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SMART CITIES e nuovi modelli di welfare

Progettare e realizzare spazi intelligenti per le diverse esigenze dei bambini e dei genitori
 

In una recente analisi dell’istituto Nomisma relativamente agli strumenti di finanza sociale a supporto dell’economia locale si è definito il contesto italiano nel quale si stimano in circa 18 miliardi di euro i tagli che le Amministrazioni comunali hanno dovuto sopportare tra il 2010 ed il 2014, a cui si dovranno sommare le sanzioni per lo sforamento del Patto di stabilità, il provvedimento di riduzione di spesa corrente stabilito per le Città Metropolitane nella Legge di stabilità 2015, il fondo IMU-TASI, ecc.

È acclarata ormai la complessità della situazione, tale da minare la tenuta stessa del fragile equilibrio che ha visto, negli ultimi anni, gli Enti Locali rivestire il ruolo di argine all’avanzata di una recessione, che ha colpito, e duramente, le parti più deboli ed esposte delle comunità.

Sempre all’interno del documento di Nomisma si mette in risalto come, attraverso l’applicazione del principio della sussidiarietà, si è assistito ad una crescente delega verso i Comuni delle competenze a livello locale. Comuni chiamati ad attuare politiche attive in ambiti complessi, superando ampiamente il confine meramente ‘amministrativo-regolatorio’ a cui i sindaci erano chiamati sino a qualche anno prima. Basti pensare che gli Enti locali sono, ad oggi, i principali finanziatori degli interventi di ambito sociale, contribuendo con risorse proprie per circa i 2/3 della spesa.

Il modello del welfare state, per come lo abbiamo conosciuto, è entrato in crisi anche per una serie di fattori esterni, come quelli legati alla globalizzazione, alla cessione di sovranità nazionale a favore degli organismi politici ed economici sovranazionali, ed al rallentamento dell’economia mondiale. Questi fattori “macro” hanno aggravato gli effetti di problemi già esistenti all’interno dei diversi paesi, quali le difficoltà ad alimentare finanziariamente una politica di welfare in un contesto di minor produttività, l’aumento del debito pubblico, l’invecchiamento della popolazione, la modificazione del sistema occupazionale, le nuove e repentine povertà e patologie sociali, le esigenze di benessere sempre più complesse e differenziate, la maggiore fragilità dei legami familiari.

Il quadro descritto è ancor più problematico se il focus si concentra sulla situazione delle mamme nel nostro paese. L'Istat, nel Rapporto del 2014, rileva una crescita della quota di donne occupate in gravidanza che non lavora più a due anni di distanza dal parto (22,3 per cento nel 2012 dal 18,4 nel 2005), soprattutto nel Mezzogiorno dove arriva al 29,8 per cento. Aumenta anche la percentuale di donne occupate con figli piccoli che lamentano le difficoltà di conciliazione (dal 38,6 per cento al 42,7 per cento).

"La quantità di ore di lavoro, la presenza di turni o di orari disagiati (pomeridiano o serale o nel fine settimana) e la rigidità dell'orario sono indicati da più di un terzo delle occupate come gli ostacoli prevalenti alla conciliazione", si legge nel Rapporto Istat. Per accedere o fermarsi nel mondo del lavoro, dunque, "la disponibilità di persone o servizi cui affidare i bambini è un requisito imprescindibile". Le lavoratrici - rileva l'Istat - con figli di circa 2 anni si avvalgono principalmente dell'aiuto dei nonni (poco più della metà nel 2005 e nel 2012) o ricorrono al nido, pubblico o privato, con un deciso incremento rispetto al 2005 (35,2 per cento, contro il 27,4 per cento).

Può, a questo proposito, un nuovo modello di città, magari più smart, prefigurare scenari di innovazione capaci di modulare servizi diversi, sostenibili e più efficaci?

Se assumiamo come valida la definizione di innovazione, come “nuove idee/soluzioni che migliorano le organizzazioni, i prodotti o i servizi”, e accettiamo il presupposto in base al quale anche per i temi urbani e sociali, l’influenza della tecnologia può permette di innovare con una velocità crescente, allora tutto ciò è fattore competitivo.

Integrare in modo efficace, il nuovo spazio digitale della città solidale con strumenti e soluzioni in grado di abilitare fattivamente quel civic empowerment è la reale scommessa della città intelligente: quella dove la misura della “smartness” è data da una diversa percezione della qualità del futuro, a cui gli stessi abitanti hanno contribuito con il loro agire quotidiano.

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