Dalle attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco, a tutti i dettagli sulla modulistica, fino alla disciplina sanzionatoria: approfondimento sui procedimenti di prevenzione incendi e su tutti gli adempimenti definiti dal D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 e successivi documenti normativi.
Il regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi emanato con il D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - n. 221 del 22 settembre 2011, è entrato in vigore il 7 ottobre 2011, 15 giorni dopo la sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale.
Tale provvedimento, emanato a norma dell’art. 49, comma 4-quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, è volto a semplificare e ridurre gli adempimenti amministrativi sulle imprese al fine di promuovere competitività e sviluppo del sistema produttivo secondo i seguenti princìpi:
Il regolamento tiene pertanto conto delle citate esigenze di semplificazione amministrativa, dell'introduzione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e della normativa sullo Sportello Unico per le attività produttive (S.U.A.P.), di cui al D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160.
Inoltre, tiene conto dell’art. 16, comma 1 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139, che prevede l’individuazione delle attività soggette a controllo dei Vigili del fuoco, da emanarsi con D.P.R. a norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi.
L’art. 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e s.m.i. come sostituito con art. 49, comma 4 bis del D.L. 31 maggio 2010 n. 78 convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122 prevede che ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione, permesso o nulla osta comunque denominato è sostituito da una segnalazione corredata da dichiarazioni/attestazioni/asseverazioni di tecnici abilitati e idonei elaborati. L’attività può essere iniziata dalla data di presentazione della SCIA.
L’amministrazione, in caso di accertata carenza di requisiti, entro 60 giorni adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e rimozione pericoli, salvo che, ove possibile, l’interessato conformi alla normativa entro un termine fissato non inferiore a 30 giorni.
Il D.P.R. n. 151/2011 ha previsto nell’allegato I un elenco di 80 attività, considerate a maggior rischio in caso d'incendio, soggette ai controlli di prevenzione incendi, denominate anche «Attività soggette a controllo dei Vigili del fuoco», o anche più semplicemente «Attività soggette», come saranno indicate nel prosieguo del testo.
Il D.P.R. n. 151/2011 ha abrogato:
Una delle principali innovazioni previste dal regolamento è quella relativa all’aggiornamento l'elenco delle «attività soggette» con l’introduzione di un «principio di proporzionalità», individuando tre categorie (A/B/C) in ragione di rischio, dimensione e complessità.
Con il vecchio regolamento non era prevista nessuna differenziazione negli adempimenti amministrativi per le «attività soggette» (97 attività del D.M. 16 febbraio 1982), a eccezione della validità temporale del Certificato di prevenzione incendi (tre o sei anni), che comunque aveva un impatto molto marginale. Le nuove procedure hanno previsto invece per ogni categoria procedimenti differenziati, in genere molto più semplici dei precedenti, in particolare per le attività di categorie A e B.
L’aggiornamento dell’elenco delle «attività soggette» si è reso necessario per tener conto di varie esigenze di innovazione per cui con l’evoluzione tecnologica e l’esperienza, l’utilizzo di nuovi materiali e impianti sono state eliminate attività ritenute non eccessivamente rischiose e introdotte nuove attività in precedenza non presenti attraverso anche la rimodulazione dei limiti di assoggettabilità.
Inoltre, nella rimodulazione dell’elenco si è approfittato anche per fare chiarezza sulla definizione e sull’assoggettabilità di alcune tipologie di attività per le quali erano stati emanati, negli anni precedenti, numerosi quesiti e chiarimenti.
L’elenco delle attività soggette ha subito nel tempo vari aggiornamenti. Si parte infatti dal D.P.R. 26 maggio 1959 n. 689 che aveva individuato 61 attività suddivise nelle tabelle A e B in attuazione rispettivamente dell’art. 36, lett. a) e dell’art. 36, lett. b) del D.P.R. n. 547/55.
In particolare, la tabella «A» comprendeva 54 attività: Aziende e lavorazioni nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano e si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, mentre la tabella «B» comprendeva 7 attività: Aziende e lavorazioni che per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori.
