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Ingegnere, Architetto, Geometra, Perito, Geologo … che senso hanno ancora queste distinzioni?

il valore delle singole competenze di Ingegnere, Architetto, Geometra, Perito, Geologo

Il primo di aprile, com’è di tradizione, INGENIO ha pubblicato un suo “pesce”, anzi, considerando che si sono superate complessivamente le 300.000 visualizzazioni e le 1000 condivisione su Facebook, le 20.000 letture (con una media di circa 5 minuti) della pagina, possiamo proprio chiamarlo squalo d'aprile.
L’oggetto dello scherzo è stato quello della differenziazione delle competenze: Renzi, secondo l’articolo, si proponeva di eliminare tutte le differenziazioni per arrivare a una unica definizione: il professionista tecnico. Quindi un solo Consiglio Nazionale, un solo ordine per provincia, una sola scuola accademica, una solo scuola superiore …
E se si è suscitato tanto interesse, tante discussioni, per non parlare del coinvolgimento diretto delle massime istituzioni delle nostre categorie, significa che - al di là della burla - il tema sia caldo.

In sostanza … Ingegnere, Architetto, Geometra, Perito, Geologo … che senso hanno ancora queste distinzioni ?

Come riportavo al termine dell’articolo, nella “confessione” del pesce d’aprile, l’idea di affrontare nel pesce questo tema non viene dal nulla, ma da due specifiche esperienze, purtroppo reali.
• La prima, che considero la grande prova generale del governo di annullare queste differenze, sta nella certificazione energetica degli edifici (un vero e proprio pesce d’aprile dei nostri governi). Una certificazione che può essere di fatto rilasciata da qualsiasi esponente di una delle categorie tecniche. Perito elettrico o perito agrario, ingegnere civile o termotecnico, architetto o design, e come si direbbe a Bologna idraulico o fontaniere … non importa. In fondo, come recita l’articolo “gli avvocati son tutti avvocati”.
• La seconda, che rispecchia la poca stima che il governo degna alla nostra professione, è lo spot con cui si invitano i cittadini a fare da soli, in tema di ristrutturazione.
Quindi non solo non interessa se siamo diversi … ma non interessiamo proprio.

Il nostro articolo lancia quindi un sasso, e burlando denuncia forse un problema vero: quanto è percepito dal governo, dalle istituzioni, dal cittadino l’importanza del nostro ruolo ?
Ma se questa importanza non è percepita, delle ragioni devono esserci. E forse è necessario che siano proprio le professioni a portare delle proposte.

Per esempio sul fronte dell’organizzazione del lavoro. In Italia ci sono i professionisti che operano esercitando la libera professione (un numero sterminato, rispetto agli altri Paesi), quelli che operano all’interno delle STP (un numero esiguo, quasi inesistente), quelli che operano all’interno delle cosiddette società di ingegneria, quelli che lavorano direttamente nelle imprese e industrie, spesso facendo le stesse cose dei LP, e infine quelli che operano nella PA. Una suddivisione che da origine a una marea di contenziosi politici e istituzionali: i professionisti non possono concorrere a certi appalti pubblici, le società di ingegneria a certi appalti privati, alcune regioni provano a eliminare dagli appalti pubblici i professionisti esterni …

Oltre a questa suddivisione ve ne è un’altra che genera un’eterna diatriba: la differenza tra professionisti diplomati, professionisti con laurea breve, professionisti con laurea magistrale. Anche in questo caso ne nasce un enorme contenzioso che spesso costringe il nostro mondo a risolverlo non attraverso un grande disegno che tenga conto delle diverse competenze ma lasciando il compito ai giudici. Si veda per esempio la querelle sulla progettazione e direzione lavori delle strutture in calcestruzzo, e su chi la possa effettuare. Confusioni che spesso sono alimentate da scelte poco chiare e trasparenti, e che potrebbero essere eliminate se le norme fossero semplici da capire e applicare e fossero ispirate da principi generali, con poche eccezioni.

