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Miglioramento sismico di viadotti a travata semplicemente appoggiata mediante isolamento sismico

Il lavoro di ricerca indaga l’efficacia dell’isolamento nel progetto di interventi di miglioramento o adeguamento delle strutture da ponte esistenti, analizzando il comportamento dei viadotti realizzati negli anni ’60 e ’70 con la tipologia strutturale a travi semplicemente appoggiate e pile alte a cassone. In particolare, la ricerca indaga l’efficienza di differenti soluzioni progettuali, applicate ad un modello strutturale di riferimento, comparandone la vulnerabilità sismica espressa da opportune funzioni di fragilità calcolate utilizzando l’analisi dinamica non lineare . L’approccio considerato pone attenzione al comportamento delle specifiche parti che costituiscono il viadotto, considerando in modo esplicito le incertezze connesse alla definizione dell’azione sismica che, nel caso di studio, risultano dominante rispetto alle altre incertezze.

A cura di ANIDIS www.anidis.it 

Il lavoro indaga le possibilità offerte dalle strategie di isolamento sismico per il miglioramento e/o l’adeguamento sismico dei viadotti a travate esistenti. In particolare, è indagata l’affidabilità di tali costruzioni nello stato di fatto ed in quello di progetto al variare dei parametri di progetto dell’isolamento perseguito con l’impiego di dispositivi FPS. L’affidabilità è controllata mediante la costruzione di curve di fragilità, descrittive della probabilità di raggiungere un certo livello di danneggiamento (Stato Limite) per un'intensità sismica assegnata.
A tal proposito, utilizzando la metodologia Multi Stripes, sono state eseguite numerose analisi dinamiche non lineari al passo di un viadotto rappresentativo delle tipologie costruttive degli anni 60' e 80’ in Italia. I risultati ottenuti consentono di indagare l’efficacia delle strategie di isolamento per ridurre il rischio sismico dei ponti a travate semplicemente appoggiate ed analizzare l'influenza di differenti strategie progettuali sulla probabilità di superamento di stati limite prestabiliti.

INTRODUZIONE
A partire dalla fine degli anni ottanta sono stati condotti numerosi studi che analizzano le relazioni tra la dotazione di infrastrutture e sviluppo economico di un territorio, evidenziandone la stretta correlazione. In tale ambito, è interessante riferirsi alla classificazione socio-economica proposta da Hansen (1956) che suddivide le infrastrutture in economiche, comprendenti le reti per il trasporto delle merci, delle persone e dell’energia, in infrastrutture sociali, comprendenti le infrastrutture sanitarie, della cultura, le attività di innovazione, ricerca e sviluppo e le infrastrutture tecnologiche e della comunicazione, ambientali, della giustizia, e in strutture del territorio, comprendenti le strutture di ricettività turistica, del commercio e dell’intermediazione monetaria. Risulta quindi evidente che gli elementi fisici che costituiscono le infrastrutture di trasporto determinano e/o incidono sulla capacità delle stesse di realizzare gli obiettivi per cui sono pensate e realizzate.
Di parti passo, negli ultimi decenni, le spese per la gestione e la manutenzione di tali reti sono cresciute sensibilmente in considerazione della vetustà delle stesse e dell’incremento di domanda cui si è assistito. Il fenomeno è particolarmente evidente in alcuni elementi delle reti di trasporto quali i ponti, i viadotti e le gallerie che, come evidenziato dagli eventi tellurici che hanno colpito l’Italia negli ultimi decenni, hanno mostrato una elevata vulnerabilità anche nei confronti di eventi di media intensità. Le problematiche riscontrate sono essenzialmente dovute al fatto che la rete infrastrutturale italiana è costituita per la stragrande maggioranza da ponti realizzati negli anni 60’ e 70’, strutture concepite in territori riconosciuti sismici generalmente solo successivamente e, quindi, senza criteri di ingegneria sismica. Inoltre, la mancanza di politiche e pratiche di manutenzione ordinarie ha accentuato in alcuni casi il decadimento delle prestazioni strutturali.
La problematica della sicurezza delle strutture da ponte esistenti è stata posta al centro dell’attenzione anche in ambito internazionale a seguito dei danni che si sono verificati nei paesi avanzati, negli anni ’70 ed ’80, alle infrastrutture viarie progettate con criteri anti sismici (Priestley et al. 1996). In tali circostanze è emerso chiaramente che le vecchie filosofie di progetto risultavano inadeguate, infatti esse prevedevano l’utilizzo di tensioni ammissibili basse, che corrispondevano ad azioni sismiche che rappresentavano una frazione limitata degli sforzi sviluppabili in una struttura a comportamento elastico a resistenza illimitata.
Le conseguenze dell’approccio elastico erano la sottostima degli spostamenti sotto carico sismico, inoltre la presenza di azioni inelastiche e dei concetti di duttilità e gerarchia delle resistenze non venivano tenuti in conto.

Si pone ad oggi, quindi, la necessità di politiche di manutenzione che consentano il miglioramento o l’adeguamento delle strutture esistenti tenendo conto dei vincoli economici che non consentono misure generalizzate di sostituzione degli elementi esistenti. In tale ambito, le nuove strategie di protezione sismica, sviluppate negli ultimi decenni, tra cui l’isolamento sismico, consentono di migliorare notevolmente le prestazioni sismiche delle strutture esistenti anche nei riguardi degli eventi di maggiore magnitudo (Buckle e Mayes 1990, Imbsen 2001, Naeim e Kelly 1999, Skinner et al. 1993).

Finalità del lavoro di ricerca

Il lavoro di ricerca indaga l’efficacia dell’isolamento nel progetto di interventi di miglioramento o adeguamento delle strutture da ponte esistenti, analizzando il comportamento dei viadotti realizzati negli anni ’60 e ’70 con la tipologia strutturale a travi semplicemente appoggiate e pile alte a cassone.

In particolare, la ricerca indaga l’efficienza di differenti soluzioni progettuali, applicate ad un modello strutturale di riferimento, comparandone la vulnerabilità sismica espressa da opportune funzioni di fragilità calcolate utilizzando l’analisi dinamica non lineare (Choi et al. 2004, Mander e Basoz 1999, Mackie e Stojadinovic 2004, Shinozuka et al. 2000a). L’approccio considerato pone attenzione al comportamento delle specifiche parti che costituiscono il viadotto, considerando in modo esplicito le incertezze connesse alla definizione dell’azione sismica che, nel caso di studio, risultano dominante rispetto alle altre incertezze.

Memoria tratta dagli Atti del XVI Convegno ANIDIS 2015 "L'Ingegneria sismica in Italia"

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