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Si può fare! L'ingegno e la tecnologia nella società delle leggi

Uno degli aspetti più affascinanti dell'ingegneria è quando viene messa a servizio della società; la risoluzione di problemi che riguardano la collettività a volte necessita di sforzi mentali che, uniti all'ingegno ed alla tecnologia, permettono di affrontare sfide affascinanti.

 Prendo come esempio un singolare intervento di dieci anni fa. Una strada di viabilità primaria presenta una strettoia in corrispondenza di una piccola chiesa votiva del 1600, contenente affreschi di pregio; per motivi orografici non è possibile allargare la sede stradale.
Nel 1989 la Soprintendenza autorizza il trasferimento della celletta (e del relativo vincolo) per circa 50 metri ma, fino al 2001, l'intervento non viene realizzato in quanto la progettazione non dava sufficienti garanzia sull'integrità del bene durante lo spostamento.
Finalmente, un nuovo approccio progettuale e tecnologico ha fatto sì che nel 2004 si potesse effettuare l'intervento.


La decisione è stata per lo spostamento in toto della chiesina, previa rimozione della copertura.

   

Si è proceduto liberando le fondazioni per creare una nuova struttura di appoggio da lasciare sotto l'edificio nella nuova collocazione; successivamente è stata creata una imbragatura metallica per evitare che durante lo spostamento la muratura si danneggiasse. La celletta è stata poi sollevata mediante dei martinetti per permettere l’inserimento di un carrellone metallico assemblato sotto di essa, necessario per far compiere alla struttura i primi 30 metri di spostamento; infine è stata sollevata, ruotata di 180° ed appoggiata nel nuovo sito mediante una speciale autogru.
È chiaro che l'intervento è stato particolare, ma è altrettanto chiaro l'iter: una comunità ha un problema, l'Amministrazione si impegna a risolverlo, l'ingegno e la tecnologia trovano una soluzione ragionevole, si ottengono i dovuti permessi di legge, si risolve il problema.

L'unico aspetto sul quale rimane da discutere è l'abbinamento delle parole "soluzione" e "ragionevole".
Al di là delle necessarie valutazioni economiche, spesso in questi anni la fattibilità di un intervento viene messa in discussione dalla sua "aderenza" o meno alle normative.
In Italia la normativa tecnica è ancora saldamente impiantata su due norme, una del 1971 ed una del 1974; in quegli anni più del 70% del nostro patrimonio era già stato edificato e già dal 1939 era stata emanata la prima legge sui beni culturali.
Nonostante ciò, la normativa tecnica ad oggi continua ad avere difficoltà sugli edifici esistenti e le modalità di intervento su di essi.
Il primo passo sarebbe decidere quale livello di sicurezza attribuire a queste costruzioni; ormai da alcuni anni viene ritardato l'aggiornamento delle NTC2008 in quanto non c'è chiarezza d'intenti su questo punto.
Definito questo, dovrebbe essere chiarito che, per gli edifici esistenti (soprattutto per i beni storici) non è possibile utilizzare gli stessi concetti che la normativa tecnica adotta per le nuove costruzioni.
I casi come quello citato in apertura, con progettazioni ed esecuzioni inquadrabili solo a grandi linee nelle normative, sono nonostante tutto abbastanza frequenti e, purtroppo (o per fortuna) in queste situazioni le procedure e le verifiche vanno inventate, nella consapevolezza che, probabilmente, ci sarà sempre un qualche numeretto non proprio conforme alle norme autorizzative.
Subentrano qui due figure indispensabili: un progettista lucido, in grado di sostenere la convinzione delle proprie ipotesi, ed un "soggetto autorizzatore" preparato e cosciente delle limitazioni normative.
Nel mezzo c'è l'economista Pareto e la sua "analisi A B C" (datata 1897): dal 20% dei fattori (elementi di importanza primaria) dipende l'80% del risultato, dal 35% dei fattori (elementi di importanza secondaria) dipende il 15% del risultato, dal 45% dei fattori (elementi con scarso impatto sul fenomeno) dipende il 5% del risultato.
Capisco la difficoltà di inserire tali concetti in una legge (in quanto non dobbiamo mai dimenticarci che in Italia la normativa tecnica è legge), ma finchè non ci arriveremo sarà sempre più difficile intervenire perchè pochissimi fabbricati storici esistenti sono riconducibili a formule; o meglio, ognuno si è sorretto per tutti questi anni proprio grazie alle proprie specifiche formule ed esige che anche gli interventi siano calibrati su esse.
La frase "si può fare!" deve dunque uscire da quel 20% di fattori primari, e dalla consapevolezza che non tutto può essere normato.