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Appunti di sviluppo di una procedura software per l’analisi di pushover

Appunti di sviluppo di una procedura software per l’analisi di pushover

OBIETTIVI E FINALITÀ
L’analisi statica non lineare di “pushover” è una metodologia di calcolo sofisticata, basata su precise ipotesi e sull’utilizzo di parametri che ne influenzano in maniera significativa i risultati.
Scopo del presente articolo è condividere le principali problematiche ed incertezze incontrate dai progettisti che hanno sviluppato la suddetta procedura software all’interno del codice di calcolo CMP, esulando quindi dall’essere una trattazione teorica o una lezione sul tema della valutazione di vulnerabilità sismica svolta mediante un’analisi di Pushover.
Tali considerazioni, problematiche ed incertezze non hanno sempre trovato soluzioni univoche e sono potenzialmente presenti in qualsiasi software, pertanto possono risultare di interesse per tutti coloro che affrontano una progettazione o una valutazione di vulnerabilità affidandosi a tale metodo di calcolo.

INQUADRAMENTO APPLICATIVO E NORMATIVO
L’adozione di metodologie di calcolo sempre più sofisticate, delle quali l’analisi di pushover fa sicuramente parte, comporta l’inevitabile utilizzo di strumenti di calcolo automatici. Per motivi sicuramente non nobili, tali codici sono sovente improntati alla massima semplificazione dei problemi lato utente (il progettista), rispondendo così al suo desiderio di ridurre al minimo tempi e costi di sviluppo di una progettazione, senza tuttavia evidenziare il rischio legato al loro utilizzo in modo inconsapevole, perdendo di vista le innumerevoli approssimazioni, convenzioni, ipotesi, limiti di applicabilità all’interno dei quali - e solo all’interno dei quali - i risultati ottenuti hanno un significato.
Dando per scontata la conoscenza generale dell’analisi statica non lineare, del suo significato, della sua operatività, sottolineiamo che le norme individuano tale metodo di calcolo come quello maggiormente indicato per l’analisi di edifici esistenti, nonostante molti autori ne abbiano evidenziato i limiti di applicabilità e di attendibilità dei risultati (è noto, ad esempio, come la sua affidabilità sia maggiore quanto più l’edificio risulti regolare) e nonostante la stessa Circolare 02/02/2009 asserisca che il metodo è utilizzabile solo per costruzioni il cui comportamento sotto sisma sia governato da un modo di vibrare naturale principale caratterizzato da una significativa partecipazione di massa. Negli edifici esistenti non sempre questa condizione è soddisfatta.
Seguiamo allora operativamente le fasi di applicazione del metodo e le conseguenti scelte che ogni progettista dovrebbe fare per condurre l’analisi in maniera ragionata e consapevole; qualora non gli fosse consentito, dovrebbe quantomeno conoscere quelle fatte automaticamente dal software al fine di giudicarne l’eventuale incongruenza con le condizioni reali. A tale scopo, si suddivide un’analisi statica non lineare di pushover in tre fasi principali:
- fase di modellazione e analisi, nella quale il progettista deve modellare il comportamento non lineare degli elementi e definire la situazione di partenza, intesa come distribuzione di forze e punto di controllo;
- fase di gestione della curva di capacità, dove occorre valutare attentamente il punto fino al quale i dati dell’analisi sono da ritenersi validi, per costruire così la bilineare equivalente da cui dipendono le domande in spostamento ai vari stati limite;
- fase di verifica della struttura, nella quale si utilizzano le formule di normativa, contenenti parametri, come la luce di taglio Lv, ben definiti nelle situazioni “ideali”, ma che necessitano di un’attenta valutazione di fronte agli svariati casi ricorrenti nella prassi progettuale.

FASE DI MODELLAZIONE E ANALISI
La prima fase in cui un’analisi di pushover può essere suddivisa riguarda la modellazione delle non linearità negli elementi strutturali, la generazione delle forze incrementali, la scelta del punto di controllo e dello spostamento fino a cui spingere l’analisi.
Con riferimento al primo punto elencato, l’analisi di pushover si basa prevalentemente sulla modellazione delle cerniere plastiche flessionali negli elementi beam.

Le metodologie normalmente proposte dai software a tale scopo prevedono due tecniche: la prima adotta cerniere concentrate, dove il funzionamento è rappresentato da una molla non lineare, concentrata in un punto ben definito del modello di calcolo, con comportamento descritto da un diagramma Momento-Rotazione; la seconda prevede plasticità diffusa, dove le sezioni degli elementi sono discretizzate mediante una suddivisione in fibre e quindi la non linearità di comportamento risiede nella definizione dei legami costitutivi dei materiali componenti. Ognuna di queste metodologie presenta dei limiti ben precisi:

