TAR Piemonte: diversamente dal solaio, la realizzazione di un terrazzo comporta un incremento di carico urbanistico, giacché modifica gli elementi tipologici formali e strutturali dell’organismo, rendendolo ontologicamente diverso da quello preesistente e, quindi, rientra nella ristrutturazione edilizia.
L’opera edilizia consistente nella realizzazione, in sopraelevazione rispetto al tetto del fabbricato confinante, di un solaio di 3 x 5,20 m, in modo da creare un terrazzo in estensione del preesistente balcone di proprietà del ricorrente (trattandosi, quindi, di cambio d'uso con opere rilevanti), non è asssentibile nè con CILA nè con SCIA, ma serve il permesso di costruire in cui assenza scatta l'abuso edilizio con tutte le conseguenze del caso.
E' il veloce riassunto del contenuto della sentenza n.51/2022 dello scorso 18 gennaio del Tar Piemonte, conseguente all'impugnazione dell'ordinanza con la quale il comune aveva ingiunto la demolizione di una ristrutturazione edilizia eseguita in assenza di permesso di costruire.
Secondo il ricorrente:
Prima di tutto, i giudici amministrativi smentiscono l’affermazione da cui diparte l’impianto difensivo del ricorrente, ossia che il Comune non avrebbe contestato la realizzazione del terrazzo, ma il mero rialzo del tetto dell’edificio confinante.
Come si evince dagli atti istruttori e dal provvedimento, l’ordine di demolizione è stato impartito per la realizzazione di un solaio (mediante, appunto, sopraelevazione del tetto) in modo da ampliare il balcone esistente «al fine di creare un unico terrazzo». È dunque la legittimità edilizia del terrazzo che forma oggetto della presente vertenza.
Si passa, quindi, ad analizzare i singoli motivi di ricorso.
Il ricorrente sostiene che il terrazzo fosse contemplato nella sua attuale conformazione (ossia alla stessa quota del balcone di sua proprietà) negli elaborati grafici presentati nell’anno 1895 in vista dell’originaria edificazione dell’intero fabbricato. Solo a tali documenti il Comune avrebbe dovuto fare riferimento per appurare la legittimità dell’intervento edificatorio, mentre non assumerebbero rilievo le ulteriori pratiche edilizie prese in considerazione dall’ente, poiché afferenti a opere eseguite su parti diverse dell’immobile.
Al più, tali pratiche dimostrerebbero la preesistenza del terrazzo: in particolare, ad una delle pratiche è allegata una fotografia raffigurante due piccoli gradini che collegavano il balcone del ricorrente alla copertura del basso fabbricato della controinteressata, il che proverebbe che già all’epoca quest’area era fruita come terrazzo. Il rialzo di quest’ultimo per portarlo alla quota del balcone sarebbe comunque avvenuto conformemente agli elaborati grafici del 1895 e, dunque, legittimamente.
Il Tar smonta questa tesi in quanto, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, gli elaborati grafici risalenti al 1895 non raffigurano un terrazzo, bensì un balcone chiuso da una ringhiera.
Se si confrontano tali disegni con l’attuale planimetria catastale del bene, si ricava facilmente che quel balcone è stato successivamente ampliato in modo da renderlo un terrazzo. Il dato è sufficiente per rigettare il motivo di ricorso, poiché permette di attestare che il terrazzo, in quanto non contemplato né negli elaborati grafici annessi all’originaria edificazione del fabbricato e né nelle successive pratiche edilizie, è stato realizzato in difetto di titolo abilitativo.
Insomma: successivamente all’edificazione del fabbricato originario e in assenza di qualsivoglia titolo edilizio, il ricorrente o, più probabilmente, taluno dei suoi danti causa – posto che il terrazzo è indicato già nella permuta del 1989 – ha:
La sopraelevazione è ulteriormente confortata dalla terza fotografia, raffigurante l’attuale stato dei luoghi, ove è visibile un rialzo in muratura dell’originario tetto del fabbricato prospicente.
Il ricorrente sostiene che l’opera non possa essere ascritta alla ristrutturazione edilizia (art. 3 dpr 380/2001), bensì all’attività edilizia libera (art. 6 dpr 380/2001) o agli interventi subordinati a comunicazione d’inizio lavori, oggi CILA (art. 6 bis Testo Unico Edilizia), con conseguente inapplicabilità della misura demolitoria di cui all’art. 33 dpr 380/2001.
Anche questo motivo è infondato, poiché – come già osservato – l’opera contestata non consiste nella sola realizzazione di un solaio mediante rialzo del tetto dell’edificio confinante, ma nella creazione, attraverso tale rialzo, di un terrazzo in sostituzione del preesistente balcone.
È dunque inconferente il richiamo, effettuato nel ricorso, alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1373/2019, poiché questa decisione concerne un caso in cui l’istruttoria comunale aveva permesso di attestare il solo livellamento di un solaio, mentre mancava la prova di ulteriori interventi incidenti sul carico urbanistico. Viceversa, nella fattispecie in esame il Comune ha adeguatamente dimostrato la portata ben più consistente dell’intervento edilizio eseguito.
In definitiva:
È pertanto corretta la misura demolitoria disposta dal Comune ai sensi dell’art. 33 comma 1, dpr 380/2001.
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