E poi c’è la confusione tra diverse specializzazioni. Parliamo tutti di ingegneri e ingegneria, dimenticandoci che si tratta un una categoria che a sua volta deve essere ulteriormente suddivisa: ingegneri civili, edili, chimici, elettrici, elettronici, informatici, idraulici, biomedici, marittimi, meccanici, gestionali, biomeccanici, energetici, … Una grande suddivisione in cui gli ingegneri civili sono molto più vicini a un architetto che a un ingegnere informatico, il quale è molto più vicino a un informatico che a un idraulico (ingegnere idraulico). E questa grande suddivisione delle specializzazioni, e assonanza con altre “categorie” di professionisti sta portando alle prime conseguenze. A Milano, come a Bologna, come a Napoli, hanno unito le scuole di architettura e ingegneria civile. Attenzione, per i non addetti ai lavori, le scuole sono le cosiddette facoltà. Questo significa che già a livello accademico è iniziato un processo inesorabile in cui la distinzione tra ingegneri civili, o edili, e architetti sarà sempre più piccola. Ma anche sul fronte diplomati la materia è quanto mai viva. Si pensi a due figure storiche del nostro mondo professionale: i geometri e i periti edili. Che differenza c’è tra le due categorie ? ha un reale senso che siano distinte in due corsi di studio diversi, due ordini diversi, due consigli nazionali diversi ?

La nascita della rete delle professioni è un passaggio chiave, ma ora occorre che dia la precedenza a questo tema: quale futuro della professione dobbiamo costruire. Il Presidente Zambrano, com’è sua abitudine è stato trasparente nell’intervista che pubblichiamo anche su INGENIO: la RTP oggi si sta occupando soprattutto delle urgenze ed emergenze (VIDEO : www.youtube.com/watch. Ma questo tema è di una straordinaria emergenza.
Altrimenti il rischio è che si continui a decidere solo attraverso carte bollate, TAR, Consigli di Stato … è mai possibile che sia un giudice a dover decidere se la competenza sulla progettazione in zona sismica compete un geometra, un ingegnere triennale o magistrale ?

Come ha commentato l’amico Giovanni Cardinale, consigliere del CNI, "Arlecchino si confessò burlando”. Si è vero, il pesce era uno stimolo, non una burla.
Uno stimolo perché ritengo che la forte specializzazione delle nostre professioni sia una grande risorsa per il Paese, e che tutto non possa essere affrontato da tutti,  e che in ogni attività in cui vi sia un aspetto tecnico coinvolto vi debba essere l’obbligo del coinvolgimento di un professionista.

Ritengo che il geologo e il geotecnico svolgano due ruoli preaziosi e diversi e che sia ora di finirla con i litigi fra queste due preziose figure e si valorizzino invece le differenze per arrivare a un sistema che comprenda che non può fare a meno di entrambe quando si definisce un piano regolatore, quando si costruisce un edificio, quando si valuta un territorio. Ritengo che il geometra e l’ingegnere possano nel futuro esercitare due ruoli ben distinti e utili non solo per le costruzioni, ma anche per il cittadino, e anche in questo caso si debba finirla di affidare ai giudici le querelle tecniche e sedersi a un tavolo per disegnare un chiaro quadro delle competenze. Credo che ci sia bisogno sia di informatici che di ingegneri informatici, ma che in un mondo in cui la gestione dei dati è diventata il bene più importante (e ambito) si debba finalmente riconoscere che ogni banca dati debba avere la firma di un progettista abilitato come accade per le case. Credo che la figura di ingegnere triennale sia una risorsa incredibile per l’industria, perché l’industria cresce solo se ha contenuti e innovazione, e un triennale è una risorsa di incredibile valore per la “cosiddetta catena del know how industriale”. Certo è che se a livello normativo si continua a pensare che un triennale sia destinato alla libera professione come un magistrale, continueremo a generare confusione sulle competenze, a far crescere in modo incredibile l’esercito delle partite iva, a non creare valore.

Credo quindi che se vogliamo dare un futuro a queste singole parole Ingegnere, Architetto, Geometra, Perito, Geologo, non lo si possa fare chiudendosi a riccio e difendendosi in trincea, ma ci si debba sedere a un tavolo comune, liberi da preconcetti, per definire un vero “progetto” che abbia alla base la valorizzazione delle competenze.

Con INGENIO continueremo a stimolare questo dibattito, a punzecchiare i nostri rappresentanti, a raccogliere pareri, esperienze e considerazioni.

Andrea Dari


PS: chissà se Matteo Renzi ha letto il nostro articolo :-)