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Garage in muratura prima del 1967 senza permesso di costruire: niente demolizione se le prove "reggono"

Consiglio di Stato: l’onere di provare la data di realizzazione e la consistenza dell’immobile abusivo spetta a colui che ha commesso l’abuso, mentre solo la deduzione da parte di quest’ultimo di concreti elementi di riscontro trasferisce il suddetto onere di prova contraria in capo all’amministrazione

1967: lo spartiacque del permesso di costruire

Abbiamo avuto modo di trattare recentemente l'anno 'spartiacque' per quel che riguarda il permesso di costruire delle opere nelle aree esterne al centro urbano, cioè il 1967.

In quell'anno, infatti, fu varata la legge 765, che all'articolo 10 prevede l'obbligo del rilascio della licenza edilizia per le costruzioni realizzate anche al di fuori del perimetro del centro urbano, andando a modificare nello specifico l'art.31 della legge 1150/1942.

Prima del 1967, quindi, per determinate opere - fuori dal centro urbano - non era necessario richiedere (ed ottenere) il permesso di costruire/licenza edilizia.

Oggi ci siamo imbattuti su un'altra sentenza 'amministrativa' - la n. 1222 del 21 febbraio 2022 del Consiglio di Stato - che tratta lo stesso tema, anche se aggiunge qualcosa di interessante.

Garage in muratura prima del 1967 senza permesso di costruire: niente demolizione se le prove

Il garage della discordia

Una signora impugnava ha impugnato il provvedimento col quale cui il Comune le ha ordinato la demolizione di opere ritenute abusive, in quanto realizzate in assenza di titoli edilizi e in zona sismica ricadente in area classificata “E Agricola” dal PRG, consistenti in:

  • i) un porticato in legno delle dimensioni di mt. 3,50x3,05, differente di pochi centimetri rispetto a quanto assentito con permesso di costruire in sanatoria n. 2/2017, rientranti nella tolleranza del 2%, privo della necessaria autorizzazione regionale ai sensi degli artt. 61 e 94 del D.P.R. n. 380/01;
  • ii) un garage in muratura delle dimensioni di mt. 8,00x5,20, privo dell’autorizzazione sismica e privo di autorizzazione urbanistica, di cui vi è prova della esistenza alla data del 29.6.1975 ma non a data antecedente all’1.9.1967.

Il Tar Lazio riteneva quindi fondato il ricorso limitatamente al porticato in legno, rilevando che:

  • «Con riguardo a tale opera, in effetti, è lo stesso Comune ad affermare che sussiste un titolo edilizio rappresentato dal permesso di costruire in sanatoria n. 2/2017 e che la differenza di pochi centimetri rientra nella tolleranza del 2%;
  • L’unico titolo mancante è l’autorizzazione sismica, ma in questo caso gli unici soggetti abilitati ad adottare l’ordine di demolizione sono l’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 98 del DPR 380/01 e la Regione ai sensi dell’art. 100 della stessa legge».

La signora 'non mollava', spingendosi per la questione del garage in muratura fino al Consiglio di Stato.

Secondo lei, infatti, il Tar avrebbe dovuto tenere conto del fatto che, in merito alla data di edificazione del garage, ella aveva offerto l’unico elemento probatorio, a sua disposizione, idoneo ad offrire un valido riscontro per attestare la preesistenza del contestato intervento edilizio in epoca anteriore al 1967, costituito nello specifico da tre dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, rese da soggetti tutti perfettamente a conoscenza dello stato dei luoghi (che avevano attestato l’esistenza del garage in epoca precedente al 1 gennaio 1967).

 

La prova è valida se il comune non la contesta adeguatamente

Palazzo Spada da ragione alla signora, partendo dal presupposto che:

  • in termini generali, l’art. 10 della legge 765/1067 ha introdotto l’obbligo generalizzato della licenza edilizia per tutti gli interventi edilizi (intesi quali nuove costruzioni, ampliamenti, modifiche e demolizioni di manufatti esistenti, nonché opere di urbanizzazione) eseguiti sul territorio comunale;
  • prima di allora, l’art. 31 della legge 1150/942 prevedeva tale obbligo limitatamente ai centri abitati, disponendo che: «chiunque intenda eseguire nuove costruzioni ovvero ampliare quelle già esistenti o modificare la struttura nei centri abitati e dove esiste il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell'art. 7 deve chiedere apposita licenza edilizia»;
  • la definizione di centro abitato non è rinvenibile in termini univoci dovendosi fare riferimento a criteri empirici elaborati dalla giurisprudenza, secondo cui il centro abitato va individuato nella situazione di fatto costituita dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine, anche distante dal centro, ma suscettibile di espansione;
  • ciò posto, l’onere di provare la data di realizzazione e la consistenza dell’immobile abusivo spetta a colui che ha commesso l’abuso, mentre solo la deduzione da parte di quest’ultimo di concreti elementi di riscontro trasferisce il suddetto onere di prova contraria in capo all’amministrazione;
  • nel nuovo modello processuale introdotto dal decreto legislativo 104/2010, il principio dispositivo resta mitigato dal metodo acquisitivo in relazione all’effettiva indisponibilità dei mezzi di prova (art. 64, primo comma, del c.p.a.).

Tradotto il tutto sul 'nostro' caso, il Consiglio di Stato evidenzia che, a fronte delle prove portate dalla signora (cioè le tre dichiarazioni), che il Collegio non ha motivi per ritenere inattendibili, il provvedimento impugnato (cioè l'ordinanza di demolizione) fornisce elementi non risolutivi in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto, limitandosi infatti a dire che lo stesso era «esistente alla data del 26.06.1975 (volo Istituto Geografico Militare)», mentre non era «presente nella foto dello stesso istituto relativa al volo 30.08.1954».

Non solo. Palazzo Spada 'bacchetta' il comune sottolineando che lo stesso ha lasciato decorrere inutilmente il termine assegnatogli per depositare elemento di riscontro circa l’epoca di costruzione del garage (pur avendo ricevuto, in data 3 novembre 2021, rituale notifica via PEC dell’ordinanza di questo Collegio), ulteriore argomento di prova che corrobora le dichiarazioni sostitutive prodotte dall’appellante.

L'Amministrazione ‒ non essendosi costituita ‒ neppure ha depositato alcun elaborato cartografico da cui risulti che l’opera fosse, all’epoca della sua realizzazione, collocata nel centro abitato.

Insomma: l’appello deve essere accolto e, conseguentemente, il provvedimento impugnato va annullato anche per la restante parte dispositiva.

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