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Durabilità delle strutture in calcestruzzo a vista. Il caso delle Superquadras di Brasilia

Dopo aver evidenziato le cause più frequenti di degrado delle strutture in calcestruzzo lasciate a vista e le possibili tecniche di soluzione, attraverso l'esempio delle Superquadras il contributo sottolinea l'importanza della permanenza materica come elemento significativo dell'identità architettonica.

The paper is focused on the conservation of visible concrete structures in the residential blocks of Brasilia known as Superquadras and it’s the result of considerations developed by the authors following a workshop organized after an agreement between the Università degli Studi di Firenze and the Fundação Universidade de Brasilia. Assuming that everything undergoing natural deterioration must be restored or replaced, the maintenance of modern architecture is a subject of increasing and deep interest, with important influences on operational and economic level, also in Brazil where there is a large heritage of relevant historic and cultural value subject to deterioration phenomena. After highlighting the most frequent causes of deterioration in the concrete structures left on sight and the possible techniques for solution, through the example of the Superquadras the paper underlines the importance of the material permanence as a significant element of the architectural identity.


Il contributo indaga sul degrado del calcestruzzo a vista e sull’azione manutentiva necessaria a garantirne una maggiore durabilità: verte sul tema generale della conservazione dell’architettura Moderna, eredità di una stagione di pensiero ricca e contraddittoria che ha utilizzato il calcestruzzo a vista per esaltare l’essenzialità e la massività delle proprie idee, e in particolare sul tema della conservazione del patrimonio Moderno di Brasilia.

La tecnologia manutentiva costituisce anche in Brasile un tema di crescente interesse, con forti ricadute sul piano operativo ed economico, in termini di conservazione di un patrimonio di rilevante valore storico e culturale che per sua natura subisce un deterioramento e deve essere oggetto di ripristino. Attraverso l’esemplificazione delle Superquadras di Brasilia viene evidenziata la permanenza della componente materica come tema che contribuisce alla conservazione dell’identità architettonica in un progetto che costituisce un patrimonio dell’architettura del Novecento da non pregiudicare.

Le riflessioni del presente contributo sono frutto di una ricerca condotta nell’ambito di un accordo internazionale tra Università degli Studi di Firenze e Fundação Universidade de Brasilia, che ha portato gli autori a studiare, anche attraverso l’osservazione diretta, l’organizzazione funzionale e spaziale dei quartieri residenziali, oltre che le tecnologie costruttive e le possibili strategie di manutenzione di questo straordinario patrimonio architettonico e culturale.

La manutenzione del patrimonio architettonico moderno

Le società di ogni epoca hanno fatto i conti con l’insieme delle preesistenze ereditate dal passato: valutate come beni culturali esse acquisiscono un valore documentale, mentre valutate come beni economici esse conseguono il valore di risorsa collettiva. Il patrimonio architettonico esistente costituisce, dunque, non solo una testimonianza storica ma anche una risorsa economica, sia per il suo valore intrinseco, sia per l’entità del mercato edilizio che mira al suo recupero.

Tale risorsa è però minacciata da fattori quali tempo, incuria e degrado, dove per degrado si intendono quelle “modificazioni di un materiale che comportano un peggioramento delle sue caratteristiche sotto il profilo conservativo” [UNI 11182 2006]. Premesso che la preponderanza delle cause di degrado è ascrivibile all’intervento o al mancato intervento dell’uomo piuttosto che all’opera del tempo, tutte le predette eventualità incombono anche sul patrimonio più recente.

In una visione strategica di medio-lungo termine, l’azione manutentiva costituisce un elemento nodale: l’insieme delle azioni e delle pratiche che possono essere intraprese per salvaguardare l’ambiente costruito prendono il nome di terotecnologia, ovvero tecnologia della conservazione, intesa come la gamma di operazioni “applicate alle attrezzature per ottimizzare economicamente il costo del ciclo di vita ad esse relativo. Tale obiettivo è ottenuto con il progetto e l’applicazione delle disponibilità e della manutenibilità degli impianti, alle macchine, alle attrezzature, ai fabbricati e alle strutture in genere, considerando la loro progettazione, installazione, manutenzione, miglioramento, rimpiazzo con tutti i conseguenti ritorni d’informazione sulla progettazione, le prestazioni e i costi” [BSI 1970]. Questa tecnologia è associata al concetto di Life Cycle Cost (LCC), basandosi sull’allungamento della vita utile del costruito con un obiettivo che sott’intende stabilità nell’uso di un bene in quanto “il patrimonio edilizio esistente è una risorsa sempre più preziosa [...] in un ambiente a scarso tasso di risorse” [Del Nord 1996]. Il quadro risulta però piuttosto complesso se si considera che è necessario valutare contemporaneamente l’obsolescenza fisica, intesa come decadimento e degrado di materiali e componenti, tecnologica, determinata dallo sviluppo di processi di innovazione tecnologica, funzionale, ovvero di materiali o componenti che non sono più in grado di soddisfare le caratteristiche e le prestazioni attese, e di mercato, che prevede la sostituzione di un prodotto con un nuovo modello le cui caratteristiche non differiscono molto da quelle del bene sostituito.

