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Soppalco, i soliti sospetti: cosa serve per realizzarlo? Tra permesso di costruire, SCIA e rispetto delle altezze

Il Consiglio di Stato, in una recente sentenza, definisce i casi in cui il manufatto aumenta la superficie dell’immobile e quelli in cui è considerato un intervento minore

Assieme alla pergotenda, alla veranda, al balcone e alla tettoia (ma ne scordiamo sicuramente altre), il soppalco è una di quelle opere edilizie protagoniste indiscusse della giurisprudenza amministrativa in tema urbanistico-edilizia.

Non ci stupiamo quindi che il Consiglio di Stato, ultimo grado di giudizio, sia intervenuto di recente (sentenza 1002 dell'11 febbraio) per dirimere un questione con oggetto questo tipo di manufatto: nella specie, la pronuncia è interessante perché riepiloga le discriminanti che portano alla corretta individuazione del titolo edilizio 'giusto' per realizzarlo.

 Soppalco, i soliti sospetti: cosa serve per realizzarlo? Tra permesso di costruire, SCIA e rispetto delle altezze

Il soppalco abusivo

L'oggetto del contendere è un'ordinanza di demolizione per il completamento di un soppalco intermedio di 30 mq, impostato a metri 2,10 dal calpestio e metri 2,00 dal solaio di copertura, completo di scala in muratura di accesso.

Tra i vari motivi di ricorso, si legge che il Tar Campania non avrebbe considerato le modeste dimensioni del soppalco, riconducibili al regime giuridico delle ‘opere interne’, per le quali il previgente art. 26 della legge 47/1985 non richiedeva né ‘concessione’ né ‘autorizzazione’ (peraltro, anche dopo l’ingresso della normativa di cui dpr 380/2001, sarebbe stata sufficiente la sola dichiarazione di inizio attività).

L'appellante ripropone poi le censure rimaste assorbite:

  • a) la realizzazione del soppalco interno non si porrebbe in violazione delle prescrizioni di altezza minima degli ambienti abitativi e dei vani accessori, in quanto le disposizioni di cui all’art. 43, comma 2, lettera b), della legge 457/1978 non troverebbero applicazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente;
  • b) la realizzazione del soppalco sarebbe ‘opera interna’ non soggetta al previo rilascio di alcun atto abilitativo, bensì alla sola D.I.A. di cui al comma 1 dell’art. 22 del dpr 380/2001, per la cui violazione è prevista la sola sanzione pecuniaria (lo stesso varrebbe anche per la violazione delle norme di agibilità, disciplinate dall'art. 24 del TUE).

 

Soppalco: quali regole?

Palazzo Spada afferma subito che la sentenza del Tar Campania va confermata in quanto l'opera contestata è abusiva visto che realizzata senza il necessario titolo abilitativo.

Detto questo, nella sentenza si ricordano alcuni paletti importanti in materia, cioè:

  • la disciplina edilizia del soppalco, ovvero dello spazio aggiuntivo che si ricava all'interno di un locale, di solito un’abitazione, interponendovi un solaio, va apprezzata caso per caso, in relazione alle caratteristiche del manufatto;
  • secondo la giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato, è necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, con incremento delle superfici dell’immobile e, in prospettiva, ulteriore carico urbanistico;
  • si rientrerà invece nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali comunque il permesso di costruire non è richiesto, ove il soppalco sia tale da non incrementare la superficie dell’immobile, ma quest’ultima ipotesi si verifica solo nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 2 marzo 2017, n. 985; sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4166; sez. IV, 8 luglio 2019, n. 4780);

Bene: nel caso di specie, osserva Palazzo Spada, le opere contestate hanno comportato un organismo edilizio nuovo ad uso abitativo, con aumento di superficie e volume utile, come confermato dalla significativa metrature e dalla presenza di un servizio igienico.

Quindi, serviva il permesso di costruire.

 

Pertinenze urbanistiche

La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 19; Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952; Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817; Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615).

 

Modifiche della sagoma e altezze

Infine:

  • anche il richiamato art.26 della legge 47/1985 esimeva l’interessato dal richiedere il previo rilascio di titolo edilizio soltanto per le opere interne alle costruzioni che non comportassero «modifiche della sagoma né aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari» (anche ai sensi dell’attuale art 10 del d.P.R., costituiscono «interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: […] gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici»);
  • nel caso di specie (in cui, come si è detto, non può parlarsi di mero recupero del patrimonio edilizio esistente), non sono neppure state rispettate le altezze minime previste per gli ambienti abitativi dall’art. 43, comma 2, della legge 457/1978: tale disposizione richiede infatti che l’altezza dei locali sottostanti il soppalco non debba essere inferiore a mt. 2,70 per gli ambienti abitativi e a 2,40 per i vani accessori.

Di conseguenza, in ragione dell’acclarata abusività dei manufatti rimasti sforniti di titolo abilitativo, l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi.

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