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La classificazione del rischio sismico degli edifici: il calcolo, i rischi e le sfide

La linea guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni definisce due procedure per assegnare la classe di rischio ad una costruzione: l’una convenzionale e l’altra semplificata.

PREMESSA
Il così detto “sisma bonus” pone le condizioni economiche favorevoli affinché, su larga scala, si possa realizzare la mitigazione del Rischio Sismico. È importante sottolineare che per la prima volta si provvede ad incentivare (mediante uno sgravio fiscale) su larga scala ed in assenza di graduatorie, ma è comunque doveroso ricordare che, fortunatamente, si inserisce in un solco di iniziative, dirette ed indirette, che da sempre hanno cercato di contribuire, sebbene con mille difficoltà, alla mitigazione di questo rischio. In primo luogo vanno ricordate le azioni di mitigazione attuate nella fase della ricostruzione che ha interessato tutti i territori che negli ultimi cento anni sono stati colpiti dagli eventi catastrofici. Lo Stato, infatti, con i contributi erogati ha consentito non solo la riparazione dei danni ma anche, e sistematicamente, il rafforzamento delle costruzioni, ovviamente in modo commisurato allo stato delle conoscenze dell’epoca. In questa linea, inoltre, vanno considerati anche i finanziamenti dell’articolo 11 della legge 77/2009, legge di conversione del Decreto relativo alle misure da adottare in conseguenza del terremoto che ha colpito l’Abruzzo nel 2009. Tale misura, di portata economica certamente modesta ma non per questo trascurabile, consentiva di erogare circa un miliardo di euro, distribuito nel periodo 2010-2016, per la riduzione della vulnerabilità degli edifici pubblici, privati e per le infrastrutture, ed in parte può forse definirsi come la prova generale dell’incentivo appena varato con la legge di stabilità 2017. A queste iniziative dirette, inoltre, sono da aggiungere anche tutte quelle indirette, quali l’immensa attività di ricerca che negli ultimi 20 anni è stata condotta sul tema dell’ingegneria sismica e della conoscenza dei terremoti, l’importante quanto fondamentale aggiornamento delle mappe di pericolosità ed il costante aggiornamento della Normativa Sismica in cui vengono riversate tutte le nuove conoscenze del settore, sebbene talvolta anche in modo eccessivamente dettagliato, rispetto ad una preventiva ed oculata valutazione tra gli aggravi di calcolo ed i reali benefici che ne possono scaturire.
Fatto questo breve ma doveroso excursus, l’incentivo dello sgravio fiscale di recente introduzione rappresenta uno strumento di grande novità mediante il quale i cittadini possono mitigare il rischio sismico delle proprie costruzioni e, quindi, del territorio. E’ opportuno ricordare che il Rischio sismico di una costruzione scaturisce dalla combinazione di tre fattori quali: la pericolosità del sito in cui si trova la costruzione, la vulnerabilità che possiede (ovvero la sua propensione al danneggiamento, in relazione all’entità dell’azione) e l’esposizione, ovvero l’insieme di ciò di cui essa è costituita e contiene.
