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Il problema dell’uso di sali disgelanti sulle infrastrutture in calcestruzzo

La sicurezza stradale delle strade di montagna è garantita, durante la stagione invernale, mediante lo spargimento di sali disgelanti. Tali prodotti abbassano il punto di congelamento dell’acqua a valori inferiori a 0°C, favorendo quindi lo scioglimento della neve/ghiaccio e la pulizia della strada. Sebbene utili per la pulizia della strada, tali prodotti chimici risultano particolarmente dannosi per le strutture. Tale lavoro è finalizzato a descrivere gli effetti sulle strutture in calcestruzzo armato.


L’Italia è un Paese caratterizzato da aspra orografia e da una capillare rete viaria, con conseguenti numerose opere d’arte, quali ponti e gallerie. Durante la stagione invernale è necessario rimuovere il ghiaccio sul manto stradale, per il mantenimento della funzionalità e la sicurezza degli utenti. Questo obiettivo viene perseguito con l’applicazione di sali disgelanti di diversa natura, che, seppur adatti al loro scopo, determinano importanti effetti collaterali sulle strutture in calcestruzzo armato, visto che tali prodotti sono poi diluiti nelle acque di scioglimento che non sempre sono correttamente regimate.

Questo lavoro si prefigge come obiettivo principale quello di descrivere e analizzare gli effetti sulle strutture in calcestruzzo, valutando le tipologie di prodotti e analizzando le cause di danneggiamento e le modalità di diagnosi sulle strutture in calcestruzzo armato.

 

Composti disgelanti: effetti deleteri e analisi comparativa

I composti disgelanti, applicati in maniera estesa su opere in calcestruzzo armato in ambiente alpino, determinano importanti effetti in termini di degrado su entrambi i costituenti del materiale. Nel presente paragrafo si tratta il degrado dovuto a fenomeni chimici di interazione tra tali composti e il calcestruzzo, oltre a definire la concentrazione di soglia per la corrosione delle armature, il cui processo è comunque governato principalmente dalla diffusione, trattata nella seconda sezione del documento.

Certamente, il degrado viene favorito in presenza di qualsiasi composto applicato; tuttavia, i costituenti del calcestruzzo coinvolti possono essere diversi, con conseguente diversa pericolosità dell’azione.

Il composto disgelante più usato attualmente è il cloruro di sodio NaCl, che presenta due effetti degradativi principali, espressi nelle reazioni (1) e (2).

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Dalla reazione (1) si evince l’effetto di dilavamento della portlandite dovuto all’aumento di solubilità della stessa in presenza di NaCl: tale fenomeno porta ad aumento di porosità in superficie e dunque alla formazione di nuove vie d’accesso per i cloruri, in un processo autoalimentantesi.

Dalla reazione (2) è possibile invece constatare come un prodotto della (1), cioè il CaCl2, tenda a formare, in presenza di alluminati di calcio nel clinker, dei cristalli cloroalluminati, una specie simile all’ettringite e convertibile in ettringite secondaria, con potere espansivo dirompente (H.F.W.Taylor, 1973), in presenza di ingresso solfatico.

Il cloruro di calcio CaCl2 è anch’esso uno dei sali disgelanti più comuni, e per quanto già espresso nella reazione (2) il suo effetto è deleterio, ma il meccanismo già presentato non è l’unico che si verifica conseguentemente alla sua applicazione, in quanto si formano anche ossicloruri, secondo la reazione (3).

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La formazione di ossicloruri è dannosa in quanto è stato dimostrato (M.Collepardi, L.Coppola, & C.Pistoiesi, 1994) che sotto condizioni sfavorevoli di porosità della matrice cementizia si generano elevate pressioni idrauliche che si traducono in danneggiamento del materiale. Tale fenomeno è tuttavia mitigato nel caso in cui la soluzione sia ad alta concentrazione salina, in quanto il fenomeno di dilavamento, presente qualsiasi sia il cloruro applicato, determina una riduzione di disponibilità della Portlandite, necessaria per lo sviluppo della (3).