Successivamente è stato emanato il D.M. 16 febbraio 1982, con l’elenco di 97 attività, che per molto tempo è stato il riferimento per la progettazione nel campo della prevenzione incendi.
Infine, il D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 ha rimodulato tale elenco in 80 attività, abrogando i precedenti e fornendo elementi di maggiore chiarezza e coerenza.
Il provvedimento ha anche eliminato le oramai obsolete tabelle A e B del D.P.R. 26 maggio 1959 n. 689 le quali, in genere inapplicate in vari contesti locali, continuavano comunque a generare ambiguità e difformità sull’applicazione degli aspetti sanzionatori connessi con la normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Il 4 luglio 2012 è stata emanata la direttiva 2012/18/UE (c.d. «Seveso III») sul pericolo di incidenti rilevanti, recepita in Italia con il D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105 (G.U. 14 luglio 2015, n. 161 - S.O. n. 38), entrato in vigore il 29 luglio 2015 (15 giorni dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale.).
Il provvedimento ha sostituito le direttive 96/82/CE e 2003/105/CE, recepite in Italia rispettivamente con il D.Lgs. n. 334/1999 e il D.Lgs. 238/05 (c.d. «Seveso II»).
In base ai quantitativi limite di sostanze pericolose previste per l’assoggettabilità, sono definiti gli stabilimenti di «soglia inferiore» (SI) e di «soglia superiore» (SS).
Per quanto concerne gli adempimenti di prevenzione incendi, inizialmente erano state escluse dall’applicazione del D.P.R. n. 151/2011 le attività industriali a rischio d’incidente rilevante di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 334/1999 e s.m.i. (c.d. «Seveso II»).
Successivamente, con l’art. 8, comma 7 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito con legge 30 ottobre 2013, n. 125, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le disposizioni sono state estese anche a tali stabilimenti di «soglia superiore».
Pertanto, ad oggi, tutte le attività a rischio di incidente rilevante soggette alla «Seveso III», sia di «soglia inferiore» sia di «soglia superiore» rientrano nel campo di applicazione del D.P.R. n. 151/2011.
Relativamente agli adempimenti di prevenzione incendi per le attività soggette a controllo dei Vigili del fuoco ai sensi del D.P.R. n. 151/2011, il D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105 ha fissato con l’allegato L, ai sensi dell’art. 31 del decreto, le procedure semplificate per gli stabilimenti di soglia superiore, in sostituzione delle precedenti stabilite con il D.M. 19 marzo 2001.
Il procedimento di prevenzione incendi costituisce un endo-procedimento dell’istruttoria sul rapporto di sicurezza e nell’ottica della semplificazione la presentazione del Rapporto di sicurezza definitivo equivale alla SCIA di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 151/2011.
In relazione a dimensioni, settore di attività, esistenza di regole tecniche, sicurezza pubblica, e con differenziazione degli adempimenti procedurali, il nuovo regolamento prevede la suddivisione delle attività soggette nelle seguenti categorie:
In relazione al criterio sopra esposto, possono essere presenti alcuni casi di attività in categoria A non dotate di «regola tecnica», come ad esempio nel seguente elenco non esaustivo:
Poiché risulta necessario per il tecnico abilitato poter disporre di riferimenti certi per redigere l'asseverazione attestante la conformità ai requisiti di prevenzione incendi contenuti nei riferimenti normativi, per le attività di categoria A, per le quali a differenza delle attività di categoria B o C non è prevista l’acquisizione del parere di conformità sul progetto, con lettera circolare prot. n. 14724 del 26 novembre 2012 sono state fornite dettagliate disposizioni per l'asseverazione.
Il provvedimento elenca, per tali attività, le norme cui fare riferimento per l'asseverazione, individuate tra decreti e circolari in vigore.
Nella seguente tabella sono riassunti i vari provvedimenti collegati con il nuovo regolamento di prevenzione incendi, confrontati con i vecchi provvedimenti che sono stati sostituiti.
