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Manutenzione e sicurezza, un insieme imprescindibile

La riflessione proposta approfondisce la funzione strategica della manutenzione come misura generale di tutela della sicurezza, per arrivare a prospettare la necessità di coltivare una cultura della manutenzione che va di pari passo con quella della sicurezza.

L’insieme sicurezza e manutenzione rispecchia la doppia faccia di una stessa medaglia. Il contributo evidenzia i vantaggi dell’adozione di un sistema di gestione della manutenzione, che può fare da motore al passaggio da una politica correttiva/riparativa a quella preventiva, nonché di qualificazione degli addetti alla manutenzione.

Manutenzione e sicurezza, un rapporto di bilateralità

Partiamo dall’etimologia del termine manutenzione che deriva dalla locuzione del latino medievale manu tenere, tenere con mano, tenere una cosa in modo che duri a lungo e rimanga in essere in efficienza. La manutenzione costituisce così un’attività strategica fondamentale per la conservazione e la sicurtà delle cose della nostra vita quotidiana, lavorativa e non, ed impatta prepotentemente sull’efficienza funzionale e sulla sicurezza degli ambienti, degli impianti, delle attrezzature e dei dispositivi, elementi indispensabili per garantire l’obiettivo principale, la sicurezza dei lavoratori e delle persone in generale.

Negli ambienti di lavoro questa prospettiva di bilateralità nel rapporto tra sicurezza e manutenzione è consolidata dalle norme di riferimento a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e le norme, si sa, costituiscono un aspetto fondamentale per stabilire e indirizzare verso un comportamento condiviso.

Nel D.Lgs. 81/08, ad esempio, il termine manutenzione compare significativamente centinaia di volte e rientra espressamente tra le misure generali di tutela. Questo ha costituito senz’altro un passo avanti nella cultura manutentiva, soprattutto ove la manutenzione è espressamente disciplinata come, ad esempio, per gli apparecchi di sollevamento. Gli allegati V, VI e VII del D. Lgs. 81/08 relativi alle attrezzature di lavoro prevedono un richiamo sostanzialmente costante proprio alla necessità imprescindibile delle manutenzioni. Lo stesso accade nell’allegato XVI relativo al fascicolo tecnico avente come oggetto proprio le future manutenzioni di quanto realizzato nel cantiere.

Eppure, seppur tutti ne riconoscono l’importanza e la invocano, di fatto, troppe volte la manutenzione risulta ancora oggi mancante, considerata erroneamente una specie di Cenerentola antieconomica che esula dall’attività produttiva quotidiana, o comunque oggetto di attenzione nei soli casi di anomalia/guasto, quando si è costretti ad intervenire. Manca, ancora troppo spesso, una visione organica preventiva delle necessità manutentive comprensive di tutti gli asset aziendali per rendere il lavoro sicuro, così come manca una corretta e completa valutazione dei rischi che consideri i costi della mancata manutenzione.

Passi avanti sono stati fatti ma ancora molto c’è da fare, non solo per la cultura della sicurezza ma per consolidare una diffusa cultura della manutenzione. La garanzia di una corretta manutenzione oggi è percepita soprattutto in relazione alle tipologie di impianti per i quali essa è obbligatoria, come ad esempio l’impianto di messa a terra o di rivelazione incendi. Tuttavia non è assolutamente sufficiente. Rimanendo ad esempio nel settore degli impianti elettrici, la periodicità dei controlli viene rispettata prevalentemente se risulta indispensabile per il rilascio di permessi o certificazioni, come ad esempio il Certificato di Prevenzione e il suo rinnovo. Lo stesso accade per gli impianti di sollevamento che, se non sottoposti a controlli periodici, non potrebbero essere utilizzati. Purtroppo però, ancora oggi, nelle aziende e in generale in molti luoghi di lavoro, sono spesso carenti o mancanti, a volte anche totalmente, controlli efficaci e costanti per attrezzature ed impianti meccanici, macchine, ecc. 

