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30 anni di ATECAP, Bolondi: Calcestruzzo non sia solo un prodotto, ma una soluzione

In occasione dei festeggiamenti per i 30 anni di ATECAP il nostro Editore e Direttore Andrea Dari ha intervistato il presidente dell'Associazione Andrea Bolondi, che ha parlato di quanto si sia evoluto in tutti questi anni il calcestruzzo, con uno sguardo rivolto al futuro.


In 30 anni il settore ha preso consapevolezza delle qualità del calcestruzzo

Andrea Dari:

Caro Andrea, siamo giunti ai trent’anni di vita di ATECAP. In realtà sono trentuno, se non sbaglio, e avete realizzato un volume fotografico che immortale alcune delle opere più rappresentative realizzate grazie al calcestruzzo. Spiegaci bene.

 

Andrea Bolondi:

Non sbagli. l’ATECAP veniva istituita il 14 settembre del 1991, quindi il compleanno dei trent’anni cadeva nel 2021, ma l’emergenza sanitaria non ci ha permesso di festeggiarlo come meritava e quindi, abbiamo posticipato di un anno la celebrazione. Per celebrare i suoi primi trent’anni di attività ATECAP, l’Associazione italiana dei produttori di calcestruzzo, ha realizzato una narrazione fotografica che esalta il buon uso del calcestruzzo, la sua modernità la sua visione per il futuro.

Dal 1991 i cambiamenti intervenuti nella società sono plasticamente rappresentati anche dalle opere realizzate grazie al principale materiale da costruzione. Opere che descrivono come le qualità del calcestruzzo siano in grado di fornire soluzioni a problemi ed esigenze reali, risposte concrete alle comunità nazionali partendo dai fabbisogni attuali e proiettandoli nel futuro.

Trent’anni di evoluzione tecnica e produttiva di un settore che nel tempo ha maturato una crescente consapevolezza delle qualità del suo prodotto promuovendo un modo di costruire qualitativo. L’occhio del fotografo ha restituito scatti che hanno colto la sostanza di un materiale, che seppur privo di una propria specifica identità, è l’essenza dell’ambiente costruito che ci circonda. Abbiamo scelto come titolo del volume IN CALCESTRUZZO.

IN CALCESTRUZZO è la storia delle costruzioni in Italia, è l’avvincente racconto del materiale principe per opere e infrastrutture, è ciò che rappresenta oggi l’architettura nel mondo, così come lo sarà domani. IN CALCESTRUZZO è la soluzione ideale per qualsiasi tipo di opera, grande o piccola che sia, per le sue potenzialità strutturali, estetiche, architettoniche e di sostenibilità. IN CALCESTRUZZO sono le opere utili per la vita delle persone.

 

Andrea Dari:

Quando arrivano queste scadenze ovviamente la prima cosa che accade è quella di aprire il cassetto dei ricordi. E in questo cassetto io ritrovo in piena vista il tour che facemmo insieme per l’Italia per presentare il calcestruzzo autocompattante, quello che doveva essere il passaggio dal ventrale alla fosbury del nostro settore. A vent’anni da allora, a trent’anni dalla nascita dell’associazione, ritieni che il settore sia riuscito a compiere questo passaggio epocale, da comparto artigianale dell’edilizia a componente industriale?

 

Andrea Bolondi:

Ricordo bene quel periodo, l’autocompattante è stata un’importante innovazione tecnologica del calcestruzzo, una miscela estremamente fluida che permette una veloce disposizione nelle casseforme, senza costipamento dell’impasto tramite vibrazione. Una di quelle innovazioni di prodotto che, al pari di altre di processo, impattano nel processo di costruzione generando vantaggi concreti.

Comunque, per tornare alla tua domanda, mi piace leggere la questione in modo diverso. Non mi ritrovo molto nella distinzione netta tra comparto artigianale e componente industriale. Credo che il settore del calcestruzzo appartenga alla cosiddetta industria manifatturiera, ovvero quell’insieme di imprese che si dedicano alle trasformazioni di diverse materie prime in prodotti finiti.

La differenza sta nel know-how, nella capacità di produrre il materiale “su misura”, sfruttandone le potenzialità di robustezza e versatilità, caratteristiche tipiche che rendono il calcestruzzo adattabile a qualsiasi forma.

In questa chiave, penso che chi opera nel settore, negli anni, ha maturato la convinzione che il proprio prodotto non debba essere percepito come una commodity, ampiamente disponibile sul mercato che non si differenzia dal prodotto dei concorrenti. Bensì come la soluzione a quanto viene oggi richiesto in termini di sostenibilità e durabilità ad un materiale da costruzione.