Ad oggi il decreto previsto all'articolo 2, comma 8 del DPR n° 151/2011 e relativo al provvedimento di cui all'articolo 23 comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006, che prevede che con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, devono essere individuate le attività di prevenzione incendi rese a titolo gratuito e stabiliti i corrispettivi per i servizi di prevenzione incendi effettuati dal Corpo nazionale, non è stato ancora emanato.
Per le nuove attività introdotte all’Allegato I del DPR n° 151/2011, si applicano le tariffe già previste per le attività di analoga complessità, come individuate nella «tabella di equiparazione relativa alla durata del servizio delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi» di cui all’Allegato II del decreto. Pertanto, per la determinazione dei corrispettivi si deve continuare a utilizzare la «Tabella transitoria delle tariffe».
Le tariffe sono state aggiornate con D.M. 2 marzo 2012, che ha sostituito il D.M. 3 febbraio 2006. Rimane confermato il criterio che prevede che se l’attività comprende più punti, deve essere calcolata la somma delle tariffe delle singole attività.
Il nuovo regolamento ha previsto che l’elenco delle attività soggette a controllo possa essere soggetto a revisione in relazione al mutamento delle esigenze di salvaguardia delle condizioni di sicurezza antincendio.
La revisione dell’elenco delle attività soggette è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi.
L’art. 11, comma 1 del D.M. 7 agosto 2012 ha previsto (con decreto del Direttore centrale della prevenzione e sicurezza tecnica sentito il Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la prevenzione incendi) la predisposizione di apposita modulistica unificata da utilizzare per istanze, segnalazioni e dichiarazioni relative alla prevenzione incendi.
Ad oggi la modulistica è quella trasmessa con:
La modulistica può essere suddivisa in:
Il regime dell'imposta di bollo per i procedimenti di prevenzione incendi è stato chiarito con nota DCPREV prot. n. 5307 del 19 aprile 2013.
In particolare, tutte le richieste devono essere presentate in bollo (ove previsto). Sono esenti le Amministrazioni dello Stato, Regioni, Province, Comuni e altre Organizzazioni come previsto da specifiche disposizioni vigenti.
Il bollo è previsto solo per le istanze volte a ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo (es. autorizzazione, rilascio certificati, ecc.).
Alla luce di quanto sopra non è pertanto richiesto il bollo sulle «Attestazioni di rinnovo» e sulla «SCIA», le quali sono considerate semplici comunicazioni non contenenti istanze, che non prevedono autorizzazioni o rilascio di provvedimenti.
Inoltre, non è richiesto il bollo sul Verbale di visita tecnica (neanche sulla richiesta), e sul Certificato di Prevenzione Incendi, che è un atto rilasciato obbligatoriamente e non su istanza.
I versamenti per i servizi a pagamento presso i Comandi possono essere effettuati in genere mediante C/C postale intestato alle locali Sezioni di Tesoreria Provinciale dello Stato o tramite bonifico bancario alle coordinate IBAN fornite dal Comando.
Non sono previste, come in precedenza, esenzioni a favore delle Amministrazioni dello Stato, considerato che l’art. 35, lett. r) del D.Lgs. n. 139/2006 ha abrogato l'art. 1 della legge n. 966/65 (servizi a pagamento del C.N.VV.F.), che prevedeva, tra l'altro «… Sono esenti dal pagamento le prestazioni richieste dalle Amministrazioni dello Stato».
Ad oggi il D.M. di cui all'art. 23, comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006, che doveva individuare le attività di prevenzione incendi rese a titolo gratuito e stabilire i corrispettivi per i servizi, non è stato ancora emanato.
Come previsto dal D.M. 7 agosto 2012, al fine di una maggiore semplicità e controllo, sulla modulistica è indicata esplicitamente la qualifica professionale per la firma del «tecnico abilitato» o del «professionista antincendio» come definiti all’art. 1, comma 1 lett. b, c del D.M. 7 agosto 2012.
Una fondamentale differenza che contraddistingue l’approccio del nuovo regolamento di prevenzione incendi rispetto ai precedenti è rappresentata dalla maggiore responsabilità in capo ai cittadini, in particolare ai professionisti.
Il professionista («asseveratore» o «certificatore») e i titolari dell’attività si assumono rispettivamente le responsabilità di attestare la conformità alle norme e di osservare gli obblighi connessi con l’esercizio dell’attività in fase di «SCIA» e «Rinnovo».
