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Il taglio del gas russo, le scelte energetiche mancanti, la nostra ipocrisia ambientale

Mentre ci tagliano il gas siamo soprattutto preoccupati dal futuro di Totti o dagli sconti di Amazon. L'ipocrisia anima le nostre scelte strategiche e abbiamo buttato via una marea di miliardi in finte riqualificazioni di facciata. Ma il rischio di una catastrofe ambientale, energetica, economica e sociale si prospetta all'orizzonte e il tempo per le scelte ineludibili è quasi scaduto. Ecco un mio editoriale sul tema.

Il taglio del gas russo, le scelte energetiche mancanti, la nostra ipocrisia ambientale

 

Gas: Gazprom taglia di un terzo le forniture all'Italia

Da oggi 12 luglio dei 32 milioni di metri cubi di gas previsti in media, ne arriveranno circa 21.

La riduzione nella fornitura di gas è un effetto collaterale della chiusura — ufficialmente per manutenzione di una decina di giorni — del gasdotto Nord Stream 1 fra Russia e Germania.

Il timore diffuso è che però questo taglio possa proseguire a lungo, e non solo per problemi di manutenzione.

In questi giorni il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire ha evidenziato che "il taglio totale delle forniture di gas dalla Russia sia lo scenario più probabile oggi" (fonte Bloomberg) 

La possibilità che si debba giungere a un razionamento dell’energia si fa sempre più concreto. L'Italia e l’Europa si stanno avvicinando sempre più verso una “crisi energetica gravissima”, come è stata definita da Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. 

Le fonti governative ci dicono che al momento siamo arrivati al 64% di riempimento dei depositi di gas e le previsioni sono di arrivare, entro fine ottobre, arrivare al 90%.

Se dal 21 luglio, la data prevista per la fine dell’intervento di manutenzione, Nord Stream 1 continuasse ad essere inutilizzabile le proiezioni cambierebbero, in peggio ovviamente.

  

Il fabbisogno di gas dell'Italia

Nel 2021 il fabbisogno di gas naturale dell'Italia è stato di circa 76,1 miliardi di metri cubi e di questi solo 3,3, quindi poco meno del 6% sono stati estratti in Italia.

La Russia è il nostro principale esportatore di gas, attraverso il gasdotto TAG (Trans Austria Gas), un doppio gasdotto parallelo lungo circa 380 chilometri, acquisito dalla SNAM nel 2014 per 505 milioni di euro. Il TAG transita per il territorio dell'Ucraina e arriva al confine italiano al Tarvisio.

Ricordo che era previsto un altro canale di approvvigionamento dalla Russia, il South Stream, che passando sotto al Mar Nero avrebbe aggirato l'Ucraina, attraversato i Balcani fino all'Austria. A dicembre del 2014, per via delle tensioni crescenti tra l'Europa e la Russia, quest'ultima ha annunciato lo stop del progetto.

Oltre al TAG il gas russo arriva in Europa attraverso altri 3 gasdotti importanti:

  • Turkstream: attraversa il Mar Nero e arriva in Europa tramite la Turchia;
  • Blue Stream: come il Turkstream, passa attraverso il Mar Nero per arrivare tramite la Turchia;
  • Nord Stream 1: è il gasdotto sottomarino più lungo al mondo e trasporta quasi il 40% del gas che arriva in Europa. Si differenzia dagli altri due perché situato nel Mar Baltico.

Il Gas arriva anche dal nord Africa.

Dal 2004 è operativo Greenstream, il gasdotto proveniente dalla Libia lungo 520 km che arriva a Gela. Il gasdotto è stato realizzato da Saipem, società del gruppo Eni, che possiede delle quote azionarie del condotto (75% della proprietà).

Oltre a questo gasdotto dall'Africa arriva anche la conduttura Transmed (lungo 2.000 km) che collega l'Algeria all'Italia attraversando la Tunisia fino a Mazara del Vallo. Ad oggi l'Algeria è il nostro secondo fornitore di gas.

