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Accertamento di conformità, il prima e il dopo: no alla sanatoria di opere abusive diventate conformi ex post

Consiglio di Stato: si deve sempre escludere la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive anche se, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica

Quali sono i 'confini' dell'accertamento di conformità? Come funziona la cd. doppia conformità urbanistica? Torna su un argomento gettonatissimo il Consiglio di Stato nella sentenza 6785/2022 del 2 agosto, inerente la realizzazione, da parte dell'odierno appellante - che ha presentato richiesta di permesso in sanatoria, negata dal comune - per la realizzazione delle seguenti opere in difformità dal titolo edilizio:

  1. ristrutturazione con ampliamento di un casale esistente, con aumento della superficie coperta originaria da mq. 84,00 a 168,87 e modifica della destinazione, da edificio rurale a magazzini e servizi igienici destinati a servizio delle attività commerciali svolte sull’area (offerte commerciali per banchetti, nozze, convegni, e altri eventi, con capienza interna di trecentocinquanta persone e esterna di oltre mille);
  2. diversa sistemazione di rampe e superfici pavimentate;
  3. mantenimento di una tettoia a forma di poligono irregolare della superficie coperta di mq 44, 51, residuo della demolizione del precedente volume;
  4. realizzazione di un vano tecnico interrato, con destinazione ‘locale pompa/filtri e magazzino materiale di consumo’ di mq 144,00, ovvero di dimensioni maggiori di quelle afferenti la piscina sotto la quale è posto. 

Accertamento di conformità: non si possono riabilitare opere originariamente abusive diventate conformi ex post

Vincoli paesaggistici e sismici

Come correttamente posto in evidenza dal giudice di prima istanza - sottolinea Palazzo Spada -, risulta dai fatti di causa che l’area interessata dai predetti manufatti è assoggettata:

  • a) a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 136 del d.lgs. 42/2004;
  • b) a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. b) dello stesso decreto (aree di interesse archeologico);
  • c) a vincolo sismico di cui alla l. n. 64 del 1974.

Alla data della proposizione dei motivi aggiunti, l’appellante non risultava in possesso dei nulla osta rilasciati dalle Amministrazioni deputate alla tutela dei vincoli.

 

Accertamento di conformità: le caratteristiche

L'appellante ha quindi presentato la richiesta di accertamento di conformità ex art. 36 dpr 380/2001 con allegata relazione asseverata per le altre opere oggetto del provvedimento sanzionatorio, ma non demolite.

Il Consiglio di Stato evidenzia che:

  • l'accertamento di conformità è uno strumento di carattere generale, indirizzato a sanare abusi per interventi eseguiti in assenza o in difformità del permesso di costruire, ma conformi alla disciplina edilizia urbanistica e, precisamente, a quella vigente sia al momento della realizzazione del manufatto che al momento della presentazione della domanda di sanatoria (c.d. doppia conformità);
  • pertanto, si deve sempre escludere la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive anche se, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.

La “sanatoria” degli aspetti strutturali e antisismici

Per la disciplina delle costruzioni in cemento armato e a struttura metallica, e per quella delle costruzioni in zona sismica, le leggi nazionali non prevedono norme per la regolarizzazione a posteriori degli interventi eseguiti abusivamente. Soltanto in alcune regioni sono state attivate procedure amministrative, che talvolta però non sono allineate con quanto previsto nei principi fondamentali indicati nel D.P.R. 380/2001 dal legislatore nazionale.

Scopri tutto nell’articolo di Gianluigi Maccabiani!


 

Casale agricolo e vano tecnico: la richiesta di sanatoria

In merito al diniego di sanatoria del comune, l'appellante ha obiettato assumendo che, con riferimento al casale agricolo, non vi sarebbe stato alcun aumento di superficie, atteso che la superficie realizzata fuori terra sarebbe inferiore alla preesistente, e quella interrata non rileverebbe ai fini del calcolo della superficie utile.

