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Interazione strutture e facciate nella progettazione dei gusci complessi del Padiglione Vanke

Lo studio e la progettazione ingegneristica del padiglione di Vanke, realizzato per Milano Expo 2015

Introduzione
Lo studio e la progettazione ingegneristica del padiglione di Vanke, realizzato per Milano Expo 2015, è stato effettuato dalla società di consulenza ingegneristica Ramboll.
Con un area di 1000 mq il padiglione di Vanke è posizionato a nord dell’asse principale dell’area di Expo, vicino alla zona di Lago Arena e Piazza Italia. Il Vanke Pavilion è stato il primo edificio a essere terminato all’interno dell’area di Expo.
Il padiglione di Vanke è stato concepito e progettato dallo studio di architettura “Studio Daniel Libeskind” per la società cinese di real estate Vanke, vero colosso nel settore.
Il team Inglese e Italiano di Ramboll hanno collaborato e lavorato insieme per poter progettare al meglio questa ambiziosa e complessa struttura.
Una delle principali sfide affrontate dal team di Computational Design di Ramboll (RCD) è stato quello di riuscire a realizzare una soluzione strutturale che potesse semplificare al meglio il processo di costruzione, senza compromettere e modificare la forma complessa e unica che caratterizza il progetto.
I due elementi connotanti la costruzione: la forma torta concava e convessa e la facciata composta da centinaia di piastrelle ceramiche, potevano rappresentare un fattore rischio per la buona riuscita del progetto. In termini di costo e durata di realizzazione una soluzione non pensata adeguatamente poteva essere qualcosa di altamente controproducente per la costruzione del padiglione.
Con il fine di razionalizzare la costruzione di una struttura a telaio in acciaio del genere, il team ha utilizzato e sviluppato un approccio progettuale che potesse sfruttare gli strumenti di modellazione parametrica, utilizzando tecniche di coding, integrando codici di programmazione scritti appositamente per risolvere tematiche ingegneristiche legate all’edificio, per riuscire a trasporre nel digitale il progetto e analizzare strutturalmente il padiglione.
Prendendo ispirazione dalle tecniche di costruzione navale, il team di esperti ingegneri del RCD ha identificato 25 forme uniche di telai strutturali, necessari alla costruzione dell’edificio. Questo ha permesso di poter analizzare la struttura nel migliore dei modi, applicando una concezione razionale della progettazione a una forma completamente irregolare, riuscendo ad ottenere dei risultati affidabili e veritieri sul comportamento della struttura stessa.
Una volta risolta la complessità strutturale del progetto, la sfida successiva è stata quella di riuscire a ottenere la pannellizzazione della geometria della facciata del padiglione. Per coprire adeguatamente la superficie di facciata sarebbe stato necessario utilizzare centinaia di piastrelle di forme e dimensioni differenti, realizzando così un lavoro su misura sostanziale e complesso da gestire. In risposta a questa situazione il team di programmatori di RCD ha analizzato la superficie di facciata utilizzando un unico programma che potesse razionalizzare al meglio la superficie.
Il pattern complesso delle piastrelle della facciata è stato ottimizzato per poter raggiungere il 95% di uniformità della forma delle piastrelle da applicare alla geometria, in questo modo si è riusciti a utilizzare un’unica dimensione per le piastrelle ceramiche che potesse coprire completamente la forma del padiglione. I primi studi sono stati affrontati dal team inglese, successivamente il perfezionamento del codice di programmazione necessario alla pannellizzazione e tutti i dettagli tecnologici sono stati sviluppati dal gruppo di ingegneri del team italiano di Ramboll.
Il progetto ha evidenziato la posizione di rilievo di Ramboll nell’utilizzo di strumenti digitali e tecniche per la costruzione di progetti di questa portata. La combinazione di ricerca, geometria, architettura, ingegneria e conoscenze matematiche approfondite, mostrate dal team di ingegneri coinvolti nella progettazione, sottolinea la capacità della società di affrontare la progettazione di strutture di forma complessa attraverso un approccio ingegneristico innovativo.