La misura fiscale, di recente introduzione, consente di usufruire di uno sgravio variabile tra il 70% e l’80% del costo dell’intervento, che sale al 75% ed all’85% per i condomini, in relazione alla riduzione di rischio che l’intervento consente di apportare, e quindi del numero di passaggi di classe di rischio che si riescono a conseguire.
A questo proposito la legge di stabilità ha stabilito che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti emanasse, cosa avvenuta il 28/2/2017, con proprio decreto una Linea Guida che fornisse indicazioni su come quantificare e certificare la riduzione di rischio conseguito per usufruire dell’incentivo fiscale detto, che è applicabile anche agli edifici vincolati dai Beni Culturali, purché gli eventuali interventi siano approvati con l’iter ordinariamente previsto.
E’ doveroso ricordare che sin dal lontano 1986 la normativa tecnica per le costruzioni in zona sismica ha fornito strumenti che puntassero, contemporaneamente, ai due seguenti obiettivi: 1) salvaguardare la vita degli occupanti la costruzioni in occasione di un evento sismico significativo (probabilisticamente più rari); 2) limitare il danno arrecato alla costruzione in conseguenza di eventi di minore entità (probabilisticamente più frequenti).
Con la Linea Guida di recente emanazione si introduce un elemento di grande novità, caratterizzato dal tentativo di quantificare economicamente, mediante la classe di rischio, le potenziali perdite che scaturiscono dai danni arrecati alla costruzione dai terremoti, chiedendo che l’eventuale intervento sulla stessa venga progettato per minimizzare l’importo economico che corrisponde a tali perdite.
Nell’ambito delle perdite economiche da computare, ovviamente, vi potrebbero essere tantissimi elementi tra cui quelli legati ai contenuti presenti, allo spostamento delle attività ed al relativo fermo delle stesse, nonché agli eventuali feriti ed ai decessi che si potrebbero verificare tra gli occupanti la costruzione. Quest’ultimo punto, come meglio chiarito più avanti, è computato dalla Linea Guida in modo disgiunto. Per quanto attiene le perdite economiche, invece, sono computate solo quelle associate ai danni agli elementi, strutturali e non, e riferite al costo di ricostruzione (CR) della costruzione priva del suo contenuto. Non sono considerate, quindi, le attività in essa presenti, né in termini di perdite dirette, né indirette.
La Linea Guida, con le premesse fatte e quindi con tutti i limiti chiariti e che la stessa mette ampiamente in luce nelle sue premesse, rappresenta senza dubbio un approccio innovativo che consolida la posizione di avanguardia occupata dall’Italia nell’ambito dell’Ingegneria sismica. E’ infine doveroso rappresentare che la Linea Guida emanata il 28.2.2017 ha trovato il suo fondamento, teorico e non solo, in un documento redatto alcuni anni addietro dal gruppo di studio, che annoverava i Proff. Braga, Calvi, Dolce e Manfredi ed è stato istituito con decreto del 17.10.2013 del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha ideato e definito la valutazione del rischio sismico delle costruzioni e le diverse procedure adottabili, oggi confluite in un documento più snello, operativo e completo quale la Linea Guida di recente pubblicazione.