L’altra criticità sulla quale bisogna soffermarsi è la qualifica di chi effettua le operazioni di manutenzione, che impatta prepotentemente sull’efficacia dell’intervento stesso. Ancora oggi ci sono aziende dove i controlli degli impianti vengono effettuati con personale proprio, a volte anche in maniera estremamente inefficace e poco garante del reale stato di quanto viene controllato.

Partendo proprio da queste premesse, proveremo a porre alcune considerazioni che vogliono puntare a diffondere la necessità di intraprendere la strada di una politica strategica vincente organizzativa della manutenzione, collocandola in una posizione di primo piano per garantire, nella sua ottica preventiva, la sicurezza ma anche per migliorare la produttività. 

 

La gestione della manutenzione come misura della tutela della Sicurezza

 

La manutenzione dal punto di vista tecnico-ingegneristico 

Gli asset fisici sono la linfa vitale di tutti i processi produttivi. Se un asset critico dovesse guastarsi, non solo potrebbe interrompere la produzione, ma potrebbe causare un problema per la sicurezza o per l’ambiente. Guasti e rotture sono spesso l’apice di un lento progressivo deterioramento strutturale.

È un fenomeno con tempistiche non quantificabili; un elemento (elettrico, meccanico, idraulico) può durare mesi o anni, e pertanto può diventare una sfida, anche da un punto di vista tecnologico, riuscire ad essere sempre più bravi per anticipare il guasto, arrivare prima di incidenti o disservizi. E così diventa fondamentale l’attività manutentiva preventiva, da eseguirsi nel rispetto delle norme di riferimento ma anche in conformità all’indicazione dei fabbricanti.

Ormai dagli anni novanta, quando entrò in vigore la prima direttiva macchine, è obbligatorio rispettare per le manutenzioni e le verifiche quanto indicato dal costruttore nel manuale d’uso e manutenzione. Purtroppo però, a meno che non siano presenti precisi obblighi di legge indispensabili per esercitare l’attività, quanto prescritto dal costruttore viene rispettato ancora raramente.

Manutenzione che, negli ultimi anni, dal punto di vista tecnico-ingegneristico, si è sempre più svincolata dall’idea antiquata della manutenzione riparativa, a guasto o correttiva che si voglia, e si è ancorata soprattutto all’idea di prevenzione ciclica, ovvero che comprende la pianificazione e la programmazione ad intervalli regolari di tutta una serie di interventi di tipo fondamentalmente diagnostico, finalizzata ad individuare e classificare possibili eventi di guasti per cercare di prevenirli. Un’attività, quella manutentiva, che comprende un complesso di azioni tecniche, gestionali, organizzative e di approvvigionamento che hanno come finalità proprio quella di prevenire il verificarsi di guasti e rotture.

Un indirizzo orientativo che è già regola inderogabile in alcuni settori, come quello aereo (forse il più error free al mondo). Ed è proprio questo passaggio culturale, da una politica manutentiva correttiva/riparativa a quella preventiva, che diventa fondamentale per garantire sicurezza, ma che costituisce anche un elemento chiave per mantenere e migliorare il valore e la competitività delle imprese. 

Un altro aspetto da considerare, in quanto richiede sempre di più una efficace e costante manutenzione, è la rapidità dell’evoluzione tecnica degli ultimi anni. Le norme stesse cercano di adeguarsi perché gli strumenti tecnici per garantire un livello più alto di sicurezza, oggi più che mai, sono presenti ed efficaci. È’ per tale motivo che anche la normativa sta finalmente entrando in modo più diretto in tale ambito.

È sufficiente pensare all’attuale obbligo di sostituire tipologie di impianti di prevenzione e protezione ormai obsoleti di vecchia data o al prossimo autunno, quando soltanto i manutentori abilitati potranno effettuare le verifiche ed i controlli sugli impianti antincendio di ogni tipo. Finalmente, quanto raggiunto da anni in alcuni settori, come quello degli impianti di sollevamento e degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, è stato esteso ad un ampio settore costituito dall’insieme di tutti gli impianti con funzione di prevenzione incendi, anche se rimane ancora carente una visione strategica complessiva dell’attività manutentiva. Per tale ottica, potrebbero venire in aiuto delle organizzazioni alcune norme tecniche di grande valore, orientative per definire le politiche della manutenzione ma anche per gli aspetti tecnici e contrattuali ma che, purtroppo, rimangono ancora poco conosciute ancorché applicate, persino tra gli addetti al settore.