In particolare, il vano tecnico di mq. 144 destinato ad ospitare le pompe di filtraggio e la centrale termica di riscaldamento dell’acqua, oggetto di ampliamento al fine di ubicarvi, oltre alle pompe, anche la centrale termica, non avrebbe autonomia funzionale in quanto volume tecnico, non computabile nel calcolo della volumetria massima consentita. 

 

Niente sanatoria: ecco perché

La struttura che si assume oggetto di ristrutturazione - segnala Palazzo Spada - ha determinato una sostanziale modificazione della destinazione d’uso dell’immobile, che costituisce un abuso sostanziale stante la difformità con il titolo edilizio rilasciato, e con la zonizzazione dell’area, in quanto si assegna all’immobile una diversa categoria funzionale (Cons. Stato, sez. VI, n. 1857 del 2021). 

L'art. 36 del dpr 380/2001 regola la sanatoria avuto riguardo all’intervento abusivo nel suo complesso e non alla singola opera abusiva; perciò la sanatoria dell’intervento non può che avere ad oggetto il complesso delle opere in cui lo stesso si sostanzia (Cons. Stato n. 515 del 2021).

La presenza di opere connesse, funzionali alla realizzazione di uno scopo unitario, come quelle nella fattispecie realizzate, impongono un esame complessivo della fattispecie concreta da parte dell’Amministrazione procedente.

Il Comune deve, pertanto, svolgere un esame complessivo della fattispecie concreta, al fine di accertarne la conformità alla pertinente disciplina urbanistica e edilizia e, ove riscontri l’esistenza di opere abusive, non scomponibili in progetti scindibili, ma funzionalmente connesse al perseguimento di uno scopo unitario (come nella specie), non può accogliere una domanda riguardante singole opere, dovendo aversi riguardo al complessivo intervento realizzato (Cons. Stato n. 1848 del 2020).

La doppia conformità urbanistica delle opere oggetto di sanatoria presuppone, quindi, la regolarità edilizia ed urbanistica dell’intero immobile, altrimenti l’Amministrazione andrebbe a sanare la realizzazione di opere di modifica di un immobile abusivo, in contrasto con la previsione di cui all’art. 36 cit.

 

E' vietato scomporre l'abuso edilizio in più parti..

Torniamo quindi al divieto di parcellizzazione dell'abuso edilizio.

Nella sentenza si sottolinea infatti che non è dato scomporre l’abuso in più parti, al fine di negarne l’assoggettabilità alla sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni (Cons. Stato n. 5267 del 2021). 

Il Comune resistente ha riferito negli atti difensivi, ma tale circostanza non è stata contestata dall’appellante, che l’opera principale, ossia la sala polivalente, è collegata alle altre opere, tra cui l’edificio casale, trasformato in servizi igienici per la sala, con ampliamento e realizzazione, in muratura e cemento armato, dei due magazzini seminterrati.

A queste strutture sono collegati i servizi igienici tramite gazebo. Da siffatti rilievi consegue la legittimità del diniego di sanatoria, tenuto conto della valutazione complessiva dell’abuso realizzato. 

 

... e la tettoia non è una pertinenza

Quanto alla tettoia a forma di poligono irregolare, secondo l’appellante la stessa non può essere considerata intervento di nuova edificazione, in quanto trattasi di struttura avente natura pertinenziale, non valutabile in termini di superfici e di volume.

Non è così per Palazzo Spada, la cui giurisprudenza è concorde nel ritenere che: “A differenza della nozione civilistica di pertinenza, il manufatto può essere considerato una pertinenza ai fini edilizi quando è funzionale all’edificio principale, non è dotato di autonomo valore di mercato e non incide sul carico urbanistico mediante la creazione di un nuovo volume; pertanto, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, sia realizzato un nuovo volume, ovvero sia realizzata un’opera come, ad esempio, una tettoia che ne comporti l’alterazione della sagoma”(Cons. Stato, sez. VI, n. 904 del 2019). 


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