IL CALCOLO DEL RISCHIO SISMICO
La linea guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni definisce due procedure per assegnare la classe di rischio ad una costruzione: l’una convenzionale e l’altra semplificata. Nel seguito si farà riferimento esclusivamente alla procedura convenzionale in quanto la seconda, come esplicitamente chiarito dalla linea guida, è estremamente semplificata e specificatamente riferita agli aggregati edilizi in muratura (caratterizzanti molti dei centri storici) per i quali l’individuazione delle diverse unità strutturali è cosa poco agevole e rigorosa, ragione per cui anche le eventuali elaborazioni numeriche, propedeutiche all’applicazione del metodo convenzionale, potrebbero perdere di significato.
La classe di rischio, nel metodo convenzionale, è assegnata alla costruzione in funzione di due parametri, l’uno economico, le Perdite Annue Medie attese (PAM) e l’altro correlato alla sicurezza della struttura, l’Indice di Sicurezza della salvaguardia della Vita (IS-V).
Affinché si possa attribuire la classe di rischio sismico è necessario, preliminarmente, che sia effettuata la valutazione della capacità resistente della costruzione, ai sensi delle norme tecniche vigenti, almeno nei riguardi dello stato limite di salvaguardia della vita e dello stato limite di danno.

Una volta valutata la capacità resistente della costruzione, l’operazione che consente l’attribuzione della classe di rischio sismico, soprattutto se rapportata alla complessità teorica del procedimento, è estremamente facile ed agevole. Si tratta infatti di definire, in funzione del valore assunto dal PAM e dall’ IS-V, in quale range di valori ricade ciascuno dei due parametri, così da assegnare la rispettiva classe PAM e classe IS-V alla costruzione. La peggiore tra le due classi costituirà la classe di rischio della costruzione.
Per valutare il PAM sarà sufficiente realizzare un grafico, tramite un foglio di calcolo, o anche con una vecchia squadretta per gli amanti dell’analogico, e calcolare l’area racchiusa da una curva discretizzata mediante una linea spezzata. Sul grafico sono rappresentati in ascissa i valori corrispondenti all’inverso del periodo di ritorno che provoca il raggiungimento di ciascuno degli stati limite (ovvero la frequenza), e sull’asse delle ordinate il corrispondente valore della perdita economica, espressa come aliquota percentuale del costo di ricostruzione, così come definito nella tabella 3 della linea guida. In sostanza, pertanto, si assume che eventi con periodo di ritorno di 10 anni non causino nessun danno, che al raggiungimento dello stato limite di operatività si abbia una perdita pari al 7% del costo di ricostruzione, che allo stato limite di danno la perdita raggiunga il 15%, allo stato limite di salvaguardia il 50%, allo stato limite di collasso l’80% e che in corrispondenza del medesimo periodo di ritorno che provoca lo stato limite di collasso, di fatto, la struttura sia comunque da demolire e, pertanto, si raggiunga anche la perdita pari al 100% del costo di ricostruzione.
In pratica, quindi, si effettuano le classiche analisi e verifiche previste dalle Norme Tecniche per le Costruzioni, determinando il valore dell’accelerazione al suolo (PGA) che dà luogo al raggiungimento dello stato limite ricercato. Nota l’accelerazione al suolo, tramite una formula approssimata e ampiamente conosciuta a chi è del settore, comunque riportata nel documento, si calcola per lo specifico sito il valore del periodo di ritorno del terremoto che genera tale accelerazione. Facendo riferimento, come detto, all’inverso del periodo di ritorno per ciascuno degli stati limite, sarà pertanto possibile diagrammare la linea spezzata rappresentativa dell’edificio e, conseguentemente, determinare l’area sottesa che rappresenta le Perdite (economiche) Annue Medie attese (PAM). Facendo riferimento alla tabella 1 della linea guida, quindi, in funzione del valore ottenuto sarà possibile definire in quale classe PAM ricade la costruzione. Analogamente, facendo il rapporto tra l’accelerazione al suolo prima determinata e quella di riferimento relativa al sito, entrambe riferite allo Stato Limite ultimo di Salvaguardia della Vita (SLV), si determina, tramite la tabella 2 della linea guida, la classe I-SV da attribuire alla costruzione. La peggiore tra la classe PAM e la classe I-SV costituisce la classe di rischio della costruzione.
Familiarizzando con la procedura sarà facile rilevare che una grande incidenza sulla classe PAM è rappresentata dallo stato limite di danno, in quanto le perdite economiche prima indicate sono relative alla sola costruzione e non tengono conto delle perdite in termini di vittime e di feriti. Quest’ultimo aspetto è invece contemplato mediante la classe I-SV che, per sua stessa natura, è focalizzato sulla sicurezza delle persone.

Per una maggiore chiarezza, si riporta nel seguito un esempio applicativo di quanto sopra esposto, ipotizzando la necessità di attribuire la Classe di rischio sismico ad un edificio per civile abitazione (classe d’uso II) situato a Cosenza.

Esempio
Per semplicità, così come consentito dalla linea guida, la valutazione verrà condotta facendo riferimento soltanto a due stati limite, ovvero lo stato limite di salvaguardia della vita (SLV) e lo stato limite di danno (SLD), potendo così assegnare il periodo di ritorno corrispondente all’evento che genera il raggiungimento dello stato limite di collasso (SLC) e dello stato limite di operatività (SLO) senza l’esigenza di specifiche analisi.

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