Anche il cloruro di magnesio MgCl2 determina l’insorgenza di una reazione di dilavamento, vedasi la reazione (4), ma in questo caso la reazione è notevolmente più gravosa in quanto determina la formazione di brucite, composto dirompente espandentesi in maniera localizzata all’interfaccia matrice cementizia – aggregato, determinando aumento di porosità e perdita di legame con l’aggregato fine.

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Inoltre, può avvenire decalcificazione del gel C-S-H, che costituisce la frazione più importante del calcestruzzo indurito in termini di proprietà leganti, secondo la reazione (5), con lo sviluppo di silicati di magnesio idrati, componente non cementizio e caratterizzato da una porosità aperta, alla macroscala, attorno al 70% (C.Dewitte, A.Bertron, M.Neji, L.Lacarrière, & A.Dauzerès, 2022).

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In ultimo, anche in presenza di MgCl2 si può assistere alla formazione di ossicloruri, con resistenza meccanica limitata e rapidamente decrescente in seguito ad esposizione all’acqua.

Altro composto disgelante comunemente usato è l’acetato di calcio e magnesio (CMA), che si considera ad elevata pericolosità per il calcestruzzo, a causa di una serie di meccanismi concatenati:

  • analogamente a quanto accade in presenza di MgCl2, vengono formati silicati di magnesio idrati, in un quantitativo maggiore al diminuire del rapporto Ca/Mg del composto disgelante (M.C.Santagata & M.Collepardi, 2000);
  • data la notevole capacità penetrativa del CMA (ridotta soltanto qualora si sia in presenza di carbonato di calcio CaCO3 preformatosi a seguito di carbonatazione), la reazione di decalcificazione avviene prevalentemente all’interfaccia matrice-aggregato, determinando perdita di legame con l’aggregato fine;
  • la creazione di porosità in prossimità degli aggregati rende la loro superficie sito disponibile per l’avvenimento della reazione alcali-carbonato, deleteria in quanto producente brucite detta ‘secondaria’ (cioè non derivante da reazioni coinvolgenti i cloruri).

 

Si evince dunque che, tra i composti disgelanti presentati, il più deleterio nei confronti del calcestruzzo è l’acetato di calcio e magnesio, ma questo composto risulta il meno attivo nei riguardi dell’acciaio esposto, e dunque il suo utilizzo può risultare conveniente in presenza di travi o pile in metallo, o in presenza di un numero elevato di giunti.

In riferimento, invece, al degrado sulle armature, la concentrazione in percentuale per la quale si assume che a contatto con le barre vi sia l’innesco della distruzione del film passivante, cioè la cosiddetta soglia di concentrazione, è intorno all’1% per NaCl e CMA, e intorno al 3% per CaCl2 e MgCl2 (L.Jiang, J.Huang, J.Xhu, Y.Zhu, & L.Mo, 2012). 

Nondimeno, bisogna tenere in conto che il quantitativo di agente disgelante necessario per produrre l’effetto ricercato in esercizio, non è lo stesso per i vari composti, per cui vi è tra di essi una variabilità di potere disgelante, proprietà specifica dei singoli composti che può essere stimata valutando le tonnellate di ghiaccio sciolto per tonnellata di composto applicata.

Tale proprietà è variabile con la temperatura, ma si osserva essere comparabile per i tre cloruri al di sopra dei -4°C (TRB, 2007), e divergente per temperature minori, con MgCl2 che detiene la maggiore capacità antighiaccio, seguito da CaCl2 e NaCl; a prescindere dalla temperatura, è necessario un maggior quantitativo di CMA per ottenere gli stessi effetti dei cloruri di cui sopra. 