Dai giacimenti del Mare del Nord il gas raggiunge l'Italia con la rete nazionale di Transitgas, lungo 293 km, che trasporta il gas proveniente da Norvegia e Olanda, che serve anche Germania e Svizzera dove si connette con l'altro gasdotto Trans Europa Naturgas Pipeline, che corre per 500 km dai Paesi Bassi fino alla Svizzera.

 

I consumi domestici di gas pesano oltre il 30%

I dati ENEA riportano che i consumi domestici in Italia pesano più del 30% della domanda, circa 30 miliardi di metri cubi, principalmente per tre scopi: 

  • Riscaldamento invernale degli ambienti
  • Produzione di acqua calda sanitaria (ACS)
  • Cottura dei cibi

Ovviamente la prima voce è molto più importante nel centro nord, arrivando a pesare circa il 70/75% dei consumi. Il riscaldamento dell’acqua, sempre nella parte fredda del Paese pesa un altro 15/20%.

Cosa fare per ridurre i consumi ?

Il primo passaggio dovrebbe essere quindi quello di avviare, fin da subito, delle regole comportamentali di tutti noi per ridurre questo impatto. Secondo ENEA sarebbe possibile risparmiare quasi 2,7 miliardi di metri cubi migliorando i nostri comportamenti.

È un 3/4% dei consumi totali, utile ma non basta. 

Ecco perchè è fondamentale la riaqualificazione energetico ambientale di tutto il nostro patrimonio immobiliare.

 

Non solo gas, le fonti energetiche in Italia

La domanda di energia elettrica dell’Italia è di circa 320 TWh, ed è soddisfatta per poco meno del 90% dalla produzione nazionale.

Questa produzione deriva per circa il 58% dalla termoelettrica non rinnovabile, per il 18% dall’idroelettrica, e per il restante 24% dalle fonti eolica, geotermica, fotovoltaica e bioenergie.

La potenza lorda installata al 31 dicembre 2020 è pari a 120,42GW: +0,9% rispetto al 2019 (circa 1 gigawatt), dovuta sostanzialmente all’entrata in esercizio di nuovi impianti, compresi termoelettrici di piccola taglia, che hanno compensato le grandi dismissioni e i depotenziamenti nel parco di generazione tradizionale. 

 

Nel 2020, mentre il parco di generazione termoelettrico si è comunque mantenuto sostanzialmente stabile, in termini assoluti è passato da 64,76GW nel 2019 a 64,78GW, il parco di generazione delle fonti rinnovabili ha continuato a crescere costantemente con un incremento generale pari al 2,0% ed una potenza di 56,59GW che rappresenta il 47% del totale installato nel nostro Paese: in termini numerici si è passati da 893.109 impianti nel 2019 a 948.979 impianti nel 2020 (il solo settore fotovoltaico registra un incremento 55.748 impianti).

Alcuni settori hanno registrato rispetto all’anno precedente incrementi più sostenuti: il fotovoltaico con +3,8% si è attestato a 21,65GW, a seguire l’eolico con +1,8% e 10,91GW, mentre l’idrico ha un lieve aumento dello 0,7% registrando 19,11GW. Altre fonti invece sono rimaste sostanzialmente stabili: le bioenergie con 4,11GW hanno registrato un -0,3%, mentre il geotermico un -0,5% (0,82GW).

Attenzione, qui stiamo parlando solo della quota di produzione di energia elettrica, perchè se parlassimo di energia in generale occorrebbe considerare anche la produzione tramite carbone, gas e petrolio nel settore industriale. La produzione nazionale di energia pulità è quindi ancora molto bassa rispetto a quella derivante dalle fonti fossili.

E' necessario accelerare la produzione di energia elettrica pulita, superando le barriere normative e territoriali allo sviluppo di parchi fotovoltaici ed eolici.

Non si può essere ambientalisti quando si parla di gas russo e poi non volere le pale eoliche di fronte alla propria costa o sulle proprie colline. Non si può mettersi la maglietta di ambientalista e poi bloccare la realizzazione di termovalorizzatori, impedendo di valorizzare da un punto di vista energetico i rifiuti non recuperabili in altro modo per spedirli (consumando altro carburante, gomme, ...) all'estero dove verranno utilizzati nei termovalorizzatori.

 

Il problema dell’energia riguarda anche l’acqua e la siccità.

