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Rigenerazione urbana e qualità dei progetti, nel futuro immaginato dagli architetti

A colloquio con Giuseppe Cappochin, neo presidente del CNAPPC sul Codice Appalti

…pianificando in un’ottica a lungo temine che metta al centro le persone, la convivenza, le relazioni, la qualità del vivere in un contesto urbano e non solo.
 
A colloquio con Giuseppe Cappochin, neo presidente del CNAPPC

Il cambio ai vertici del Consiglio nazionale degli architetti appare fortemente nel segno della rigenerazione urbana. L’esperienza di Giuseppe Cappochin, nuovo presidente, è fortemente segnata dalla conduzione del progetto Urbanmeta, oltre che un da un autorevole ruolo di riferimento sul piano della formazione e dell’aggiornamento professionale non solo in ambito Veneto.
La capacità di Cappochin di mettere intorno a un tavolo e di trovare un ampio consenso tra i diversi attori, coinvolgendoli nella costruzione di una proposta condivisa di visione e di percorso per una concreta attivazione di progetti di rigenerazione urbana, trova oggi un duplice riconoscimento. All’interno del mondo degli architetti e da parte della Regione Veneto che ha recepito la proposta di Urbanmeta come base per la nuova legge regionale sul contenimento del consumo di suolo.
“Il metodo che abbiamo utilizzato e che ha portato alla nascita di Urbanmeta può sicuramente trovare riscontro anche a livello nazionale. Certo è tutto più complesso e richiederà tempo e pazienza. Non ci nascondiamo le difficoltà, ma il valore di un percorso volto a mediare tra le diverse posizioni conflittuali per trovare nel merito posizioni comuni, a cui accompagnare una logica di rete, resta un punto fermo. E’ essenziale saper trasmettere l’importanza di lavorare insieme, in una logica di collaborazione concreta, basandola su un apprezzamento reciproco puntando a una sintesi dei diversi punti di vista ed interessi. Il fatto che oggi la nostra proposta abbia trovato nella Regione Veneto piena accoglienza e sia possibile condividere alcuni capisaldi fondamentali su cui poggiare la nuova legislazione attivando strumenti innovativi sta a dimostrare l’efficacia del nostro metodo volto a facilitare e a rendere autorevole il confronto e il dialogo con le istituzioni e con chi deve decidere. Un metodo che si innesta perfettamente nel percorso già avviato dalla precedente presidenza del CNAPPC.”
 
Volendo sintetizzare, qual è il percorso che voi proponete?
“Sono convinto che un efficace governo del territorio passa oggi per modelli di rigenerazione urbana che hanno avuto successo in altri Paesi e che possono realisticamente essere mutuati con pochi correttivi anche in Italia. Recentemente in una conferenza tenutasi presso la Camera dei Deputati ho ribadito come la nuova legge sul consumo di suolo debba essere la conseguenza di una precisa strategia di Governance. Continuiamo a scontare la nostra carenza sul piano della capacità di pianificare, di guardare i processi in un arco temporale medio lungo. Come avviene invece in tutti i Paesi avanzati. Dobbiamo legiferare sulla base di una visione al 2030, al 2050, avendo come fulcro le persone, la convivenza, le relazioni, la qualità del vivere in un contesto urbano, ma non solo. Inoltre, non è pensabile una rigenerazione senza un ruolo forte e centrale dello Stato. Bisogna avere la consapevolezza che ci vuole un piano con finanziamenti certi e ordinari, smettendola di operare per emergenze e per provvedimenti straordinari. Così come va individuato un soggetto che guidi e coordini tutte le istituzioni coinvolte, superando la frammentazione e lo spontaneismo delle decisioni. Il terzo aspetto non secondario riguarda il modo di operare. Anche qui va superata la logica di procedere per assi, scegliendo la via per progetti. Sono questi i capisaldi di una realistica rigenerazione, senza i quali si rischia di parlare tanto, di fare norme che poi restano disattese e non aiutano a trasformare e a migliorare il rapporto tra cittadini e territorio. Le esperienze internazionali ci dicono che lo Stato attiva i processi investendo con programmi regolari, così da fungere da volano per gli investimenti da parte dei privati. Tutte le grandi trasformazioni di qualità, in Francia, Olanda, Germania e Inghilterra, hanno funzionato in questo modo.”
 
Quale il ruolo della progettazione e degli architetti?
“Accettare la sfida della visione di medio lungo periodo e procedere secondo un grande piano poliennale comporta necessariamente un sistema di procedure e di scelte conseguenziali tra le quali quella di operare per concorsi di progettazione. Se guardiamo al nord Europa, ai master plan di città come Amburgo o Nantes, per fare qualche esempio recente ci accorgiamo che tutto avviene attraverso concorsi. Qui la qualità progettuale è assunta come un valore imprescindibile e i concorsi visti come lo strumento per selezionare nuove idee e favorire l’emersione anche di nuovi studi e nuove competenze e capacità professionali. Un sistema che da noi invece non trova riscontro, preferendo la logica del prezzo più basso o del doppio mercato, tra archistar e tutto il resto. Un sistema che non fa crescere e mortifica nuove energie e potenzialità. Del resto la qualità progettuale e architettonica è assunta negli altri Paesi come un fattore importante nell’ambito della competizione tra città.”
 
Come si inserisce in questo percorso la normativa e quindi il nuovo Codice degli appalti pubblici?
“Negli altri Paesi è il progetto che guida la norma, da noi invece il delirio normativo di cui siamo tutti vittime penalizza la qualità. E’ essenziale cambiare l'approccio. Dobbiamo rimettere al centro la competenza e tornare a comprendere che l’obiettivo finale deve essere la qualità delle opere pubbliche. Fondamentale è avviare un processo per restituire l’orgoglio di essere dipendente pubblico. E questo può avvenire solo attraverso la restituzione di livelli di competenza oggi carenti. Ciò vale anche per il mondo professionale. E’ in questo ambito che si inserisce il nuovo Codice degli appalti, che deve contribuire a cambiare la visione e quindi attivare strumenti e norme che incentivino e premino i risultati in termini di qualità e quindi guardando alla programmazione e alla gestione. L’altra sfida del nuovo Codice riguarda una semplificazione dei processi e delle procedure, così da fare un passo avanti determinante rispetto alla certezza dei tempi. Un aspetto sostanziale, che incide in maniera decisiva sull’attivazione degli investimenti privati, senza i quali appare difficile poter avere aspettative attendibili di processi virtuosi di rigenerazione.”