I principi introdotti dal nuovo regolamento, basati sui concetti di «semplificazione», «meno ingerenza dello Stato», «facilità per i cittadini» implicano ovviamente maggiori responsabilità a carico dei titolari e dei professionisti.
Alla luce della semplificazione del D.P.R. n. 151/2011, il cittadino utilizzando l’apposita modulistica, potrà, ad esempio:
Le funzioni e i compiti dei Vigili del fuoco in merito alle procedure di prevenzione incendi, alle relative disposizioni attuative e agli obblighi a carico dei responsabili delle attività sono stabilite dall’art. 16 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139 come modificato dal D.Lgs. n. 97/2017 e dal D.Lgs. n. 97/2017 n. 127/2018.
Tali procedure riguardano le cd. «attività soggette», cioè quelle ritenute più pericolo¬se in relazione alla detenzione ed all’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza.
Attualmente sono individuate con il D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, che dovrebbe essere uno dei decreti citati all’art. 16, comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006 e s.m.i.
I responsabili delle attività soggette sono tenuti ad avviare tali procedure presso i comandi competenti per territorio, i quali provvedono a quanto di seguito indicato:
Per attività di tipo complesso il comando, a propria discrezione, può acquisire le valutazioni del Comitato tecnico regionale (CTR) per la prevenzione incendi, ed avvalersi, per le visite tecniche, di esperti in materia designati dal Comitato.
Nell’ambito di tali procedure i responsabili delle attività presentano al comando certificazioni e dichiarazioni attestanti la conformità alla normativa di prevenzione incendi, rilasciate da enti, laboratori o professionisti antincendio.
In caso di mancanza dei requisiti previsti dalle norme di prevenzione incendi rilevate nell’esito del procedimento, il comando adotta le misure urgenti anche ripristinatorie delle condizioni di sicurezza dando comunicazione ai soggetti interessati, al sindaco, al prefetto e eventuali altre autorità ai fini dell’adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza.
Le determinazioni assunte dal comando sono atti definitivi. Su questi non è possibile opporsi con il ricorso amministrativo ordinario («in opposizione» o «gerarchico»), mentre è possibile il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica oppure il ricorso giurisdizionale al TAR.
In caso di modifiche di lavorazione, strutture, nuova destinazione dei locali, variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose o in genere delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate i responsabili delle attività devono attivare nuovamente le procedure previste.
La gestione di tali modifiche è stata poi regolamentata dal D.P.R. n. 151/2011 e dal D.M. 7 agosto 2012 prevedendo adempimenti differenziati in caso di modifiche:
Di seguito sono descritte le principali caratteristiche sulle procedure previste dal D.P.R. n. 151/2011. Si tenga presente che, pur se il regolamento dovrebbe essere applicato in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, potranno essere rinvenute prassi differenti fra le diverse province che individuano i territori di competenza dei Comandi dei Vigili del fuoco.
Quanto di seguito descritto è riferito alla realtà di un Comando provinciale di media grandezza in base alle interpretazioni ritenute più aderenti alla ratio del regolamento secondo il parere dell'autore.
I responsabili delle «attività soggette» di categorie B e C devono presentare al Comando la domanda di valutazione del progetto di nuove attività nonché di modifiche di quelle esistenti che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio. Ai fini della domanda deve essere utilizzato il mod. PIN1-2018, in bollo ove previsto, allegando la seguente documentazione:
In tal caso la documentazione tecnica di cui all’art. 3, comma 2, lett. a) del D.M. 7 agosto 2012, deve essere a firma di professionista antincendio e conforme all'allegato I, lett. a).
Inoltre, deve essere integrata con quanto stabilito nell'allegato al D.M. 9 maggio 2007, compreso il programma per l'attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA).
Il versamento è raddoppiato rispetto a quanto stabilito dal D.M. 7 agosto 2012 tenuto conto della complessità e del maggiore impegno richiesto per la valutazione.
