Qual è il corretto approccio da seguire per concorrere a un progetto di qualità? Quali differenze ci sono tra un cantiere di restauro e un cantiere edile tradizionale? L’intervento di restauro può essere guidato in autonomia?
Di seguito l’intervista a Eva Gatto, ingegnere e restauratrice qualificata di beni culturali per professione, prima donna a ricoprire la carica di presidente dell’Ordine degli Ingeneri di Treviso.
Qual è il corretto approccio per un progetto di restauro di qualità?
L'approccio è di tipo multidisciplinare e interdisciplinare in quanto rispecchia la complessità della progettazione odierna. Il restauro è un ambito molto articolato; richiede conoscenza approfondita delle materie, competenze altamente specialistiche, esperienza e formazione continua ed un adeguato metodo di trattazione. Come ingegnere vedo il metodo come elemento fondamentale nel processo di restauro.
Un progetto di qualità è l'esito di più contributi che derivano da più soggetti e professionisti con esperienze plurime. Direi che un progetto di qualità è sintesi di conoscenza, tra cui ricomprendere necessariamente anche la conoscenza di chi opera nel settore in modo diretto, quindi, dei restauratori e delle imprese che intervengono materialmente e concretamente sul costruito storico. Ritengo sia fondamentale che tra tutti i soggetti ci sia anche un linguaggio condiviso per riuscire ad avere una totale comprensione tra tutte le parti che concorrono alla redazione e all'esecuzione del progetto.
Nel restauro però c’è un qualcosa in più che accomuna tanto la parte della progettazione quanto quella dell'esecuzione: il restauro non è solamente un processo che deve essere progettato ed eseguito ma è un fatto culturale, c’è dentro sensibilità, c’è curiosità, c’è passione e rispetto, rispetto per ciò che ci arriva dal passato e rispetto per chi è intervenuto prima di noi.
Come si diventa restauratore? Quale grado di abilità e competenza richiesto?
Ad oggi per diventare restauratore qualificato è necessario frequentare Scuole di Alta Formazione, Università, Accademie.
La preparazione teorica è fondamentale, ma è altrettanto fondamentale l'esperienza diretta che si acquisisce con il tempo. Il restauratore è una figura che si forma con il tempo, che si affina progressivamente, è una professione che richiede molta dedizione. L’abilità tecnica e la sensibilità del restauratore si sviluppano nel tempo alimentate anche dalla conoscenza della cultura del territorio, della storia, delle tecniche utilizzate nel passato e di quelle odierne. Il fatto di operare nell'ambito del restauro, come dicevo prima, è un continuo apprendimento e una continua formazione.
Esistono delle differenze tra un cantiere di restauro e un cantiere edile tradizionale?
Se prendiamo come riferimento il cantiere edile nell'ambito della ristrutturazione edilizia di immobili non tutelati e non vincolati, non c’è grandissima differenza dal punto di vista della gestione della sicurezza in quanto la normativa di riferimento è la stessa. Altra cosa è invece la gestione e l’andamento delle lavorazioni.
Vi è una profonda differenza nelle tempistiche di esecuzione delle opere e soprattutto nella cura con cui si realizzano gli interventi. Nel cantiere di restauro non ci può essere fretta, l’obbiettivo principale non è quello di “fare metri” ma di eseguire bene e correttamente le lavorazioni.
Molteplici sono i fattori che incidono sull’andamento e sulla programmazione delle opere. Un esempio è rappresentato dalle condizioni climatiche che scandiscono l’esatto utilizzo degli specifici materiali impiegati in quanto particolarmente sensibili al caldo, al freddo, all’umidità.
Con quali criteri vengono scelte le tecnologie e i materiali negli interventi di restauro?
Le scelte operate sono il risultato del processo di sintesi compiuto in fase progettuale e dal quale non si può prescindere.
In ogni caso compatibilità con l'esistente, reversibilità, ritrattabilità e riconoscibilità sono i principali criteri che ci guidano per l’individuazione dei materiali da utilizzare in un intervento di restauro.
Progettista e Direzione Lavori in un progetto di restauro devono coincidere?
Ritengo che questo sia di assoluta importanza. Chi si occupa di direzione lavori è fondamentale abbia partecipato anche alla fase di progettazione, questo perché ha una conoscenza approfondita del progetto, ha partecipato alle scelte progettuali ma soprattutto conosce i motivi di certe scelte che non è detto emergano dallo studio degli elaborati progettuali.
