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Zero emissioni, zero rifiuti, zero consumi:obiettivo triplo zero, ‘farina del sacco’ del laterizio

Zero emissioni, zero rifiuti, zero consumi: obiettivo triplo zero, ‘farina del sacco’ del laterizio

Le parole di Norbert Lantschner, che con il suo carisma si è fatto più volte portavoce di tematiche meritevoli di attenzione e che, non a caso, in passato è stato il volto di una nostra campagna pubblicitaria sulle qualità del laterizio, suonano come una positiva provocazione, uno sprono verso una posizione innovativa che ancora langue nella sua definizione. L’individuazione di un obiettivo a triplo zero in qualche modo definisce una via che sentiamo molto vicina, e non da oggi – questa la reazione d’impulso del Presidente Di Carlantonio.
L’Associazione che rappresento, ANDIL cui aderiscono circa 100 imprese di produzione di laterizi, è infatti impegnata da diversi anni nello studio e nella pratica di determinati valori e principi che si applicano all’edilizia in maniera trasversale ed etica.
Gran parte del merito è nel materiale, grazie alle sue prestazioni universalmente riconosciute, in svariati ambiti, tra cui la durabilità, in cui eccelle. Anche con evidenze alla mano, le ricerche dimostrano che la capacità di questo materiale naturale di resistere al tempo è del tutto eccezionale, mentre è di pochi mesi fa la notizia che il laterizio è stato posizionato dagli architetti europei sul gradino più alto del podio della sostenibilità (indagine European Architectural Barometer).
Per poter raggiungere l’obiettivo triplo zero – zero emissioni, zero rifiuti, zero consumi – è a mio avviso indispensabile aprirsi a una visione d’insieme, mutando tre semplici consuetudini che al momento minano il raggiungimento del risultato:
PRIMO ERRORE: relegare la gestione dell’edificio, in particolare il suo fabbisogno energetico, ad un unico aspetto, l’iperisolamento. Ci stiamo aprendo ad una cultura costruttiva che non è tipica del nostro Paese con soluzioni nate in climi rigidi, non automaticamente adattabili al nostro. Purtroppo, anche la normativa sembra preoccuparsi del solo contenimento dei consumi invernali, ignorando quelli estivi e soprattutto l’effetto in termini di disconfort, che il ricorso ad involucri leggeri, genera nei mesi caldi. Non si può perseguire la sola strada della riduzioni delle trasmittanze dell’involucro, occorre una visione d’insieme se si vuole ottenere il reale contenimento dei consumi, a tutto tondo, tutto l’anno.
SECONDO ERRORE: ridurre la valutazione dell’impatto ambientale alla fase produttiva e di messa in opera, trascurando di fatto l’effettiva capacità dell’edificio di durare nel tempo. L’usa e getta non ci appartiene almeno per quanto riguarda la casa, ma se ci apriamo a queste nuove tendenze, ci troveremo nostro malgrado, a rifare la casa ogni 15 anni come già accade negli USA. Ma per gli italiani la casa è il patrimonio familiare, il ‘tesoretto’ che dà stabilità economica e che va tramandata ai figli. Deve quindi durare tanto e mantenere valore nel tempo, senza che si rendano necessari importanti interventi di manutenzione anche per cicli di 100 anni.
TERZO ERRORE: concentrarsi su un solo aspetto della progettazione, ad esempio l’efficienza energetica, sottovalutando o dando per scontato gli altri: affidabilità strutturale, sostenibilità, qualità dell’aria indoor, salubrità e sicurezza. Non dimentichiamoci che la casa deve stare in piedi e resistere ai terremoti, alle alluvioni e ad altri dissesti naturali, da cui l’Italia, purtroppo, è spesso colpita! Oggi sembra che l’aspetto energetico prevalga su tutto, ma non può essere così. In più, molto spesso si predilige la velocità alla sicurezza. ‘La fretta è cattiva consigliera’ e così accade che per costruire in tempi rapidi si trascurino dettagli importanti, si tralasciano i controlli e ci si affida a soluzioni costruttive, che non ci appartengono, cui le nostre maestranze hanno scarsa inclinazione. La negativa esperienza della ricostruzione dell’Aquila ne dà chiara evidenza. 
Una visione ‘micro’ delle problematiche da affrontare crea, dunque, una disfunzione non controllabile sugli altri aspetti. Il triplo zero, come correttamente declinato da Lantschner, non può prescindere dalle interazioni tra i vari aspetti, spesso intrinsecamente collegati e soprattutto in un arco temporale vasto. Guardare ai fenomeni nel loro complesso rappresenta, secondo noi, l’unico approccio possibile per affrontare la sfida del triplo zero, oltre che a generare una sensibilità diffusa in tutti gli attori coinvolti (dal produttore al costruttore, dal legislatore al tecnico, dal progettista all’utente finale).
Proviamo, dunque, a proporre tre macro linee guida per costruire correttamente, perseguendo l’obiettivo del triplo zero e non solo:
1)    Considerare la gestione energetica in senso lato, ponendo attenzione alla posizione geografica, alla condizione climatica ed alle effettive esigenze di raffrescamento in estate e di riscaldamento in inverno, per poi trarre le somme dei consumi e dei costi e sia in fase di costruzione che in fase di utilizzo. Noi lo abbiamo fatto attraverso numerose ricerche e prove sul campo e siamo consci della validità del materiale che proponiamo. 
2   Valutare la sostenibilità della costruzione nell’intero ciclo di vita dell’edifico, affidandosi a materiali capaci di resistere nel tempo, scongiurando cedimenti, e diffidando delle costruzioni usa e getta dalla durata limitatissima di cui dicevamo prima.
 