 

30 anni di ATECAP, Bolondi: Calcestruzzo non sia solo un prodotto, ma una soluzione

 

Andrea Dari:

Cercando sempre nei cassetti dei ricordi ritrovo una delle prime campagne realizzate da ATECAP sul calcestruzzo di qualità con lo slogan «il calcestruzzo non è un gioco da ragazzi». Allora si riteneva che la facilità di produzione e messa in opera del calcestruzzo rappresentasse al tempo stesso un valore (che l’ha portato ad essere il materiale più usato per le costruzioni) e un problema, in quanto lasciava spazio a una mancanza di attenzione in fase di prescrizione e impiego del materiale. Sono passati molti anni, nei quali l’Associazione ha realizzato e continua a realizzare tante attività riguardanti i professionisti e i committenti – consentimi di ricordare il Progetto Concrete – e allora la domanda: vi è ancora l’esigenza di «formare» il settore, di fare capire come si prescrive un calcestruzzo in modo corretto per la specifica opera?

 

Andrea Bolondi:

Direi proprio di si. Il calcestruzzo è un materiale utile per la vita delle persone, un materiale “generoso”, che può restituire all’opera le migliori prestazioni se progettato, manutenuto e trattato con più attenzione e consapevolezza. La diffusione e la promozione di questo tipo di cultura è un’attività per la quale l’Atecap non ha mai tolto il piede dall’acceleratore.

Ha avuto sicuramente maggiore o minore enfasi a seconda dei vari periodi e delle varie circostanze che rimescolavano le carte delle priorità associative. Ma è sempre stata dedicata un’energia costante a questi aspetti.

Anche perché, alla fine, tutto dipende da come il materiale viene prescritto, poiché come dicevo prima non è affatto un materiale indistinto, si articola in diversi prodotti e soprattutto deve essere richiesto non scegliendo quello che costa meno, ma quello che serve in quel momento, in quelle condizioni climatiche, in quella precisa situazione. 

Chi progetta un’opera ha la responsabilità di fare qualcosa che deve durare per molto tempo. Un’opera in calcestruzzo deve tenere in piedi un edificio, un ponte, una struttura, un’infrastruttura. È quindi una grandissima responsabilità, per la quale non ci si può limitare a scegliere sulla base del prezzo più basso.

Il nostro messaggio è che bisogna chiedere ai produttori di calcestruzzo non semplicemente un prodotto, ma una soluzione. Sai benissimo che quando una progettazione viene eseguita correttamente il costo di costruzione diventa il migliore possibile in relazione alle funzioni richieste all’opera o all’infrastruttura da realizzare.

 

Andrea Dari- Direttore ed editore di INGENIO

 

Andrea Dari:

In questi anni si è rafforzato il concetto di filiera del calcestruzzo. Federbeton ha saputo assumere un ruolo sempre più importante non solo all’interno del settore industriale ma nel sapere costruire quei rapporti con il mondo esterno – istituzioni, professioni, università, imprenditoria – necessarie per potere rappresentarne le esigenze. Quanto è importante che ogni componente del sistema, a cominciare dai produttori di calcestruzzo, ma anche chi produce cemento, additivi, inerti, armature, casseforme, impianti, mezzi … comprenda la necessità di superare vecchi retaggi e procedere in modo unito? Giro la domanda, i produttori di calcestruzzo in un mondo così complesso possono «farcela» da soli?

 

Andrea Bolondi:

Viviamo, fortunatamente, in una democrazia pluralista dove esistono una molteplicità di associazioni, che hanno fini diversi e fanno cose differenti per le diverse categorie che rappresentano. Ma sono tutte accomunate da una caratteristica: il loro valore non si misura dalla capacità di risolvere le criticità di un’azienda o creare opportunità di mercato per i propri iscritti. 

L’Associazione è il momento di sintesi e riflessione dove i concorrenti diventano alleati, le opinioni condivise stimolano la crescita e le esigenze dei singoli operatori si trasformano in progetti della categoria e per la categoria. Ogni socio fornisce il proprio contributo intellettuale ed economico, ed insieme si vince o si perde nella sfida che ci vede tutti coinvolti per rendere la soluzione in calcestruzzo la scelta più vantaggiosa ed efficiente nel mondo delle costruzioni.

Il mondo dell’associazionismo è lo specchio del tessuto imprenditoriale di un sistema economico e per questo è in continua trasformazione, guai se non fosse così. Oggi credo che al concetto della mera autorevolezza si debba sostituire l’idea della forza rappresentativa, più questa è marcata e più si è forti, più si è ascoltati e maggiori sono le disponibilità per raggiungere i traguardi fissati. Pertanto, a mio avviso ogni forma di rappresentanza imprenditoriale è chiamata a superare la logica della frammentazione degli interessi. Mi rendo conto che sviluppare un concetto di filiera non è mai semplice. Non bisogna solo mediare la contrapposizione orizzontale degli interessi di parti in concorrenza, ma bisogna anche comporre le divergenze verticali del tipico rapporto cliente fornitore.