Competenze di architetti e ingegneri nei progetti di restauro sui beni culturali: crede che gli ingegneri possano operare in autonomia su progettazioni di questo tipo?
Si tratta di tematiche molto complesse, articolate e di difficile trattazione. Ingegneri e architetti hanno una diversa formazione e questo è un dato di fatto. Hanno un diverso approccio metodologico per la risoluzione delle problematiche, hanno una diversa forma mentis e sappiamo che le normative attribuiscono alle due figure ruoli diversi nell'ambito del restauro del costruito storico soggetto a vincolo.
Sono fermamente convinta che è dal confronto che nascono le migliori idee e i progetti migliori ed è sempre dal confronto che si può avere contezza della complessità delle operazioni. Deve quindi esserci un dialogo costante tra preparazione teorica, ricerca e conoscenza scientifica che sono più vicine al mondo ingegneristico con tematiche relative alla conservazione, alla valorizzazione e al riuso che sono più specifiche dell’architettura.
Ritengo che sia errato l’approccio in assoluta autonomia degli interventi, sia che si tratti dell’ingegnere o dell’architetto, perché oggi il confronto è indispensabile e non solo nell’ambito del restauro. È necessaria la collaborazione tra professionisti, il confronto con le imprese, con le amministrazioni, con le Sovrintendenze senza dimenticare la committenza.
Il progetto di qualità è un concerto in cui gli strumenti devono essere accordati.
Qual è il rapporto con la committenza privata? È in grado di comprendere la complessità degli interventi e i suoi limiti?
Dipende, ci sono i committenti illuminati che hanno cultura del restauro e sensibilità per questo ambito e con i quali c’è dialogo, confronto e condivisione degli obiettivi fin dalla fase progettuale. Dall’altro lato però ci sono anche i committenti che difficilmente comprendono il valore aggiunto del costruito storico e pretendono dall’edificio stesso la totale adattabilità e risposta alle proprie esigenze, ignorando di fatto quelli che invece sono i vincoli per conformazione, costruzione, destinazione d’uso e riuso che caratterizzano questi edifici.
Ultimamente si sta parlando sempre più di Restauro del Moderno. Nel corso del suo lavoro ha già avuto modo di approcciarsi a questa tipologia di intervento? Quali difficoltà ha avuto modo di riconoscere?
Effettivamente si sta iniziando ad operare su edifici relativamente più recenti, quelli risalenti al ‘900 che presentano tecniche costruttive e materiali moderni.
Attualmente sto operando su una facciata realizzata in litocemento che ci pone di fronte a problematiche tecniche diverse rispetto a un intonaco a marmorino del ‘500 fatto su un cocciopesto. Ci troviamo, in questo caso, ad operare in condizione a cavallo tra la manutenzione e il restauro.
Nel “relativamente nuovo” si parla ancora di manutenzione ma è una manutenzione che guarda al restauro. È un tema attuale che merita molta attenzione e approfondimento. Purtroppo, osservo che le architetture moderne subiscono processi di degrado molto più accelerati rispetto all’architettura storica, questo perché spesso sono state impiegate soluzioni tecniche e materiali talvolta sperimentali.
Ndr. Nel corso della piacevole conservazione avuta con l’ing. Eva Gatto sono emersi altri due aspetti, a mio avviso molto importanti, che dimostrano tutta la passione e la dedizione necessaria per affrontare questo lavoro. In primo luogo, cosa guida lo spirito del restauro? A riguardo l’ing. Gatto ha dichiarato che “per riuscire a entrare nello spirito del restauro bisogna conoscere il territorio”. Il secondo aspetto che mi ha colpito particolarmente riguarda invece la sfera delle emozioni di chi opera in questo settore: “quando da un muro bianco anonimo scopriamo affreschi in buono, se non in ottimo stato di conservazione, è davvero un emozione unica e per la quale è impossibile rimanere indifferenti”. Da architetto a ingegnere, voglio personalmente ringraziare l’ing. Gatto per avermi trasmesso, seppur in poco tempo, tutta la sua passione e dedizione per ciò che conserva, restaura e valorizza quotidianamente.
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