Concept
La realizzazione del padiglione di Vanke ha rappresentato una sfida notevole sotto l’aspetto ingegneristico: riuscire a conciliare diverse discipline e rispondere adeguatamente alle esigenze del committente e dello studio di architettura, rispettando tutti in vincoli e gli input forniti per la progettazione di una forma irregolare, ottenendo un ingegnerizzazione che consentisse di ottimizzare il rapporto struttura-facciata, ha portato il team di ingegneri ad utilizzare un nuovo approccio per la progettazione di gusci a forma complessa.
La progettazione ingegneristica dell’edificio è stata guidata dalle richieste imposte dalla committenza e si è giunti ad ottenere una struttura che funzionasse correttamente in relazione ai vincoli architettonici richiesti, legati sia a tematiche strutturali che ad aspetti riguardanti la realizzazione della facciata. L’input principale dell’intera progettazione era quello di riuscire a realizzare un padiglione che fosse completamente smontabile e ricostruibile in un altro sito, data la volontà della committenza di voler trasportare in Cina a termine del periodo dell’Expo l’intera costruzione e ricostruirla vicina alla propria sede.
Per quanto riguarda la struttura la sfida più grande è stata quella di riuscire a progettare un sistema di telai che non presentasse colonne intermedie e permettesse di avere lo spazio interno espositivo completamente libero. Questo aspetto risultava fondamentale per lo Studio Libeskind: avere completa libertà e autonomia per la realizzazione dell’istallazione interna. Punto di partenza iniziale nella progettazione strutturale è stato quello di optare per delle soluzioni che potessero supportare grandi luci rispettando fedelmente la forma.
Per quanto riguarda la facciata, invece, il vincolo imposto era quello di riuscire ad utilizzare un solo formato per le piastrelle, definito in accordo con l’architetto, per coprire l’intera superficie. Il sistema di facciata doveva essere facilmente montabile e smontabile dal momento che il rivestimento, a termine del periodo di Expo, avrebbe potuto essere riutilizzato in altro ambito. I primi passi nella progettazione della facciata sono stati fatti per comprendere la fattibilità di tale soluzione. Si è deciso di affrontare il problema sotto il punto di vista matematico-geometrico: trovare la procedura migliore di discretizzazione della superficie di facciata e capire quale formato, tra quelli indicati dallo studio di architettura, fosse il più idoneo da utilizzare.
Passo successivo è stato quello di studiare un sistema di facciata che potesse assecondare tutte le porzioni concave e convesse della geometria, che riuscisse ad assorbire tutti gli angoli necessari ad evitare l’intersezione tra le piastrelle e che fosse il più possibile razionale per una costruzione e montaggio veloce del sistema

Struttura
Il processo che ha portato alla soluzione finale è stato scandito da diversi step: tipologie strutturali differenti sono state analizzate andando a valutare i pro e contro per ciascuna casistica.
Le prime analisi fatte erano focalizzate sulla ricerca della migliore posizione di eventuali supporti verticali che potessero rispondere ai carichi in maniera corretta. Diverse configurazioni sono state analizzate, giungendo alla conclusione che, per tale tipologia di struttura, quella migliore potesse essere un sistema strutturale che sfruttasse il nucleo centrale del vano ascensore; in questo modo non era necessaria la presenza di nessuna ulteriore colonna interna.
Il concetto analizzato era quello di avere un core centrale che fosse in grado di supportare le piastre dei solai, strutture irrigidite da travi nervate o reticolari le quali avevano la funzione di ridurre la deflessione.
La configurazione ottimale di questa soluzione è risultata essere quella con la disposizione di travi di solaio posizionate radialmente: centro era il nucleo dell’ascensore con la presenza di travi che radialmente arrivavano fino a bordo solaio.
Un struttura del genere permetteva di ridurre notevolmente la dipendenza della facciata con la struttura principale portante del padiglione. Se da un lato questa cosa poteva avere dei vantaggi, svincolando le due componenti, dall’altro lato, laddove la superficie della facciata fosse stata particolarmente complessa, una seconda struttura significativa che potesse reggersi da sola e supportare il sistema di chiusura e rivestimento doveva essere progettata.

