Data Pubblicazione:

Obiettivo NZEB: gli incentivi non sono sufficienti, occorrono nuovi strumenti

Strumenti per la riqualificazione energetica degli edifici
 
I consumi energetici degli edifici coprono circa il 40% degli impieghi di energia finale. Costituiscono, quindi, una voce importante nel bilancio energetico nazionale e pongono il tema della riqualificazione energetica degli edifici tra le priorità strategiche da sviluppare e affrontare a tutti i livelli. Di fatto il PAEE 2014 (Piano d'Azione Nazionale per l'Efficienza Energetica) già prevedeva per il settore un obiettivo di riduzione al 2020 di 4,9 Mtep/anno, quasi completamente a carico del settore residenziale (3,7 Mtep contro i 1,2 Mtep previsti per quello non residenziale).

Con questi numeri, quindi, ci si aspetta molto sul piano socio-economico. Le tecnologie per la riqualificazione sia dei fabbricati che degli impianti sono disponibili e sono in continuo perfezionamento; i tecnici qualificati anche. Tuttavia c’è ancora molto da fare per migliorare ulteriormente la situazione; in particolare, per rendere l’informazione di buon livello, forse andrebbe perseguita una maggiore collaborazione tra chi si occupa di fabbricati e chi di impianti. In ogni caso, gli ingredienti per alimentare un vivace mercato ci sono tutti o quasi.
 
Il tema è stato preso recentemente in esame dal MiSE con il documento di riferimento “STREPIN” (Strategia per la Riqualificazione Energetica del Parco Immobiliare Nazionale) che ha da poco concluso la fase di inchiesta pubblica (dicembre 2015). In particolare, la STEPIN indica come strumenti messi in campo per favorire il risparmio energetico nell’edilizia i seguenti decreti:
-      D.Lgs. n. 192/05, recentemente aggiornato con il D.L. n. 63/13 per recepire la direttiva EPBD del 2010;
-      D.Lgs. n. 1157/08 e D.Lgs. n. 28/11 sulle energie rinnovabili;
-      D.Lgs. n. 102/14 sull’efficienza energetica.
 
Dal punto di vista degli utenti e dei comparti interessati, si tratta di normative che sostanzialmente impongono dei target anche ambiziosi di efficienza energetica e di diffusione delle energie rinnovabili. Va osservato che il legislatore italiano ha tendenzialmente prediletto queste ultime (qual è il progettista che non ha avuto a che fare con l’Allegato 3 del D.Lgs. 28?) rispetto al contenimento dei consumi energetici. Le ricadute del DM 26.6.15 (attuativo del D.L. 63 sopra citato), che introduce profonde innovazioni nelle modalità di determinazione delle prescrizioni, sia per gli edifici nuovi che per quelli ristrutturati, vanno tuttavia ancora valutate. Va ricordata infine la contabilizzazione del calore, argomento che sta facendo molto discutere, normato dal D.Lgs. 102.
 
In questo contesto è facile osservare che gli strumenti messi in campo sono, in sostanza, delle prescrizioni, quindi strumenti di natura impositiva che i vari attori devono rispettare: alcuni di questi sono stati individuati sulla base di criteri economici, il che farebbe presupporre che prescrizioni e relativi benefici energetici (monetizzati) siano congruenti tra loro. Di fatto lo sono coerentemente alle indicazioni fornite dalla CE le quali, tuttavia, si basano su criteri più simili a quelli utilizzati per gli investimenti per le infrastrutture (esempi: tempi di ritorno di 30 anni, tassi di attualizzazione del 3%, ecc.) piuttosto che a quelli propri di chi opera sul mercato e deve quindi proporre progetti competitivi e bancabili (a cominciare dalle ESCO).
Ne consegue che, soprattutto in un’ottica imprenditoriale, il solo risparmio energetico non consentirebbe di giustificare gli investimenti richiesti (salvo ovviamente i casi più favorevoli). Il pericolo che si faccia poco e che gli obiettivi non vengano raggiunti è quindi concreto. L’attuale congiuntura (petrolio compreso), infine, non aiuta e contribuisce a creare una situazione che ricorda la fase gestatoria del lancio delle energie rinnovabili (anni ‘80/90).
 
Il progetto europeo RePublic_ZEB (www.republiczeb.org; http://www.cti2000.eu/sportello-informativo-nzeb/) ha evidenziato che la trasformazione degli edifici pubblici in nZEB (edifici ad energia quasi zero), secondo le prescrizioni del DM 26.6.15, richiede investimenti dell’ordine dei 250/450 €/m2 a fronte di risparmi imputabili alla sola energia di 10/15 €/m2 all’anno. Purtroppo l’aumento del valore dell’edificio e del confort a seguito della riqualificazione ben difficilmente vengono monetizzati (il discorso può essere diverso per il residenziale privato). Per permettere alle ESCO di operare (grande speranza per il settore pubblico) occorre quindi accedere a contributi molto elevati (in molti casi per l’80-100% degli investimenti richiesti).
 
Per uscire da questa empasse gli strumenti sono sempre gli stessi: incentivi e/o più che significativa riduzione dei costi attraverso l’innovazione.
 
La STEPIN evidenzia queste problematiche e rimanda alle conclusioni della SEN (Strategia Energetica Nazionale) che per l’edilizia prevede:
-        l’estensione nel tempo delle detrazioni fiscali al settore delle ristrutturazioni civili;
-        l’introduzione di incentivazioni dirette per gli interventi negli edifici della Pubblica Amministrazione;
-        l’innalzamento degli obiettivi di risparmio previsti nel sistema dei Certificati Bianchi.
 
In effetti qualcosa si sta muovendo in questa direzione: il nuovo Conto Termico è un esempio.
 
In conclusione quindi, gli strumenti per favorire la riqualificazione energetica degli edifici esistono: tra questi, adeguati incentivi andrebbero resi stabili e certi, con le opportune regole s’intende.
 

 

Giovanni Riva

Professore ordinario all’Università Politecnica delle Marche, Coordinatore del progetto IEE Republic_ZEB

Scheda