Geologia e Geotecnica
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Geologia e interdisciplinarietà dei progetti

L'importante ruolo del geologo all'interno della progettazione. Il commento di Gian Vito Graziano

Il nuovo Dlgs 50/2016, pur con tutte le sue criticità e i suoi ritardi, conferma le previsioni precedenti rispetto alla non subappaltabilità della relazione geologica e allo stesso tempo specifica, all'interno dei vari livelli di progettazione, gli obiettivi che questa deve assicurare (articolo 23 «Livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi») evidenziando in particolare che deve essere sempre garantita la compatibilità geologica, geomorfologica e idrogeologica dell'opera.
 
Combinato con la previsione di esclusiva competenza in merito del professionista geologo, la non subappaltabilità della relazione geologica era in effetti già prevista dall’art. 17, comma 14/quinquies, della legge 109/94, ma nel 2002, l’Autorità di Vigilanza sui LL.PP. con la Determinazione n. 3 conferiva al responsabile del procedimento un’ampia discrezionalità tecnica sull’esigenza di acquisire una specifica relazione geologica, obbligandolo soltanto a effettuare un’istruttoria tesa all’analisi della situazione di fatto in relazione al progetto da realizzare.
 
In altri termini il responsabile del procedimento poteva ancora decidere per l’utilizzo da parte del progettista incaricato di una relazione geologica preesistente, rilasciata per un precedente intervento in un’area immediatamente adiacente a quella di progetto. Da una parte la relazione geologica era da considerarsi indispensabile elemento di progetto, dall’altra poteva non esserlo se il responsabile del procedimento fosse stato di altro avviso purché “debitamente motivato”. Di conseguenza il bando di gara per l'affidamento della progettazione avrebbe riportato l'indicazione della necessità o meno della relazione geologica per la realizzazione dell'intervento in questione. Ancora in questi termini inammissibili la non subappaltabilità della relazione geologica veniva successivamente fissata all’art. 91, comma 3, del D.Lgs. 163/2006, il cosiddetto Codice dei Contratti pubblici, e nel relativo regolamento di attuazione (Dpr 207/2010), ma senza che l’Autorità di Vigilanza fosse intervenuta a modificare la propria posizione.
 
Bisognerà attendere il 2011, quando, con il parere n. 137 l’ANAC finalmente sosterrà che la relazione geologica deve essere predisposta necessariamente dal geologo e che non può essere sostituita da generiche valutazioni di idoneità da parte del progettista. Sempre l’ANAC corregge poi definitivamente la rotta nel 2015, con la determinazione n. 4, in cui obbliga le RTP ad avvalersi sempre del geologo per la partecipazione alle gare d’appalto, sottolineando (rif. Cons. Stato, sez. V, 16.3.2005, n. 1075), che “il legislatore, nell’escludere le relazioni geologiche dalle attività che il progettista può affidare in subappalto, ha perseguito di certo un’esigenza di tutela dell’amministrazione, che è meglio garantita dalla instaurazione di un rapporto diretto con il professionista (sia pur attraverso la sua partecipazione ad un raggruppamento temporaneo od altra forma associativa)”.
 
Il geologo insomma diventa mandante della RTP, impegnandosi a sottoscrivere l’istanza di partecipazione alla gara e a sedere con la dovuta dignità al tavolo della progettazione. Si è trattato di un risultato fortemente voluto dal Consiglio Nazionale dell’epoca, ma che è stato anche il frutto della forte presa di coscienza di quegli anni da parte delle istituzioni rispetto alle prerogative culturali della geologia. Per i geologi, ovviamente, si è tradotto in nuove opportunità in un mercato, che seppure in forte crisi, non avrebbe più potuto emarginarli.
A mio parere un’altra evoluzione normativa ha sancito la partecipazione a pieno titolo della componente geologica in seno alla progettazione, quest'ultima intesa ora come attività intellettuale integrata e multidisciplinare.
Un passaggio normativo sembra segnare una svolta per gli studi geologici ed è contenuto in un decreto che apparentemente non ha nulla a che fare con la questione: si tratta dell’inserimento degli studi geologici nel cosiddetto decreto parametri di cui al D.M. 143/2013, che lega indissolubilmente la prestazione geologica al progetto, superando la vecchia visione, legata fortunatamente solo a una certa parte dell’ingegneria geotecnica, che gli studi geologici si fondino solo sulla conoscenza dell’area, prescindendo da quella del progetto.
 
