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Il pennino e il calamaio sono la fotografia dei pensieri

I pennini sono le fotografie dei pensieri dedicate a una persona, anche a se stessi. Il computer è una scorciatoia bugiarda, perché consente di costruire i pensieri direttamente sul video, partire dalla fine, correggere perfino gli spazi vuoti, che peraltro sono tutti uguali. Non c’è spessore nei sottili tratti curvi e rettilinei e ogni lettera è – comunque – uguale all’altra. Il computer non lascia che una traccia piatta, in cui la sola punteggiatura cerca di sottolineare e mettere in rilievo le rughe del pensiero, le passioni o i tormenti, le indecisioni e le pause di riflessione di chi scrive. Questa frase è l’inevitabile risultato di una serie infinita di correzioni. Non è stata costruita nella sequenza con cui si legge.

La penna lascia comunque un segno: caratteri più grandi, e altri più piccoli o perfetti nella loro illeggibilità, righe che divergono seguendo percorsi in salita e in discesa, come per descrivere lo stato d’animo che con le parole forse si voleva nascondere. Frasi cancellate, ma che rimangono a testimonianza del fluire di pensieri e di parole, e che nel loro ritmarsi dettano il tempo della decisione e della chiarezza di chi scrive. La penna tradisce più del computer e incide la carta come la marea alza e riabbassa le navi nella darsena. La penna è però forse troppo veloce, e la sua corsa finisce per superare i pensieri in velocità. Le parole scritte precedono quelle della testa e del cuore, con il rischio che sia la mano a dettare e non che vi è dietro.

Il pennino e il calamaio sono la fotografia dei pensieri.