 

La manutenzione dal punto di vista organizzativo-gestionale

Ci sono ancora quindi criticità da superare per garantire sicurezza, legate all’organicità delle politiche di manutenzione ma anche alle qualità ormai indispensabili degli interventi e alla qualificazione del personale.

Un valido strumento per orientare le organizzazioni potrebbe essere l’adozione di un modello organizzativo-gestionale del processo di manutenzione, che potrebbe fare da motore al passaggio ad una politica manutentiva preventiva e costituire anche un aiuto per garantire l’adeguatezza dell’intervento stesso, che va pianificato nel rispetto normativo ma anche analizzando i dati provenienti dai macchinari e dagli impianti gestiti.

Un sistema di gestione proattivo, infatti, mette in moto un processo che supporta i datori di lavoro nell’implementazione di opportune strategie, politiche e pratiche per la gestione della manutenzione che contribuiscono a migliore l’efficienza produttiva e a ridurre i rischi sul posto di lavoro. 

Le norme a cui guardare sono diverse ma uno standard senz’altro da citare, trasversale a tutti i settori di attività che prevedo una attività di manutenzione, è la UNI 11063:2017, rilevante sia per gli aspetti di sicurezza che per le politiche di manutenzione, andando a definire i criteri di classificazione delle attività di manutenzione distinguendoli in ordinaria e straordinaria, anche se la norma non definisce le politiche di manutenzione conseguenti alla valutazione del comportamento dei beni da mantenere.

Per i dettagli normativi inerenti alle diverse fattispecie manutentive si può invece far riferimento alla norma UNI EN 13306:2018, che suddivide la manutenzione in:

  • correttiva o a guasto (vedere 7.5 della UNI EN 13306:2018);
  • preventiva: ciclica (vedere 7.2 della UNI EN 13306:2018);
  • secondo condizione (vedere 7.3 della UNI EN 13306:2018);
  • predittiva (vedere 7.4 della UNI EN 13306:2018);
  • migliorativa (vedere 7.4 della UNI 10147:2021)

Un aiuto per definire un piano strategico e i criteri di progettazione di una gestione della manutenzione a livello industriale potrebbe arrivare anche dalle norme del gruppo ISO 5500x, che mirano a garantire e mantenere l’adeguato valore degli asset aziendali ed a minimizzare i rischi legati alla loro gestione, enfatizzando proprio il ruolo della manutenzione: ISO 55000, che riguarda definizioni e principi, ISO 55001, che definisce i requisiti per implementare un sistema di asset management e ISO 55002, che fornisce le linee guida per l’applicazione della ISO 55001. Riferimenti tecnici orientativi non mancano, basta applicarli. 

Anche la professionalità del manutentore risulta significativa, sia in termini di efficacia dell’intervento che in termini di sicurezza. Per questo è importante garantire qualità e completa efficienza anche del personale.

In tale ottica, chi esegue l’intervento dovrebbe essere sempre in possesso di una sorta di qualificazione ad hoc, che ne comprovi le competenze e la preparazione, garantendo personalità “patentate” per operare in ambito manutenzione. Per la qualifica del personale di manutenzione, oltre alle imposizioni di legge legate alle tipologie di impianti precedentemente menzionati, a cui si aggiungerà dal prossimo autunno quanto previsto per i manutentori degli impianti antincendio grazie al D.M. 1 settembre 2021, si può far riferimento alla norma tecnica UNI EN 15628:2014, purtroppo anche questa ancora poco conosciuta, che potrebbe rappresentare un ottimo strumento per la condivisione di standard formativi. La norma delinea i profili professionali in relazione ai compiti da svolgere nel contesto della manutenzione di impianti, infrastrutture e sistemi di produzione, individuando categorie di profili professionali, da un livello esecutivo a quello di controllo sull’esecuzione, fino ad arrivare ad un controllo di tipo organizzativo-manageriale.

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