3)      Pensare alla qualità del costruito a 360 gradi ed intervenire non limitandosi a seguire le impellenze, gli incentivi più vantaggiosi o quanto prescritto dalle normative. L’edificio va concepito, sia in fase di costruzione che di utilizzo, in funzione di tutti gli aspetti che lo compongono, preservando le prestazioni energetiche di cui al primo punto, la sostenibilità di cui al secondo punto, ma anche la sicurezza strutturale, la reazione al fuoco, l’estetica, l’economia e la qualità indoor. Ci sono casi sempre più frequenti di edifici, tra cui scuole, interessati da muffe altamente nocive, o episodi di cattiva posa in opera o scarsa qualità dei materiali impiegati, per non parlare dei crolli strutturali. Non esprimo valutazioni su questo, ma rinnovo il messaggio sulla bontà del laterizio invitando a considerarlo come materiale tra i più affidabili e conosciuto dalle maestranze nelle sue molteplici tipologie. 
Vorrei, infine, soffermarmi su una questione non più procrastinabile. Spesso si parla delle misure che il Governo deve intraprendere attraverso incentivi e misure legislative per rilanciare un settore lacerato, qual è, in questo momento, il mondo delle costruzioni. Naturalmente anche noi auspichiamo che vi siano queste misure e vogliamo fare la nostra parte, vogliamo mettere le nostre competenze, i nostri prodotti, la nostra capacità imprenditoriale al servizio di una reale esigenza del Paese.
Oggi è quanto mai opportuno costruire con criterio, ma anche considerando il patrimonio immobiliare già esistente, è nostro auspicio che l’Italia metta in opera un piano per la riqualificazione delle nostre città, in particolare delle periferie, spesso, degradate. Anche in questo vaso, occorre una visione integrata per rispondere in maniera adeguata alle rinnovate esigenze dei cittadini ed in tale contesto non penso si possa continuare a trascurare – non è così negli altri Paesi europei – la pratica della demolizione e ricostruzione, nel rispetto del consumo zero di suolo, laddove le condizioni ne consiglino il ricorso, rispetto alla più laboriosa e spesso meno efficace operazione di recupero.

In tal modo si darebbe nuova verve alle costruzioni, all’economia e al lavoro, trattandosi di un settore radicato sul territorio con elevato effetto moltiplicatore: ogni euro pubblico investito nell’edilizia genera un immediato effetto leva, stimolando ulteriori investimenti, pubblici e privati, per più di 60 centesimi, con conseguente rilevante incremento dell’occupazione.