I primi 5 mesi del 2022 sono stati i più secchi dalla fine degli anni ’50.

La siccità, soprattutto al Nord (e nello specifico al Nord-Ovest), si traduce in poca acqua nei bacini idrici, anche in quelli che vengono utilizzati per ricavare energia rinnovabile idroelettrica, che pesa il 18% della nostra produzione di energia elettrica.

E le Regioni nel mese scorso, oltre a chiedere che sia dichiarato lo stato d’emergenza, ha incontrato i produttori di energia idroelettrica per chiedere un forte rallentamento dell’uso dell’acqua, se non uno stop, a favore dell’uso umano e agricolo.

Appare chiaro che in una situazione climatica in peggioramento costante si dovrà procedere con investimenti in ambito idrico di grande entità, riqualificando la rete (che perde una marea di acqua), con la realizzazione di ulteriori bacini di accumulo e canali di gestione.

Anche in ambito urbano e residenziale occorrerà un cambiamento epocale: è ora di finirla di buttare nelle fogne acqua buona.

Da un punto di vista normativo, per la costruzione di nuove abitazione come oggi è obbligatorio prevedere un’autoproduzione energetica sarà necessario prevedere un accumulo dell’acqua e un riuso interna negli impianti sanitari e per l’eventuale irrigazione.

E si dovrà ragionare anche in ambito industriale come risparmiare acqua.

Perché un impianto di produzione di energia a partire da combustibili fossili consuma grandi quantitativi d’acqua. Questo problema rappresenta un ulteriore incentivo per passare a fonti rinnovabili.

  

Costruzioni che usano meno acqua

A livello mondiale, lo studio dal titolo “Impacts of booming concrete production on water resources worldwide” di Sabbie A. Miller, Arpad Horvath e Paulo J. M. Monteiro pubblicato su Nature evidenzia che nel 2012 la produzione di cemento e calcestruzzo è stata responsabile del 9% dei prelievi globali di acqua industriale (questo è circa l'1,7% del totale dei prelievi idrici globali).

L’acqua viene utilizzata nel processo di produzione del cemento, ma anche di estrazione e trattamento degli aggregati per calcestruzzo, e nel calcestruzzo stesso.

Oggi un calcestruzzo prodotto per essere impiegato per realizzare un’opera marittima utilizza aggregati prodotti a terra usando acqua dolce per il loro lavaggio, e acqua dolce come materiale di impasto. Questo perché le armature contenute nel calcestruzzo armato sono sensibili al cloro contenuto nell’acqua di mare.

Se le nostre norme tecniche invece di sfavorire l’uso di armature in materiali alternativi all’acciaio lo favorissero, oggi potremmo utilizzare acqua salata di mare. Occorre un cambio di  mentalità nella definizione delle norme: garantire la sicurezza attraverso le soluzioni più sostenibili. 

 

Più auto elettriche, più consumi elettrici

Dal 2035 non si produrranno più i motori endotermici.

Il divieto diventerà definitivo dopo il voto favorevole anche del Consiglio Europeo, che comprende i capi di governo degli Stati membri della Ue. 

Una decisione che nasce dalla consapevolezza che il settore dei trasporti emette il 30% dell’anidride carbonica complessiva in Europa, di cui il 72% dipende solo dal trasporto stradale, secondo quanto ha dichiarato l’Agenzia europea dell’Ambiente nel 2019.

 

Ma quanto inciderà questa scelta sui consumi elettrici ?

A fine 2021 nel nostro paese erano registrate 39,8 milioni di autovetture, con poco più di 104 mila le elettriche, lo 0,26 per cento del totale, dopo tre anni di generosi incentivi.

All’aumentare del numero di auto elettriche nel prossimo futuro, si renderà necessario incrementare il numero di punti e infrastrutture di ricarica, nonché la loro capacità di erogare energia. Inevitabile sarà anche un’addizionale aumento della produzione energetica da immettere nella rete.

Gli italiani trascorrono 1 ora e 27 minuti al giorno in automobile a una velocità media di 29,4 km/h percorrendo 43 km al dì, circa 15.000 km/anno (fonte UNIPOL). Mediamente, con un’auto elettrica di media dimensione (Tipo Leaf della Nissan) occorrerebbero circa 2263 kWh.

