli effetti legittimanti le concessioni in discussione sino a tale termine, mentre non è così scontato che il reato non possa essere configurato successivamente almeno allo stato della normativa attuale.

Va infatti rilevato che la Cassazione penale in una recente pronuncia (Cassazione penale , sez. III , 16/09/2020 , n. 29105) ha statuito che “In tema di reati marittimi, e segnatamente della fattispecie incriminatrice di occupazione abusiva di spazio demaniale prevista e punita dagli articoli 54 e 1161 c. nav. , essa si configura anche in caso di occupazione protrattasi oltre la scadenza del titolo, a nulla rilevando l'esistenza della pregressa concessione e la tempestiva presentazione dell'istanza di rinnovo”.

Se ne dovrebbe dedurre che chiunque occupi abusivamente il demanio marittimo dopo il 31 dicembre 2023 possa vedersi indagato per il reato in discussione.

 

Art. 49 CN

La norma richiamata fissa il c.d. principio di devoluzione in forza di cui quando venga a cessare la concessione, come nelle ipotesi in trattazione, le opere non amovibili (non precarie e temporanee) costruite sul demanio restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso.

Rimane ferma la possibilità per l’autorità concedente di ordinare la demolizione, specie   se si tratta di opere prive di legittimazione sotto il profilo edilizio e paesaggistico, con la restituzione dell’area liberata, salvo il potere di intervenire coattivamente in caso di mancato ripristino volontario (art 54 CN).

Secondo la giurisprudenza amministrativa (CdS sez II 3842/2017) la devoluzione dell’opera inamovibile opera ipso iure e non può essere prevista una diversa disciplina nell’atto concessorio avendo il successivo atto di c.d. incameramento natura meramente ricognitiva.

All’accordo delle parti, formalizzato nell’atto concessorio, può essere rimessa la disciplina delle spese della costruzione non essendo possibile tuttavia un indennizzo corrispondente al valore della costruzione. 

Le opere amovibili, ovvero quelle di natura temporanea e precarie poiché oggettivamente destinate ad una durata limitata nel tempo, debbono essere invece rimosse.

 

Cosa dovrebbe succedere prima del 31 dicembre 2023?

Prima della scadenza delle concessioni le amministrazioni aggiudicatrici dovranno indire la procedure selettive volte all’individuazione dei nuovi concessionari.

 

Indennizzi, legittimo affidamento, gare per l’Adunanza plenaria

L’importanza delle sentenze citate non è rimessa unicamente ai principi di diritto enunciati ma anche ad obiter dictum che riguardano questioni salienti soprattutto per gli operatori economici privati e che dovranno essere disciplinate dalla normativa di riordino.

Tra queste:

  • legittimo affidamento e  tutela degli investimenti effettuati dai concessionari uscenti nelle procedure di gara.

L’Adunanza plenaria tratta del legittimo affidamento in primis per confutare i motivi di impugnativa sostenendo che la legittimità della proroga automatica non può essere fondata sul legittimo affidamento ingenerato nei concessionari in ragione della normativa susseguitasi nel tempo. Viene citata la lettera di messa in mora della Commissione europea del 3 dicembre 2020, che nel rilevarne l’insussistenza di un legittimo affidamento tutelabile, ricorda che “secondo il diritto europeo un legittimo affidamento può sorgere solo se un certo numero di condizioni rigorose sono soddisfatte. In primo luogo, rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, devono essere state fornite all’interessato dall’amministrazione. In secondo luogo, tali rassicurazioni devono essere idonee a generare fondate aspettative nel soggetto cui si rivolgono. In terzo luogo, siffatte rassicurazioni devono essere conformi alle norme applicabili”.

In termini più generali si è affermato che, “qualora un operatore economico prudente e accorto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, egli non può invocare il beneficio della tutela del legittimo affidamento nel caso in cui detto provvedimento venga adottato” (Corte di giustizia, 14 ottobre 2010, C-67/09).

Per quanto riguarda la tutela del legittimo affidamento del concessionario uscente, anche funzionale ad ammortizzare gli investimenti effettuati, l’Adunanza plenaria richiama quanto statuito dalla Corte di giustizia (sentenza Promoimpresa 14 luglio 2016) ovvero che nello stabilire le procedure di selezione, occorrerà  “una valutazione caso per caso che consenta di dimostrare che il titolare dell’autorizzazione poteva legittimamente aspettarsi il rinnovo della propria autorizzazione e ha effettuato i relativi investimenti”.

Pertanto l’indizione di procedure competitive per l’assegnazione delle concessioni dovrà, ove ne ricorrano i presupposti, essere supportata dal riconoscimento di un indennizzo a tutela degli eventuali investimenti effettuati dai concessionari uscenti, essendo tale meccanismo indispensabile per tutelare l’affidamento degli stessi a fronte tuttavia dell’efficienza e apprezzabilità degli stessi.

 

Ipotesi di preferenza “automatica” per i gestori uscenti

Se da un lato viene evidenziato che ipotesi di preferenza automatica degli operatori uscenti (es diritto di prelazione) sono da evitare, dall’altro le sentenze chiariscono che i criteri di selezione dovrebbero  riguardare la capacità tecnica, professionale, finanziaria ed economica degli operatori.

Nell’ambito della valutazione della capacità tecnica e professionale potranno,  essere individuati criteri che, nel rispetto della par condicio, consentano anche di valorizzare l’esperienza professionale e il know-how acquisito da chi ha già svolto attività di gestione di beni analoghi (e, quindi, anche del concessionario uscente, ma a parità di condizioni con gli altri), anche tenendo conto della capacità di interazione del progetto con il complessivo sistema turistico-ricettivo del territorio locale; anche tale valorizzazione, peraltro, non potrà tradursi in una sorta di sostanziale preclusione dell’accesso al settore di nuovi operatori.

 

Durata delle future concessioni

Come qualsiasi appalto di servizio la durata delle concessioni dovrebbe essere limitata e giustificata sulla base di valutazioni tecniche, economiche e finanziarie, al fine di evitare la preclusione dell’accesso al mercato a nuovi operatori nel futuro.

L’Adunanza auspica la fissazione normativa di un tetto massimo di durata delle concessioni entro cui le Amministrazioni  aggiudicatrici (nei bandi di gara)  fisseranno il termine effettivo da commisurarsi al valore della concessione e alla sua complessità organizzativa.

Tale periodo non  dovrà essere eccedente il tempo ragionevolmente necessario al recupero degli investimenti, insieme ad una remunerazione del capitale investito. In alternativa  si potrà prevedere una scadenza anticipata ponendo a base d’asta il valore, al momento della gara, degli investimenti già effettuati dal concessionario.

 

Misura dei canoni

Da ultimo le pronunce in trattazione ritengono auspicabile che le amministrazioni concedenti sfruttino appieno il reale valore del bene demaniale oggetto di concessione, rendendo la misura dei canoni concessori oggetto della procedura competitiva per la selezione dei concessionari, in modo tale che l’esito della stessa rifletta il reale valore economico e turistico del bene oggetto di affidamento.

Nelle stesse pronunce viene infatti evidenziato che “il giro d’affari stimato del settore si aggira intorno ai quindici miliardi di euro all’anno, a fronte dei quali l’ammontare dei canoni di concessione supera di poco i cento milioni di euro, il che rende evidente il potenziale maggior introito per le casse pubbliche a seguito di una gestione maggiormente efficiente delle medesime”.

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