Lo scopo dell’articolo è offrire al lettore una panoramica generale del fenomeno riguardante la lottizzazione abusiva.
Attraverso un’attenta analisi della giurisprudenza di legittimità che si è copiosamente occupata della materia, verranno elencate le diverse modalità di realizzazione, casistiche ed esempi, in modo di avere una visione d’insieme della reale portata della fattispecie in questione.
Tra gli abusi edilizi più diffusi, la lottizzazione abusiva costituisce la modalità di aggressione e di stravolgimento dell’assetto territoriale, più grave che possa essere realizzata e può delinearsi in diverse modalità.
Secondo l’art.30 del d.p.r 380/2001, si configura quando: “vengono iniziate opere che comportino la trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
La fattispecie risulta altresì sanzionata dall’art. 44, il quale la assoggetta alla pena congiunta dell’arresto sino a due anni e dell’ammenda da euro 15.493 a 51.645 euro.
Il concetto di lottizzazione abusiva trae origine dalla prassi giurisprudenziale prima ancora che dalla normativa. Al riguardo, si ricorda che il termine lottizzazione compare per la prima volta nell’articolo 28 della Legge urbanistica - legge 17 agosto 1942 n. 1150 -, il quale stabilì il divieto di procedere a lottizzazioni di terreni a scopo edilizio, in assenza di un piano regolatore particolareggiato.
Come ricordato da parte della dottrina, non essendo presente all’epoca una definizione normativa del reato di lottizzazione, la giurisprudenza ne offrì una duplice indicazione.
La prima, prevedeva che per la configurabilità del reato non era sufficiente la semplice attività negoziale di frazionamento del terreno e di vendita dei singoli lotti, perché il trasferimento di piccole aree era perfettamente lecito e consentito dalla legge, diventando lottizzazione abusiva solo quando si fosse dato inizio ad un’attività di urbanizzazione del terreno.
Pertanto il reato di lottizzazione abusiva finiva per coincidere con l’urbanizzazione abusiva.
La seconda indicazione riteneva sufficiente la semplice lottizzazione cartolare, senza riferimento alla realizzazione delle opere (VIRDIS).
A porre fine al contrasto giurisprudenziale, la Cassazione penale Sez. Un. n.5115/2002, statuì nel merito, affermando che il reato di lottizzazione abusiva poteva consistere sia in atti giuridici che in atti materiali (così anche Cass. S.U. Salvini, del 28.11.2001).
A conferma di quanto detto, le successive sentenze della Suprema Corte, confermavano quanto precedentemente disposto, consolidando la fattispecie come reato a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per il difetto di autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni della legge o degli strumenti urbanistici (così Cass. Sez.III: n.24096/2008; n.37472/2008; 3481/2009, n.39078/2009).
A tale orientamento aderiva anche il legislatore, dapprima con l’art. 18 della l. n. 47 del 1985 e successivamente con il d.p.r. n. 380 del 2001.
Recentemente il Consiglio di Stato, ha precisato che la lottizzazione abusiva è “un fenomeno unitario che trascende la consistenza delle singole opere di cui si compone e talora ne prescinde. Esso assume rilevanza giuridica per l’impatto che determina sul territorio interferendo con l’attività di pianificazione, conservazione dei valori paesistici e ambientali”. (cfr. Consiglio di Stato, Sentenza n.5403/2021).
Difatti, l'interesse giuridico protetto dalla norma è quello di garantire un ordinato sviluppo urbanistico del tessuto urbano, in coerenza con le scelte pianificatorie dell'amministrazione, un corretto uso del suolo edificabile, uno sviluppo degli insediamenti abitativi, nonché la realizzazione dei servizi e standard compatibili con la finanza pubblica e le esigenze dei cittadini.
La dottrina e giurisprudenza hanno classificato la lottizzazione abusiva secondo tre diverse tipologie ricavate dalla definizione fornita dall’articolo 30 del d.P.R. 380/01.
Ricorre nell’ipotesi in cui vengano anche semplicemente iniziate realizzazioni di opere che in assenza delle prescritte autorizzazioni oppure in violazione della strumentazione approvata o adotta o comunque stabilita dalle leggi statali o regionali, comportino una trasformazione urbanistica o edilizia del territorio (Cons. Stato, sez. II, 7 agosto 2019, n.5609; TAR, Salerno, sez. II, 7 gennaio 2019, n.24).
Tale modalità di aggressione risulta facilmente contestabile perché riferibile ad una serie di opere fisiche facilmente percepibili visivamente.
Infatti il riferimento generico, nell’articolo 30 del d.p.r. n.380/2001, al termine “opere”, ha consentito alla giurisprudenza di merito e di legittimità di considerare configurabile la lottizzazione materiale in ogni tipologia di opere edilizie o di urbanizzazione atte a stravolgere l'assetto del territorio rendendone impraticabile la programmazione.
La lottizzazione abusiva è stata così ritenuta configurabile, ad esempio:
La fattispecie in esame si verifica quando, in assenza dell’esecuzione dei lavori, siano stati posti in essere una serie di atti preordinati alla lottizzazione abusiva di un suolo; ad esempio per il numero dei lotti, per le loro dimensioni, per la loro ubicazione, per le caratteristiche degli acquirenti, ecc..
