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Legge Obiettivo 2001: aggiudicati solo la metà dei lavori sulle opere strategiche

Lo mette in evidenza l'analisi del Centro Studi mette in evidenza presentata a Mester in occasione dell'evento "Verso Venezia 2015". Conclusi solo 117 interventi, il 7,7% di quanto messo a gara. Generate varianti per 3,1 miliardi di euro, per una spesa complessiva di 6,5 miliardi.

Lo mette in evidenza l'analisi del Centro Studi presentata a Mester in occasione dell'evento "Verso Venezia 2015". Conclusi solo 117 interventi, il 7,7% di quanto messo a gara. Generate varianti per 3,1 miliardi di euro, per una spesa complessiva di 6,5 miliardi.

L’analisi dettagliata condotta dal centro Studi CNI sul programma di opere strategiche inserite nella Legge Obiettivo del 2001 e sui successivi aggiornamenti, porta a risultati scoraggianti. Dei 735 interventi programmati (in gran parte si tratta di una molteplicità di lotti in cui si articola ogni singola grande opera), ne risultano aggiudicati solo 378. In termini economici parliamo di 44,8 miliardi di euro rispetto ai 150 miliardi previsti: meno di un terzo! Come se non bastasse, molte opere aggiudicate non sono state avviate o hanno accumulato ritardi. Risultano conclusi solo 117 interventi per 3,4 miliardi: appena il 7,7% di quanto messo fino ad oggi a gara. Tale ammontare ha poi generato varianti per 3,1 miliardi di euro, per una spesa complessiva di quasi 6,5 miliardi e, dunque, con il raddoppio degli importi messi a gara. Per non parlare, poi, dei ritardi. Sui 735 interventi censiti dal Centro Studi CNI ben 94 risultano in ritardo.

Il documento del Centro Studi CNI mostra come gli stessi meccanismi di assegnazione degli appalti abbiano compromesso l’efficacia del programma delle infrastrutture strategiche. Molte criticità sono riconducibili alla tipologia di appalto con cui l’opera viene affidata e realizzata. Quella che avrebbe dovuto essere una forma di appalto utilizzabile quasi in via eccezionale - l’appalto integrato e quella con il contraente generale - è diventata la regola. Ma proprio queste due forme di appalto hanno generato un incremento smodato dei costi in corso d’opera. Nel caso di opere concluse con appalto integrato, l’incidenza del costo delle varianti sull’importo di aggiudicazione è stato del 118%, a fronte di una media generale, tra le opere concluse, già elevata, pari al 106%. L’appalto integrato si è rivelato spesso molto inefficiente, in molti casi ha portato al raddoppio dei costi preventivati in misura nettamente superiore a ciò che accade nel caso delle opere realizzate con appalti di sola esecuzione, che oggi, paradossalmente, rappresentano una quota minoritaria degli appalti (nel caso della Legge Obiettivo, rappresentano appena il 13% degli importi aggiudicati a fronte di oltre il 30% delle assegnazioni effettuate con appalto integrato). Il Centro Studi CNI evidenzia inoltre come in paesi quali il Regno Unito, dove il ciclo del settore delle costruzioni non ha registrato contraccolpi gravi come in Italia, l’appalto di sola esecuzione rappresenta oltre il 60% della spesa delle stazioni appaltanti.

I dati evidenziano inoltre che la progettazione definitiva messa a gara tramite appalto integrato genera molti più costi e diseconomie in termini di varianti rispetto a ciò che accade con la progettazione esecutiva. Nel primo caso l’incidenza delle varianti sull’importo di aggiudicazione raggiunge quasi il 120%, mentre nel secondo caso è pari al 111%. Pertanto il ricorso all’appalto integrato dovrebbe essere non solo limitato, ma laddove vi si faccia ricorso, è opportuno mettere a gara la progettazione esecutiva, evitando quella definitiva.

Lo studio evidenzia inoltre altri due aspetti che fanno molto riflettere: le opere inserite nella Legge Obiettivo progettate internamente alla Pubblica Amministrazione generano una lievitazione dei costi in termini di varianti, maggiore rispetto ai casi di progettazione esterna. Nel primo caso l’incidenza delle varianti sugli importi assegnati è pari al 105% a fronte del 75% nel caso di progettazione esterna. Alla luce di questi fatti il CNI ribadisce che da un lato è evidentemente necessario attivare un processo di maggiore qualificazione delle Stazioni appaltanti e che dall’altro tuttavia la funzione di programmazione e controllo svolta da queste ultime dovrebbe essere tenuta quanto più possibile distinta dalle attività di progettazione, da affidare a tecnici esterni.

Infine, la dinamica dei ribassi e delle varianti appare sempre più spesso perversa: maggiori ribassi in sede di offerta alimentano incrementi progressivi di costo, vanificando qualunque forma di risparmio e di gestione efficiente dell’opera. Mentre nel caso di offerta economicamente più vantaggiosa l’incidenza delle varianti è stata dell’80% (una percentuale già di per sé elevata), nel caso di massimo ribasso si arriva al 91%. L’offerta economicamente più vantaggiosa, insomma, dovrebbe essere il criterio cardine di valutazione delle offerte.