Figura 1: Schemi di studio della soluzione strutturale con il core centrale portante

Figura 2: Disposizione ottimale delle travi di solaio per configurazione strutturale con il core portante

Questa soluzione non sembrava essere la strada migliore da percorrere per progettare la struttura del padiglione, per questo motivo altre due alternative sono state studiate in parallelo: l’utilizzo di uno spaceframe basato su due livelli differenti e una struttura costituita da “ribs” strutturali (centine).
La prima soluzione era quella di utilizzare uno spaceframe che potesse supportare contemporaneamente in modo adeguato sia la struttura principale che la facciata; il concetto era quello di creare uno telaio tridimensionale che si sviluppasse secondo una maglia triangolare in tutte e tre le direzioni cartesiane.
Inizialmente si è andati a definire il primo livello del telaio tridimensionale.
Il metodo per ottenere la geometria più semplice della struttura è quello di considerare la forma originale della superficie di facciata e generare una semplice triangolazione, in questo modo si riesce a ottenere una buona discretizzazione, ma non un controllo preciso della triangolazione. Una seconda via è quella di utilizzare un algoritmo di rilassamento, scritto appositamente, che consente di posizionare i nodi sulla superficie: l’algoritmo funziona in modo tale da rilassare una maglia triangolare sulla superficie originale e, attraverso l’utilizzo di forze interne, posizionare i nodi della struttura così da creare una buona distribuzione dei triangoli, il più regolare possibile a prescindere dalla geometria di base.
Trovato il primo livello la struttura doveva essere raddoppiata in un secondo livello per poter contrastare la flessione e la deformazione cui era sottoposta: la profondità della struttura era stata definita in relazione al momento agente sul primo livello: si veniva a creare un offset variabile a seconda dalla sollecitazione agente.
Diverse configurazioni geometriche sono state analizzate per poter creare lo spaceframe, un offset costante della struttura poteva essere considerato se il carico dei solai veniva supportato da colonne verticali, oppure una configurazione a singolo layer capace di sorreggere la sola facciata poteva essere utilizzata qualora fosse stato aggiunto un sistema strutturale parallelo a quello dello spaceframe.

Figura 3: Schemi di studio della soluzione strutturale spaceframe


Figura 4: Processo di semplice triangolazione della superficie: a seconda di quale curva iniziale viene scelta si ottiene una discretizzazione differente, corretta ma poco controllabile.


Figura 5: Processo di triangolazione attraverso l’algoritmo di rilassamento: l’utilizzo dell’algoritmo permette di ottenere una maglia triangolare più regolare, maggiormente gestibile e controllabile.


Figura 6: Generazione del secondo livello dello spaceframe: una volta individuato il primo livello, attraverso un offset della struttura primaria viene generato il secondo livello. La profondità di quest’ultimo è determinata a seconda del momento agente sul primo livello per rispondere a meglio alle sollecitazioni, maggiore laddove la sollecitazione è elevata.


Figura 7: Tipologie di spaceframe: diverse configurazioni sono state analizzate e studiate per poter creare i due livelli dello spaceframe.

Figura 8: Spaceframe: Differenti configurazioni interne dello spaceframe a seconda della tipologia di telaio utilizzata.
 

NELL'ARTICOLO COMPLETO:

  • La seconda tipologia, studiata in parallelo a quella appena descritta, che consisteva nella creazione di “ribs strutturali” e il concept della facciata;
  • Le analisi di calcolo nel dettaglio e gli studi tecnologici per realizzare le soluzioni pensate;
  • Il cantiere.

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