Il reato di lottizzazione abusiva cosiddetta cartolare o negoziale è, secondo la giurisprudenza (Corte di Cassazione, sentenza n. 36.397 del 26 agosto 2019 e sentenza n. 20.243 del 14 maggio 2009), una contravvenzione a consumazione anticipata. Il reato in questione, viene commesso non solo quando c’è una trasformazione effettiva del territorio, ma anche quando viene realizzata una qualsiasi attività che oggettivamente comporti anche solo il pericolo di una successiva urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata.
In pratica, si ricade nella fattispecie della lottizzazione abusiva cartolare anche semplicemente realizzando operazioni di suddivisione materiale o giuridica delle proprietà (ad esempio realizzando i frazionamenti) che abbiano lo scopo di utilizzare le parti suddivise (cioè i singoli lotti frazionati) come terreni edificabili anche se nessuna opera edilizia è stata ancora realizzata.
E' ovvio che non tutti i frazionamenti di una proprietà sono automaticamente una lottizzazione abusiva cartolare, ma per ricadere nella fattispecie de quo:
Ma quali sono gli elementi precisi ed univoci che, se dimostrati dall’accusa, sono idonei a provare che vi è stata lottizzazione abusiva cartolare?
Secondo numerose sentenze di merito, gli elementi che possono essere utilizzati per dimostrare, in un quadro di indizi tutti coerenti, che un frazionamento di una proprietà (con eventuale successiva vendita) costituisce lottizzazione abusiva cartolare sono:
In poche parole, l’accusa dovrà dimostrare, utilizzando uno o più degli indici che abbiamo evidenziato sopra, che il frazionamento si colloca in un disegno unitario finalizzato a realizzare una edificazione non consentita (anche se nessuna opera è stata realizzata).
A fronte di ciò sarà così integrato il reato di lottizzazione abusiva cartolare.
Occorre ribadire che tale forma di lottizzazione risulta molto più insidiosa e difficile da rilevare, poiché si rischia seriamente di fare un processo alle intenzioni del costruttore.
Terzium genus di creazione giurisprudenziale, la lottizzazione mista, risulta caratterizzata dalla compresenza delle attività materiali e negoziali individuate dall’articolo 30, d.P.R. n. 380 del 2001. (così Cons. Stato, sez.IV, 6 agosto 2019, n.5591, Cass. 20 maggio 2015, n.24985).
Secondo il C.d.S n. 5403 del 2021, la lottizzazione abusiva “mista”, pur trascendendo dalla consistenza delle singole opere di cui si compone, assume rilevanza giuridica per l'impatto che determina sul territorio e deve essere intesa quale fenomeno unitario che trascende la consistenza delle singole opere di cui si compone e assume rilevanza giuridica per l'impatto che determina sul territorio interferendo con l'attività di pianificazione, conservazione dei valori paesistici e ambientali, dotazione e dimensionamento degli standard.
Vediamo pertanto il caso concreto che ha portato i Giudizi di Palazzo Spada a tali conclusioni.
Nel 2008 una coppia di coniugi di Olbia aveva acquistato un terreno agricolo (zona E).
A distanza di circa tre anni, gli stessi cedevano una parte ad un familiare e in un secondo momento effettuavano, sulla restante porzione, alcune opere di miglioramento fondiario. Tali ultime venivano dapprima certificate da un agronomo e successivamente verificate, mediante sopralluogo, dal Comune di Olbia.
In seguito, sempre nell’ambito del miglioramento fondiario del terreno, gli appellanti presentavano un progetto edilizio concernente la realizzazione di una casa colonica, ottenendone il relativo permesso nell’aprile 2015 dal Comune.
Successivamente, con ordinanza n. 26 del 17/10/2015, veniva disposta la sospensione dei lavori da parte dell’Amministrazione comunale per lottizzazione abusiva dell’intera area, inclusa la proprietà dei coniugi.
Il Comune sosteneva che tale lottizzazione abusiva era ravvisabile:
I coniugi presentavano preliminarmente un ricorso al Tar (che veniva respinto con sentenza n. 1065/2018) e successivamente adivano il Consiglio di Stato.
I due ricorrenti lamentavano:
I giudici di Palazzo Spada nel caso in questione hanno pienamente riconosciuto l’ipotesi di una lottizzazione abusiva mista, “nella quale si evince un tentativo dei ricorrenti di segmentare quella che rappresenta un’unica situazione e che, in quanto tale, deve essere valutata globalmente”.
Per tale ragione, secondo il Consiglio di Stato i motivi di ricorso presentanti dagli istanti, erano infondati sia per quanto espresso
Secondo i Giudici i momenti in questione “costituiscono solo dei tasselli del più complessivo disegno lottizzatorio posto in essere in spregio alla destinazione impressa alla zona dal Piano Regolatore Generale (PRG)”.
Altro indizio fondamentale dell’abuso, rilevato dai Giudici di Palazzo Spada è costituito dalla strada.
Essa è stata realizzata senza alcun titolo edilizio e in modo tale da concedere l’accesso ad ogni singolo lotto oggetto dei frazionamenti, inoltre non risulta censita in Catasto, ma costituisce oggetto di servitù di passaggio in tutti gli atti di compravendita dei singoli lotti.
In ultimo, i Giudici osservano che non è stata riscontrata la presenza di vere e proprie attività agricole o zootecniche connesse con la destinazione urbanistica agricola.
Tutte le circostanze sopra esposte comprovano la volontà di mutare la destinazione agricola dell’area, senza alcun riguardo agli strumenti urbanistici che la disciplinano.
Per questi motivi, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha respinto l’appello, condannando la parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore del Comune.
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