Il modello di filiera funziona se si ha mente tutto questo e si è capaci, in associazione, di prescindere dalle pure logiche imprenditoriali.

Andrea Dari:

Parliamo di futuro. La grande sfida per ognuno di noi è quella della sostenibilità. In che modo ATECAP sta operando per portare il settore, come direbbe Enrico Giovannini, su un «sentiero sostenibile»?

 

Andrea Bolondi: 

Negli ultimi tre anni siamo stati spettatori e protagonisti di tre momenti storici straordinari che condizionano le dinamiche politiche e sociali con forze contrapposte: la transizione ecologica, l’emergenza sanitaria e la guerra in Ucraina.

Anche se i temi legati alla neutralità climatica sono sicuramente scalati di priorità nelle agende politiche, continuano a ricoprire grande importanza e per questo vanno affrontati proattivamente poiché caratterizzeranno il mercato futuro.

La sostenibilità è un’opportunità anche per il nostro settore, perché consentirà di dimostrare che il prodotto calcestruzzo è una soluzione tecnologica all’altezza delle sfide future. È una leva da attivare per accelerare il processo di decarbonizzazione dell’intera filiera. Attesterà che il calcestruzzo resta la scelta migliore per la realizzazione delle strutture.

In Associazione è in corso un dibattito su come quantificare la sostenibilità del calcestruzzo. Questo perché già oggi i progettisti richiedono ai produttori di calcestruzzo l’impatto in termini di prestazioni di sostenibilità di uno specifico calcestruzzo. Lo stesso avviene da parte delle principali stazioni appaltanti per definire nei propri capitolati le caratteristiche di impatto ambientale del calcestruzzo.

Siamo convinti che la sostenibilità ambientale non può che essere intesa come un requisito prestazionale fissato in fase di progetto. Poi, ogni produttore, declinerà liberamente questo requisito in soluzioni tecniche e tecnologiche. L’EPD, la Dichiarazione Ambientale di Prodotto, è lo strumento per comunicare in maniera trasparente le caratteristiche di sostenibilità ambientale del calcestruzzo. I produttori devono prepararsi e prendere confidenza con questo strumento. Sono convinto che insieme, progettisti, imprese e fornitori, si possa lavorare per sviluppare soluzioni edilizie più rispettose dell’ambiente.

 

Andrea Dari:

Infine parliamo di aicap. In questi giorni sei stato eletto vicepresidente della storica associazione fondata da Cestelli Guidi e che rappresenta la culla della cultura tecnico scientifica del nostro settore. Il fatto che il presidente di ATECAP abbia un ruolo così importante potrà fare da stimolo per una collaborazione più profonda tra chi rappresenta l’industria e chi la ricerca? quali sono gli obiettivi concreti che vorresti fossero raggiunti in questa sinergia?

 

Andrea Bolondi:

Irrobustire il collegamento tra l’industria e la ricerca è proprio lo spirito di questo incarico che ho assunto in rappresentanza di Federbeton, ad essere precisi. Per diffondere la cultura del cemento e del calcestruzzo penso sia importante migliorare i rapporti con i grandi committenti, con la Pubblica Amministrazione e con l’Università.

L’obiettivo è rilanciare l’impegno dell’aicap a promuovere e sviluppare la cultura tecnica sul calcestruzzo strutturale ed implementarne il suo buon impiego, traendone vantaggio per il mondo della produzione. Insomma, possiamo definirla una ricongiunzione culturale tra progettare e costruire. È auspicabile per l’intera filiera una maggiore presenza della tecnologia del calcestruzzo nei corsi universitari per valutarne al meglio gli effetti sulla vita delle strutture, sul requisito di durabilità, alla base della progettazione ed esecuzione delle opere, e sui migliori risultati in termini di sicurezza e sostenibilità.

L’aicap può aiutare a promuovere la soluzione costruttiva in calcestruzzo, attivando iniziative di divulgazione della cultura tecnica del calcestruzzo, sviluppando un’opera di sensibilizzazione rivolta a prescrittori, amministrazioni e grandi committenti dimostrando loro come il calcestruzzo, quale soluzione ideale per qualsiasi tipo di opera, sia inequivocabilmente la scelta più vantaggiosa ed efficiente nel mondo delle costruzioni. È un’altra leva da impiegare per una maggiore e più specifica informazione per rendere più conosciute le opportunità che offre il calcestruzzo e le sue enormi potenzialità.


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