E’ una conquista senza precedenti, che lega a doppio filo la relazione geologica al progetto. Non c’è tipologia di opera che non abbia un corrispettivo geologico, da quelle edili a quelle stradali e ferroviarie, da quelle ambientali a quelle impiantistiche; di conseguenza non può esserci progetto senza uno studio geologico che ne faccia parte integrante. E’ un decreto che tratta di compensi, che lega tecnicisticamente i parametri del progetto a quelli della relazione geologica, ma che possiede la forza straordinaria di unire la geologia all’opera. Non è stato un lavoro semplice, lo ricordo bene per averlo vissuto insieme a tutto il Consiglio Nazionale dei Geologi dell’epoca, ma fu fortemente voluto nella consapevolezza del grande passo che si sarebbe potuto compiere: gli ostracismi non mancarono, i tecnici del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici non vedevano la necessità di inserire i compensi per una prestazione di consulenza in una impalcatura di progettazione.
 
Il tutto complicato dal fatto che l’equazione matematica che regolava la nostra vecchia tariffa e che ora regola i nostri compensi era completamente diversa da quella che regolava e ora regola l’attività progettuale. Averla spuntata ha significato dare ulteriore autorevolezza alla prestazione geologica, ha significato per il geologo diventare parte integrante della figura di progettista. Proprio qualche giorno fa il Consiglio di Stato, con il parere n. 2285 relativo allo schema di decreto del Ministero delle Infrastrutture sui requisiti degli operatori economici per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria, ha invitato lo stesso ministero a utilizzare la locuzione "quale progettista" in sostituzione di "con incarico di progettista" a proposito del giovane professionista abilitato da meno di cinque anni da inserire nelle RTP. Un ulteriore importante tassello verso quella tanto auspicata visione di un progettista inteso come gruppo e non più come singolo.
 
E' esattamente su questa impalcatura dell’interdisciplinarietà dei progetti e del progettista inteso come gruppo che si è mossa la commissione che ho avuto l'onore di coordinare presso la Struttura di missione Italiasicura e che ha redatto gli "Indirizzi per la progettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico", che si fondano di conseguenza anche sulla comune assunzione di responsabilità delle figure professionali coinvolte nei confronti degli esiti della stessa progettazione. Esiti che si configurano in molteplici aspetti, dalla qualità progettuale al raggiungimento del risultato atteso, sino al coinvolgimento e al soddisfacimento della comunità di cittadini nel cui territorio l'opera andrà realizzata. 
 
Tanti aspetti di una positiva evoluzione, ma siamo davvero prossimi a un salto di qualità? Purtroppo no, è sin troppo evidente, non perché la società e le classi professionali non siano pronte a compierlo, ma perché a una moderna visione delle attività di progettazione si contrappongono ora, come nel passato, i sempre forti interessi "di bottega" di chi ha il potere di contaminare i percorsi normativi. Lo dimostrano tanti fattori. A cominciare da come gli stessi "Indirizzi" siano stati oggetto di ostracismo, nonostante da alcune regioni giungano segnali di volerli far propri e volerli utilizzare come proprio standard. Oggi nello stesso sito web della struttura di missione gli indirizzi sono relegati al ruolo di contributi, oscurati da cosiddette "Linee guida", interessanti e ben fatte, ma di cui nessuno ha ancora compreso a cosa debbano servire. Per finire con la bozza di revisione delle Norme tecniche per le costruzioni, dove è stata fatta prevalere ancora una volta una vecchia visione della progettazione, in cui il contributo della geologia deve essere tenuto colpevolmente marginale.
 
Non sono segnali, sono azioni che dimostrano che alla visione dell'interesse sociale è subordinato il ruolo "sindacale", quel ruolo che a qualcuno piace definire corporativo, finendo per demolire anche la positività insita nelle attività di supporto allo sviluppo delle leggi. Sin quando sarà così sarà difficile riuscire a concepire la progettazione come una filiera di azioni e di attività intellettuali, che, ferme restando le regole e le buone pratiche, nonché ruoli e responsabilità, siano in grado di raggiungere quel “valore aggiunto” che consiste nel saper produrre progetti che affrontino non solo la “singolarità” dell’opera, ovvero l’opera in sé e per sé, ma anche la sua evoluzione e l’interazione con il sistema circostante, sia che si tratti di un sistema naturale, o parzialmente antropizzato, sia che si tratti di un sistema modificato integralmente.
Si comprenda allora che non si tratta di erodere competenze o di cederne, ma soltanto di muoversi affinché sia restituita al progetto quella centralità che effettivamente manca da troppo tempo, ma di cui ci si riempie la bocca a ogni circostanza.
A farne le spese in definitiva è il Paese, che si trova ancora a dover subire le conseguenze nefaste di progetti inutili o sbagliati, spesso per colpa di chi non comprende che la progettazione è l’atto finale di un processo razionale e complesso, in cui tutte le matrici culturali sono chiamate a servizio.
 

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