Data Pubblicazione:

Strategie Digitali e Mercati Domestici

Strategie Digitali e Mercati Domestici

Recentemente Piero Torretta, nella sua qualità di Presidente dell'UNI, rivendicava assai giustamente il ruolo svolto in ambito sovranazionale (CEN) e in campo internazionale (ISO) dall'Ente Italiano di Normazione, anche nell'ambito del Building Information Modelling.
Più in generale, è evidente che occorra un respiro allargato, non sovranista, ma basato su forti Strategie Nazionali per essere in grado, come Stato Membro, il Nostro Paese, di influire, di contare nella Unione Europea delle Costruzioni sulle linee decisive della Circolarità e della Infrastrutturazione.
L'Italia, in effetti, dispone oggi di una iniziativa, Casa Italia, in corso di istituzionalizzazione, che mira ad agire preventivamente sul riassetto del Territorio a partire dai rischi idrogeologici e tellurici, ma anche dai disagi urbani, e di una Programmazione Infrastrutturale che ha lo scopo di creare le condizioni per la connessione del Paese.
A esse si deve aggiungere la Riforma della Amministrazione Pubblica, anche Digitale, che investe direttamente le Stazioni Appaltanti e le Amministrazioni Concedenti.
In tutte queste circostanze sussistono importanti elementi per la Digitalizzazione dell'Ambiente Costruito: segnatamente, il sistema informativo relativo alla vulnerabilità territoriale e le cosiddette Smart Roads.
Al contempo, il Parere al Correttivo del Codice dei Contratti Pubblici, rilasciato dalla VIII Commissione del Senato della Repubblica, a firma di Stefano Esposito (senza dimenticare l'opera sincronica di Raffaella Mariani alla Camera Bassa) enfatizza l'opportunità di procedere alla definizione di lineamenti strategici per la Digitalizzazione del Settore delle Costruzioni, anche in considerazione probabilmente di quanto sta avvenendo per gli altri Comparti Industriali grazie al Piano Nazionale Industria 4.0.
È evidente che, a livello iconico, il minimo comune denominatore di queste iniziative sia la Relazionalità, vale a dire la necessità di riannodare sottili trame che progressivamente si sono sfaldate a causa della Grande Recessione.
Ciò che, dunque, deve essere oggetto di attenzione, nel prossimo futuro, non può semplicemente essere la Grande Trasformazione (per adoperare una espressione cara alla vulgata, ad esempio, la «rivoluzione del BIM»), come se essa fosse inevitabile e salvifica.
Serve, invece, comprendere secondo quali modalità la Grande Riluttanza, cioè il tessuto disperso e frammentario della committenza, della professione e dell'Imprenditorialità, possa avviarsi gradualmente verso il cammino della Cultura Digitale, con sufficiente consapevolezza.
Come ricordato, la Digitalizzazione, la valorizzazione dei Dati strutturati computazionalmente in Informazioni, implica, potenzialmente, profondi tratti evolutivi che possono tradursi in Disintermediazione à la Uber (si pensi, tra gli altri, a Homly You in Francia), ma pure in Aggregazione (esemplificativamente, si ipotizzino reti organizzative tra soggetti eterogenei che possano operare nella Smart City).
Appare, dunque, urgente, accanto a una Riqualificazione della Domanda Pubblica, che non potrà, però, avvenire in tempi brevi, pensare alla Unitarietà (di intenti) dell'Offerta Privata.
Il tema della Digitalizzazione, dunque, anziché essere agitato come spauracchio di un cambiamento distorcente e irreversibile, come per il Digital Banking, può, anzi dovrebbe, essere proposto come lo spunto, l'occasione, certo faticosa, per rivisitare la configurazione, la fisionomia del mercato domestico delle costruzioni, dell'influenza che su di esso esercita il costruito (a cui si applicano le agevolazioni fiscali relative agli interventi relativi alla sismica e all'energetica).
Giorgio Santilli recentemente ricordava molto opportunamente come il valore delle Infrastrutture sia legato ai Servizi che esse «ospitano».
Di fatto, ciò che la Digitalizzazione permetterebbe è, in più, di fare sì che i Cespiti Immobiliari e Infrastrutturali addirittura «eroghino» Servizi, che siano immaginabili essi stessi quali Servizi, come, tra altri, HS2, IBM e WEF hanno provato a narrare.
Oltre a tutto, ciò vorrebbe significare che anche i Prodotti Immobiliari che vorremmo denominare come Connessi e Cognitivi assumano caratterizzazioni «infrastrutturali».
D'altra parte, a proposito di ciò che un tempo si appellava come Domotica, e che oggi si denomina come Smart Home, l'ingresso sul mercato dei cosiddetti Over-The-Top (Apple, Amazon, Google, Microsoft) si basa, ad esempio, sul riconoscimento vocale o su dispositivi di apprendimento dei comportamenti degli Utenti, che ci rammentano, una volta di più, che la Relazione tra Beni e Occupanti (quello che, in ambito manifatturiero, da Quarta Rivoluzione Industriale, chiameremmo il Rapporto Uomo-Macchina) costituirà sempre più il vero business per l'Industria delle Costruzioni.
Si pensi al ruolo che nella Cura della Popolazione che Invecchia potranno assumere residenze adattive e flessibili (ce lo propone Bouygues Immobilier in un recente libello) legate anche, infine, a pratiche para-ospedaliere.
È palese, allora, come, al di là di Building Information Modeling, Computational Design, Mixed Reality, Additive Manufacturing, Digital Fabrication, Autonomous Machinery, e molto altro, la scommessa sul Processo, sui Digital Workflow (su Processi Decisionali, anche ovviamente Creativi, abilitati da Flussi Informativi Individualizzati e Tempestivi) riguarda principalmente la sfida inerente al ripensamento del Prodotto.
Attorno al Prodotto, al Nuovo Prodotto Immobiliare e Infrastrutturale, al suo essere Sistema di Sistemi, andrebbe svolta una intensa riflessione sulla Identità degli Operatori, l'oggetto vero e ultimo del contendere.
Alla conclusione, ci si augura, della Grande Recessione non avrebbe senso esecrare una carenza di Spirito Innovativo sia nella Domanda sia nell'Offerta, oggi presente, quest'ultimo, soprattutto nelle retoriche.
Si possono ben comprendere i motivi dell'inerzia e le ragioni dello smarrimento, si può persino intuire il significato della nostalgia, sempre meno dicibile (ma nondimeno presentissima), per il passato recente e il tentativo, insito anche nei microconflitti corporativi, di perpetuarlo involontariamente come stratagemma per non uscire da quelle categorie.
Nessuno, di sicuro, può oggi permettersi di ignorare tutto ciò, non solo i Decisori Politici, ma anche i Critical Thinker (per non diventare Wishful Thinker): ma una grande ambizione nazionale, non nazionalista, che ambisca ad acquisire una visibilità internazionale, non può che partire da un Progetto di Futuro.
Si tratta di una concezione, che deve essere il più possibile condivisa, della Crescita, di un desiderio o di una volontà di fuoriuscire dal Declino.
Di una passione, appunto, che deve contaminare tutti gli Operatori.