- modello a plasticità concentrata: ha il pregio di essere computazionalmente più rapido, ma ha almeno tre problemi significativi per il progettista. Il primo è la definizione delle caratteristiche della cerniera e quindi della curva Momento-Rotazione, che viene spesso derivata da un diagramma Momento-Curvatura. In letteratura esistono diverse funzioni per condizioni usuali ma in realtà possono modificarsi significativamente al variare delle geometrie, delle percentuali di armatura, delle tipologie di materiale e, in maniera rilevante, dello stato di sollecitazione, in particolare a sforzo assiale che può subire significative modificazioni nel corso dell’analisi. Il secondo riguarda il passaggio da un diagramma Momento-Curvatura a un diagramma Momento-Rotazione, operazione non banale perché implica la conoscenza della lunghezza della zona plasticizzata e il comportamento del materiale all’interno di essa. Il terzo riguarda il posizionamento delle cerniere che normalmente sono inserite in corrispondenza delle estremità delle aste convergenti alle intersezioni travi-pilastri, quando può frequentemente presentarsi il caso in cui la composizione degli effetti, conseguenti ai carichi gravitazionali ed orizzontali, generi i punti di massima sollecitazione flessionale in campata, dove il modello non prevede possibile formazione di cerniera plastica. E’ il metodo probabilmente più utilizzato.

Sovrapposizione dei momenti flettenti da carico distribuito con quelli da carico trasversale: i punti di probabile formazione delle cerniere plastiche non coincidono necessariamente né con le estremità dell’asta, né con la sua mezzeria.

- modello a plasticità diffusa: meno presente del primo, appare più semplice perché richiede la sola definizione del corretto legame costitutivo dei materiali, risolvendo di fatto tutte le problematiche descritte per la plasticità concentrata. In realtà, anche questa tecnica presenta problemi:

  • il primo riguarda il maggiore onere computazionale, decisamente superiore al caso della plasticità concentrata, con conseguenti difficoltà a svolgere ed eventualmente ripetere molteplici analisi su modelli anche non troppo complessi;
  • il secondo, che deriva dal primo, riguarda la scelta, che spesso si deve compiere, di limitare le zone degli elementi strutturali soggetti a modellazione a fibre, ricadendo in un caso simile a quello della plasticità concentrata, cioè con scelta a priori delle zone in cui è possibile intercettare le plasticizzazioni; si rende inoltre necessaria una scelta opportuna della mesh di elementi finiti in queste zone;
  • ulteriore problema di alcuni modelli a fibre è costituito dalla possibile nascita di ingenti sforzi normali negli elementi beam: la parzializzazione della sezione può generare un allungamento della fibra baricentrica che, se impedito ad esempio da un piano rigido o da altri elementi presenti nel modello strutturale, determina la conseguente nascita di sforzo normale per assicurare la congruenza degli spostamenti. In tal caso, o il software o il progettista devono intervenire opportunamente, ad esempio svincolando un’estremità nei riguardi della traslazione assiale, se questo non altera lo schema statico o la trasmissione dei carichi. La presenza di uno sforzo normale inesistente nella realtà può infatti falsare completamente i risultati dell’analisi e delle verifiche, inficiando la validità della conseguente progettazione.


Indipendentemente dal modello di plasticità utilizzato, la modellazione delle cerniere plastiche così descritta è corretta solo se nella realtà i meccanismi fragili, dovuti ad esempio al taglio, non anticipano quelli duttili conseguenti al raggiungimento delle rotazioni limite. Non sempre le procedure di analisi numerica consentono il controllo di tutte le condizioni che possono determinare il collasso della struttura o di una sua parte; in questo caso i risultati dell’analisi dovranno essere ulteriormente sottoposti a controlli, prima di poter essere utilizzati.

Il successivo punto che caratterizza questa prima fase dell’analisi di pushover consiste nella definizione delle distribuzioni di forze orizzontali, che possono essere di due diverse tipologie:
- distribuzioni simili a quelle per analisi statica equivalente (§ 7.3.3.2 – NTC 2008), o derivate da distribuzioni uniformi di accelerazioni o basate sul primo modo di vibrare: tutti i software le prevedono calcolate in automatico;
- se queste distribuzioni non fossero significative, occorre potere inserire distribuzioni derivate da combinazioni SRSS (combinazioni modali) o di altro tipo: già meno software lo consentono.

In ogni caso, sarebbe positivo avere la possibilità di inserire al limite distribuzioni di tipo assolutamente generico figlie di opportune considerazioni del progettista.
Il punto di controllo dell’analisi andrà scelto con particolare cura, perché può influenzare significativamente i risultati, soprattutto se la struttura presenta irregolarità in pianta e in altezza: è fondamentale, a tal scopo, avere la possibilità di definire per ogni analisi un punto differente, potendolo eventualmente modificare e conseguentemente stimarne gli effetti.
Occorre infine stabilire lo spostamento terminale dell’analisi, che deve consentire la costruzione di una curva di capacità tale da evidenziare i comportamenti significativi della struttura fino al collasso. Non sempre si raggiunge lo spostamento richiesto: è importante valutare se l’interruzione prematura è frutto dell’impossibilità di avere una configurazione equilibrata o se sono intervenuti problemi numerici di convergenza. Il primo caso è risolutivo, in quanto informa che si ha collasso e non è possibile procedere oltre; il secondo impone nuovi tentativi con variazione dei numerosi parametri che intervengono in un’analisi non lineare.

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