Considerando di raggiungere l’obiettivo che i potenziali 39 milioni di mezzi endotermici passino tutti all’energia elettrica, per soddisfare tutta la loro richiesta di ricarica servirebbero 94.7 TWh/anno, circa un terzo in più di quella prodotta oggi.

 

E come vogliamo che sia questa energia per la trazione elettrica?

Se vogliamo di un cambiamento che riguardi l’impatto sul clima occorrerà porsi il problema della disponibilità dell’energia green.

Se infatti per ottenere energia elettrica per la ricarica di un auto utilizziamo gas, petrolio o addirittura carbone, il risultato è praticamente nullo, anzi peggiorativo in termini di emissioni di anidride carbonica.

E’ quindi necessario non solo pensare a piani per la installazione di colonnine di ricarica, ma anche di impianti di energia rinnovabile per l’alimentazione di queste colonnine. 

 

Sull'energia servono scelte coerenti con gli obiettivi dell'agenda 2030, non populistiche

Potrei continuare nella disamina energetica affrontando altri temi e problemi, come quello della mobilità pubblica urbana e interrurbana, della produzione industriale energivora nazionale, delle costruzioni, ma credo che i numerosi esempi siano già sufficienti per capire che stiamo correndo non solo verso una catastrofe ambientale ma anche energetica.

Una crisi energetica comporta non solo un riallineamento dei nostri stili di vita – meno comfort, meno viaggi, meno acquisti e più riuso – ma anche una recessione economica globale con aziende che chiudono, persone che perdono il lavoro … e di conseguenza anche una minore capacità per i Paesi di compiere scelte green.

Un sentiero sostenibile e praticabile richiede scelte drastiche di cui oggi vediamo solo poche tracce.

 

La riqualificazione energetico ambientale non è rimandabile e deve essere sostenuta.

Quindi il super bonus – sicuramente con percentuali diverse per evitare eccessi e truffe – deve diventare una scelta strutturale, senza se e senza ma. Ma la strutturazione deve riguardare anche le regole, che non possono cambiare ogni istante.

E per sostenerla economicamente occorre rinunciare a bonus non utili sotto il profilo energetico ambientale: bonus facciate, bonus mobili, bonus tv, bonus POS, bonus vacanze …

 

Le norme devono avere una nuova priorità: favorire lo sviluppo e l’uso di nuove tecnologie sostenibili.

Nelle costruzioni devono essere individuate delle priorità che consentano, in un ottica olistica di sostenibilità dell’opera (non del singolo materiale), di guidare chi commissiona, progetta a realizza verso la scelta più sostenibile

Ripensare le infrastrutture, meno asfalto impermeabile, più ferrovie e ciclabili (drenanti) e ridistribuzione delle accise e degli incentivi: deve essere favorito in ogni modo il trasporto pubblico sostenibile, anche con scelte coraggiose. Come in altri Paesi si potrebbe arrivare a sfavorire la scelta di mezzi privati (bollo, accise su carburanti, costi autostradali, zone rosse …) utilizzando le risorse acquisite per abbattere i costi dei trasporti pubblici (a cominciare dal treno, oggi troppo costoso.

Introducendo regole più severe nella gestione degli edifici pubblici e privati: limiti invernali ed estivi dei termostati, gestione dei flussi d’acqua con timer, regolamentazione uso ascensori, obbligo a non indossare giacca e cravatta nei mesi estivi (MAI !!!)  …  

 

Tutto dipende da noi

E infine cambiando mentalità: ognuno di noi è responsabile del futuro del nostro pianeta.

Non bastano i proclami su facebook, le accuse a USA, CINA o RUSSIA, la contestazione dei diversi governi che si succedono alla guida del nostro paese se non cominciamo a viaggiare più in treno o in bicicletta, a fare docce essenziali (in cui ci si insapona a rubinetto chiuso), a limitare l’uso del condizionatore …

La dipendenza dal Gas si riduce anche in questo modo, cambiando noi stessi.

  


Fonti: EGS, ENEA, GAP COM, Icona Clima, Italtherm, Lucegas.it, Terna