Oltre a quanto previsto dall’art. 3 del D.M. 7 agosto 2012, la documentazione tecnica è integrata con:
La documentazione tecnica è costituita da relazione tecnica e elaborati grafici e deve consentire di accertare la rispondenza alle norme o, in mancanza, ai criteri generali di prevenzione incendi.
Tale documentazione è relativa a:
In caso di presentazione in forma cartacea, solo la domanda deve essere in duplice copia. La documentazione tecnica allegata (relazione tecnica e elaborati grafici) deve essere presentata in singola copia, che rimarrà agli atti del Comando.
In caso di presenza contemporanea di attività di categoria A, B e C, il progetto da sottoporre a valutazione deve riferirsi alle sole attività di categoria B e C. La presenza di attività di categoria A deve essere indicata negli elaborati e nella relazione tecnica unicamente per la valutazione di eventuali interferenze. Pertanto, non deve essere effettuato il versamento per attività di categoria A.
Il Comando deve comunicare al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 con apposita nota specificando, in conformità all’art. 8 della legge:
Ai sensi della legge n. 241/1990 è necessario individuare il responsabile del procedimento, il responsabile dell’istruttoria tecnica e il responsabile dell’adozione del provvedimento finale. Si fa presente che tali figure potranno coincidere con uno o più soggetti diversi, secondo la complessità e l’organizzazione del Comando.
Il responsabile del procedimento ai sensi della legge n. 241/1990 è di norma individuato, se non diversamente specificato, nel Comandante Provinciale. Questa è la figura dotata dell’autorità necessaria per la gestione e il governo di ogni fase procedimentale. Il Comandante è altresì il responsabile per l’adozione del provvedimento finale ai sensi dell’art. 6, lett. e) della legge n. 241/90.
In base agli impegni che caratterizzano le precipue responsabilità dirigenziali, il Comandante non dovrebbe avere un diret¬to e personale coinvolgimento nell'espletamento della fase istruttoria tecnica delle pratiche. Infatti, a queste ultime sovrintendono le altre figure professionali del Comando.
L’incarico di responsabile dell’istruttoria tecnica dovrebbe essere conferito dal Comandante, all’atto della ricezione della richiesta, in modo casuale, tra il personale idoneo e secondo criteri di rotazione. A garanzia di trasparenza e imparzialità, non dovrebbero essere previsti automatismi (es. su base territoriale, incarichi precedenti, ecc.) nell’assegnazione degli incarichi.
In caso di documentazione ritenuta non esauriente, il Comando può richiedere le integrazioni entro 30 giorni come previsto dall’art. 3, comma 3 del D.P.R. n. 151/2011. In tal caso il termine per la conclusione del procedimento (60 giorni) decorre dalla data di presentazione della documentazione completa.
Per evitare che i procedimenti restino fermi per un tempo imprecisato, nella nota inviata dal Comando potrà essere precisato che la documentazione richiesta dovrà pervenire entro un certo termine dalla data di invio della comunicazione. In tal caso sarà comunicato che, decorso il termine in assenza di riscontro, il progetto sarà esaminato sulla base di quanto presente agli atti.
Il Comando rilascia il parere entro 60 giorni dalla data di presentazione della documentazione completa. Con il vecchio regolamento il termine era fissato in 45 giorni prorogabili, in caso di situazioni complesse, fino a 90 previa comunicazione all'interessato.
Il nuovo regolamento non qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza. Infatti, all'articolo 3 comma 3 del D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 non più specificato il cd. "silenzio-rigetto", a differenza di quanto previsto nel vecchio regolamento, che all'articolo 2 comma 2 prevedeva «… ove il comando non si esprima nei termini prescritti, il progetto si intende respinto.»
Qualora il Comando preveda di rilasciare un «parere contrario» deve inviare preventivamente una comunicazione informando ai sensi dell'art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, che sussistono motivi ostativi, elencandoli, all'accoglimento della domanda.
Il richiedente è invitato a presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate di documenti, nel termine di dieci giorni dal ricevimento, le quali saranno valutate ai fini dell'espressione del parere definitivo. Il procedimento viene sospeso e i termini di conclusione iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza dei citati 10 giorni.
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