Per ricercare l’ottimo in termini applicativi non si può prescindere dal considerare il costo, che deve tenere in conto dei seguenti aspetti relativi ai diversi composti:

  • costo di produzione;
  • costo di applicazione;
  • costo derivante da effetti sull’infrastruttura;
  • costo derivante da effetti sui veicoli;
  • costi derivanti da effetti ambientali.

Le prime due voci influenzanti il costo del materiale sono riportate nella Tabella 1, dalla quale si nota una maggiore economicità del cloruro di sodio, costo comparabile dei rimanenti cloruri e costo enormemente maggiore dell’acetato di calcio e magnesio.

Gli effetti prodotti sull’infrastruttura dipendono strettamente dai dettagli costruttivi adottati, mentre sui veicoli l’effetto deleterio dei composti più comuni è confrontabile. Gli effetti ambientali prodotti dai composti sono invece variabili, sia confrontandoli tra loro sia considerando un unico composto applicato in diverse tipologie di ambiente: per ogni contesto ambientale, infatti, è possibile pervenire a una stima della perdita di valore del territorio in relazione al composto applicato. Tale costo, seppur indiretto, va considerato in un’ottica complessiva di ottimizzazione.

Tabella 1 - Costo cumulato di produzione e applicazione per i composti disgelanti di comune utilizzo (D.L.Kelting & C.L.Laxson)

Costo cumulato di produzione e applicazione per i composti disgelanti di comune utilizzo

 

Per i motivi sopra espressi, l’effetto dei vari composti sulle armature può divenire comparabile, e uno studio approfondito su quale sia l’ottimo da applicare deve tenere in conto delle condizioni ambientali (in termini di temperature di esercizio dell’infrastruttura), della tipologia di calcestruzzo e anche degli effetti ambientali prodotti e dal costo della materia prima.

 

Il fenomeno della legge di Fick

La penetrazione dei sali nel calcestruzzo avviene attraverso il fenomeno di diffusione espresso tramite la seconda legge di Fick. Essa esprime che la concentrazione di cloruri C(x,t), stimata alla profondità x misurata perpendicolarmente alla superficie e al tempo t:

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dove D rappresenta il coefficiente di diffusività mentre Cs rappresenta la concentrazione di cloruro sulla superficie del calcestruzzo dove si trovano i cloruri applicati, come i disgelanti e “erf” indica la funzione errore gaussiana:

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Stime della precedente equazione sono disponibili in letteratura, ed evitano il calcolo dell’integrale. Una buona approssimazione è ad esempio fornita dalla seguente espressione, che restituisce la funzione errore con un’approssimazione inferiore al millesimo.

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La tecnica di base per ricavare i parametri consiste nell'esporre un campione di calcestruzzo sigillato (cubico, prismatico, o di forma cilindrica) a soluzione acquosa a concentrazione fissa di cloruri e misurare dopo un certo tempo t la concentrazione di cloruri a varie profondità.

La durata minima di esposizione è di 35 giorni secondo ASTM C1556, "Metodo di prova per la determinazione del coefficiente di diffusione apparente del cloruro di miscele cementizie per diffusione in massa”. (ASTM, 2016)

In questo test, il campione viene sezionato con un disco diamantato o macinato con un abrasivo perpendicolare alla direzione di ingresso del cloruro. Viene misurata la concentrazione di cloruri in ciascuna sezione e i dati vengono usati per generare un profilo concentrazione-profondità per il flusso di cloruri in una direzione. Basato su quelle misurazioni, le equazioni derivate dalla seconda legge di Fick vengono applicate per calcolare il coefficiente diffusivo. Si è scoperto che il coefficiente di diffusione è correlato con la temperatura di esposizione e il rapporto a/c; la diffusività effettiva aumenta col rapporto a/c e la temperatura. Oggi, l’avanzata tecnologia ha reso pratico determinare la profondità di penetrazione dei cloruri utilizzando apparecchiature come i raggi X o la prova colorimetrica.

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