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Il lavoro dell’ingegnere richiede uno sforzo faticoso e silenzioso

Un editoriale dedicato alla figura di Piero Pozzati

"il lavoro dell’ingegnere richiede uno sforzo faticoso e silenzioso"
in memoria di Piero Pozzati


Nei giorni scorsi sul nostro portale abbiamo comunicato con grande dolore la notizia che è mancato il Prof. Piero Pozzati, il professore, come lo chiamavano a Bologna, professore emerito di Tecnica delle Costruzioni, pilastro dell'ingegneria italiana e Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici  per il biennio 1992 – ’94.

Dopo Fabrizio de Miranda (scomparso all’inizio del 2015) perdiamo un altro pezzo di storia della nostra ingegneria, che nello scorso secolo ha rappresentato il riferimento mondiale, e non solo nelle costruzioni.

pozzati-foto.jpgIl Prof. Piero Pozzati ha rappresentato per la Tecnica delle Costruzioni molto di più che un tecnico illuminato: innanzitutto è a lui, Elio Giangreco e Franco Levi, che dobbiamo la nascita del corso di Tecnica delle Costruzioni, la radice di ogni ingegnere che si occupi di strutture in Italia. Ma non voglio io ad aggiungere altro: per conoscere qualche informazione sulla sua storia pubblichiamo su INGENIO le motivazioni che l'ing. Marcello Mauro scrisse quando nel 2009 gli fu assegnata la Medaglia di Socio Onorario dell’Associazione AICAP.

In questa mia breve nota invece vorrei ricordare qualcosa di Lui legato ai miei ricordi, ma si occupava dell’argomento “uomo”.

Io sono ingegnere chimico, specializzato sui materiali da costruzione, e non ho avuto la fortuna di conoscerlo come docente. Nel 1999, quando mi fu affidata la direzione pro-tempore di ATECAP, come prima iniziativa volli organizzare un convegno dedicato alla progettazione del cemento armato. Chiamai il Prof. Pozzati per chiedergli di poter partecipare. Lui mi chiese un incontro, per capire quale fosse l’obiettivo dell’incontro, e quindi valutare la sua partecipazione. Lo incontrai un pomeriggio a casa sua, e parlammo sia del programma che degli obiettivi che avremmo voluto perseguire, e dopo una settimana di riflessione, mi rispose in modo positivo. Dopo pochi giorni mi inviò il testo del suo intervento.

Questa sua attenzione, il voler valutare a fondo se partecipare o meno a un evento, il preparare con largo anticipo il testo ovviamente furono cose inusuali che mi colpirono molto. Il giorno del convegno la sala Italia del palazzo dei congressi di Bologna era gremita. In prima fila, senza che ci fossero stati degli inviti particolari, mi ritrovai tutti i più importanti professori di tecnica delle costruzioni, tra cui i compianti Chiarugi e Ceccoli. L'ing. Baratono, oggi provveditore delle OOPP anche di quella città, si liberò apposta per essere presente.

Al termine delle relazioni tecniche il Prof. Pozzati si alzò in piedi, tenne il suo discorso, riprendendo quanto mi aveva anticipato, per poi concludere a braccio. Un dito puntato verso il pubblico, quella sua voce profonda in un silenzio assoluto, quel suo sguardo assolutamente intenso, gli occhi lucidi di ognuno dei presenti ad ascoltarlo, e al centro delle sue parole l’uomo ingegnere, il suo ruolo, la sua responsabilità: “il lavoro dell’ingegnere richiede uno sforzo faticoso e silenzioso”, queste le parole che ricorderò per tutta la vita. Vi sono persone che hanno la capacità di cambiare il destino di molti con un solo incontro. Pozzati aveva questo carisma, e io non potrò mai dimenticarlo.

Finito l’evento chiesi a Chiarugi come mai Pozzati fosse così amato e apprezzato e lui mi rispose: “quando abbiamo un problema complesso che ci ha tolto il sonno e per il quale non riusciamo a trovare soluzione siamo sempre andati da Piero. Lui prendeva un foglio, una matita, e cominciava a ragionare sulla soluzione. Dopo qualche giorno ci chiamava per spiegarcela."

Andrea Dari
PS: Su Ingenio la sua ultima lezione, ancora oggi attualissima