L’ampiezza di significato del termine manutenzione, inteso come “complesso delle operazioni necessarie a conservare la conveniente funzionalità ed efficienza dove per funzionalità si intende la rispondenza a specifiche esigenze e per efficienza la capacità costante di rendimento e di rispondenza alle proprie funzioni o ai propri fini” [Duro 1989], e la quantità di edifici da manutenere mettono in luce la rilevanza del confronto con l’uso corrente e con le attuali condizioni di contesto. La questione della manutenzione si sposta quindi sul piano della comprensione dei valori che l’opera custodisce e sulla capacità di ricezione di questi valori nella società contemporanea. Inoltre, la manutenzione di edifici singoli o di comparti urbani, diventando tema architettonico ma anche paesaggistico, urbanistico, tecnologico, ambientale, economico e culturale, impone di affrontare il problema dell’adeguatezza dei procedimenti operativi.

Per quanto attiene al patrimonio Moderno, ogni intervento è una storia a sé stante anche perché le testimonianze architettoniche rimandano a tecniche non banalmente classificabili: alcune opere appaiono realizzate con stretti legami alla tradizione, mentre altre sono il risultato di sperimentazione, anche se forse la soluzione più diffusa è quella caratterizzata dalla compresenza di soluzioni a regola d’arte e innovative. Proprio gli aspetti innovativi rappresentano la fragilità intrinseca di questi edifici perché le scelte tecnologicamente molto sperimentali ma poco sperimentate sono la causa di degrado diffuso e precoce. Ne risulta che il progetto di manutenzione deve essere in grado di individuare una soluzione che esprima, al contempo, continuità critica nei confronti dell’esistente attraverso la tutela dell’identità originaria e adeguamento delle prestazioni alle attuali esigenze. Solo così può essere garantita la durabilità di un immobile e delle sue parti, dove per durabilità si intende la “conservazione delle caratteristiche fisiche e meccaniche dei materiali e delle strutture, proprietà essenziale affinché i livelli di sicurezza vengano mantenuti durante tutta la vita dell’opera” [D.M. 2008].

Le principali cause di degrado del calcestruzzo a vista

Parte dei difetti che caratterizzano l’architettura Moderna sono insiti di un movimento caratterizzato dall’abbandono delle tecniche artigianali in favore dell’introduzione di nuovi materiali e processi industriali, oltre che dalla espressa volontà di proporre innovazioni tecnologiche con il preciso intento sperimentale di rifondare la tradizione costruttiva in contrapposizione all’accademismo dell’architettura della fine del XIX secolo [Piferi 2012].

Una discreta casistica di patologie ed alterazioni discende direttamente dalle stesse tecniche costruttive di questi edifici, che ne hanno radicalmente trasformato le logiche fondanti. Di fatto, il calcestruzzo armato, dopo circa un secolo di vita, ha manifestato tutta la sua vulnerabilità all’azione del tempo e degli agenti atmosferici. In particolare, il degrado del calcestruzzo armato ha generato “la perdita delle prestazioni iniziali a seguito di eventi lenti correlati all’ambiente aggressivo per effetto di agenti naturali (gelo-disgelo, mate, etc.) o artificiali (ambienti industriali)” [AA.VV. 2005]; nel degrado non sono quindi compresi i danni dovuti a errori progettuali, gestionali o eventi straordinari, quali terremoti o incendi. Nel calcestruzzo a vista le molte possibili cause di degrado sono distinguibili tra intrinseche e estrinseche: alle prime appartengono la scelta di materiali scadenti, il cattivo confezionamento del calcestruzzo, il copriferro insufficiente rispetto all’aggressività ambientale, la cattiva posa in opera e la cattiva stagionatura del conglomerato; alle seconde sono ascrivibili i degradi dovuti agli agenti atmosferici. Quest’ultimi sono resi possibili dalla porosità e dalla permeabilità del calcestruzzo ovvero dalla facilità che un liquido ha nel penetrare nel conglomerato cementizio, caratteristica che dipende dalla dimensione dei pori e dalla interconnessione tra essi. È quindi possibile affermare che tanto più un calcestruzzo sarà poroso e tanto più sarà probabile che si verifichino dei problemi [Treattino 2005].

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Articolo tratto da "CONCRETE 2014 -  PROGETTO E TECNOLOGIA PER IL COSTRUITO: Tra XX e XXI secolo"

 

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