Data Pubblicazione:

Perché non è opportuno identificare la Riforma Appalti come risolutiva del fenomeno corruttivo

Quando nel 1994 vide la luce la Legge n. 109/94 (c.d. Legge Merloni) i commentatori, più o meno autorevoli, attribuirono quella riforma alla volontà politica del tempo di voltare pagina rispetto ai guasti e alle corruttele emerse nel 1992 con l’inchiesta “Mani Pulite”.

In questi anni la quasi totalità degli autori di articoli, pamphlet, saggi hanno continuato a sostenere quella tesi. Ieri al Senato della Repubblica è stato approvato il DDL 1679 (c.d. DDL Esposito) e chiunque in questi mesi di dibattito sui social, a cui anche io immeritatamente ho preso parte, sia sui titoli dei giornali online e oggi su quelli stampati campeggiano titoli e commenti che fanno esplicitamente riferimento al ruolo di freno alla corruzione che questa norma avrà, per il solo fatto di esistere.

Questo atteggiamento ha portato ad una serie di grandi fraintendimenti e ad una percezione di norma punitiva nei confronti di ognuno dei soggetti in campo che quindi, invece di aprirsi al cambiamento e all’innovazione di processo ha finito per chiudersi in un atteggiamento di autodifesa.

Nessuno ha mai detto in passato e neanche in questi giorni, di festa di liberazione dalla corruzione, che sia la Legge Merloni che l’attuale Legge Delega (ancora tutta da scrivere nei contenuti) “ce l’ha chiesta l’Europa”.

È proprio così tutto il percorso normativo che dal 1992 con le Direttive Comunitarie 92/50/CEE e 93/37/CEE alla base della Legge 109/94 e poi le Direttive Comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE che hanno portato all’aggiornamento del 2006 con il D.Lgs 163/206 (c.d. Codice dei Contratti) e ora in ultimo il recepimento attraverso lo strumento della Legge Delega delle Direttive 2015/23/CE, 2015/24/CE e 2015/25/CE. Come è del tutto evidente anche ad un lettore poco accorto o poco addentro ad una materia così complessa il processo di riforma del settore degli appalti di lavori, servizi e fornitura non ha nessuna relazione con la volontà politica di ridurre gli effetti distorcenti della Corruzione, ma semplicemente parte dalla necessità di armonizzare il quadro legislativo nazionale con quello europeo.

La scelta del Governo Renzi di passare da una autorità di monitoraggio del settore delle costruzioni, quale era la AVCP ad una autorità ispettiva e di controllo quale è l’ANAC diretta dal Dott. Cantone indica che il Governo ha voluto mettere le basi per una politica repressiva dei fenomeni distorsivi che nel settore sembrano essere endemici. È del tutto evidente che la nuova norma non potrà essere fondata sulla repressione o su atteggiamenti punitivi nei confronti di uno qualsiasi dei soggetti, ma che anzi dovrà anche perché “ce lo chiede l’Europa” aprire la possibilità di utilizzare nel nostro Paese le forme innovative di Collaborative Procurement.

Uno degli elementi cardine della Direttiva Europea è quello della spinta verso un approccio sistemico al settore delle costruzioni e delle Infrastrutture attraverso sistemi di qualificazione del progetto, dei sistemi di scelta degli esecutori e della gestione del ciclo di vita del patrimonio costruito, spingendo verso scelte normative che favoriscano la Transizione Digitale del Settore “For public works contracts and design contests, Member States may require the use of specific electronic tools, such as of building information electronic modelling tools or similar.” Le traduzioni in lingua non hanno agevolato la piena comprensione di questo aspetto della Direttiva.

Il dividendo politico di questa norma sarà da cercare nella ottimizzazione della spesa pubblica rivolta al settore della infrastrutturazione del Paese, non solo da un punto di vista fisico, ma anche e soprattutto da un punto di vista immateriale della gestione dei processi. Sarà da cercare un collegamento sinergico con gli altri aspetti del processo riformatore messo in atto dal Governo Renzi in modo particolare con la riforma della Pubblica Amministrazione e della riduzione delle Stazioni Appaltanti. Sarebbe un errore imperdonabile non cogliere le potenzialità che in questo momento possano essere messe in campo, anche aprendo un confronto con quanto sta accadendo di innovativo nelle politiche di digitalizzazione del settore negli altri Paesi europei ed extraeuropei.

C’è da augurarsi che soggetti terzi, intervengano con commenti puntali sull’attuale DDL approvato al Senato per proporre delle correzioni di rotta che possano trovare spazio nel dibattito alla Camera dei Deputati, in modo da rendere maggiormente competitive la nuova norma e che soprattutto ci sia la disponibilità di accogliere nel dibattito gli spunti che possono essere offerti da soggetti terzi rispetto agli attori in scena, in previsione dei decreti applicativi.