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Il BIM per le Rappresentanze Professionali e Imprenditoriali: tra Attese e Criticità

Il BIM per le Rappresentanze Professionali e Imprenditoriali: tra Attese e Criticità

Nella premessa a un recente saggio, pubblicato da Wiley, di Martin Fischer e di Howard W. Ashcraft, intitolato Integrating Project Delivery, si legge di una Collective Intelligence che dovrebbe diffondersi lungo tutta la Supply Chain: ecco, il Building Information Modeling (BIM) rappresenta, in ultima analisi, la quintessenza di Processi che si vorrebbero Integrati e Collaborativi, poiché solo così essi potrebbero consentire il necessario recupero di produttività al Settore delle Costruzioni.
Ciò dovrebbe avvenire in virtù del fatto che il Building Information Model sarebbe di per se stesso un contenitore olistico di informazioni correlate e coerenti, automaticamente generatore di singole fonti di verità.
Si tratta di un assunto ormai indiscusso a livello internazionale che deriva, peraltro, dalla convinzione della centralità dei processi informativi che risale, nella teoria e nelle intenzioni, agli Anni Cinquanta del secolo scorso, ben prima che la Digitalizzazione si mostrasse nel suo completo dispiegamento.
Sennonché questo principio fa riferimento a una narrazione che, sul piano pratico, almeno, ma non solo, nel Nostro Paese, oltre a scontare debolezze nelle tecnologie abilitanti, si scontra con un assetto culturale e operativo che appare antitetico.
Vi è, infatti, una sorta di aporia, o forse solo di circolarità, nel ritenere che la soluzione all'inefficacia del Settore per come è conosciuto stia nella negazione di quello che oggi è: e che, probabilmente, da molto tempo è stato.
Anche in presenza di condizioni e di vincoli di cogenza, che il codice dei contratti pubblici prevede, per il prossimo futuro, resta inevaso l'interrogativo di fondo sull'inevitabilità della Digitalizzazione: certo, il Racconto del BIM, che pressoché ovunque nel globo, nei mercati internazionali, ha goduto di enorme attenzione e considerazione, è, infine, permeato anche alle Nostre latitudini, in maniera un po' trita, in parte di seconda mano, ma, appunto, esso è pervenuto.
Al contempo, la medesima Narrazione, che tante aspettative aveva, negli scorsi anni, suscitato altrove, in maniera pionieristica, fruttando anche primati politici e consulenziali non trascurabili a favore di alcuni Paesi, inizia a incrinarsi, poiché il tempo necessario al suo inveramento è il medio-lungo periodo e dipende da una lenta e complessa transizione, dai suoi modi e dai suoi tempi.
Sarebbe sufficiente guardare dall'interno, con occhio clinico, ciò che accade veramente in alcuni dei Paesi sempre citati come esempio per prenderne le misure.
E' palese come, nel Nostro Paese, la popolarità che, in maniera un po' forzata, sta acquisendo il BIM rischia, prima ancora che in altri contesti, di manifestarsi, in pochi anni (tendenzialmente nel lasso 2017-2022) come esausta, anche a causa di letture poco attente ai precedenti internazionali e al solito tentativo di proporre come miracolistici dispositivi ancora non perfettamente calibrati che, comunque, nascono e si sviluppano in ambiti precisi con motivazioni non casuali, da comprendere pienamente.
Per un Consiglio Nazionale, o più semplicemente per un Ordine Territoriale (lo stesso vale per le Associazioni Datoriali), il primo, logico, passo da intraprendere è stato quello di reperire nazionalmente o localmente referenti di varia natura (talora atenei pubblici, più spesso società private) che potessero fornire nozioni basilari e, soprattutto, strumenti abilitanti.
A prescindere dal fatto che l'introduzione teorica raramente si alimenta dei testi e dei contesti internazionali originari, dando, in questo modo, del fenomeno una lettura mediata e convenzionale, l'implementazione pratica può essere più o meno accurata, ma sovente trascura i flussi di lavoro che creano connessioni coi processi decisionali all'interno di ambienti di condivisione dei dati: oltre che dei documenti.
Il punto è, tuttavia, di chiedersi a che cosa questi metodi e questi strumenti abiliterebbero. La risposta, ovviamente, non può che essere quella fornita all'inizio della riflessione. I processi cooperativi, se esistesse un Body of Knowledge per il BIM, sarebbero la pietra angolare di questo catechismo.
Sappiamo bene, però, come anticipato, che questo famigerato luogo della convergenza (e qui il termine sarebbe passibile delle indagini acute di Randy Deutsch nel suo saggio omonimo) è più immaginifico che reale, in special modo nell'orizzonte committente, professionale e imprenditoriale italiano.

Difficile, non essendo anime belle, credere al collettivismo in luogo dell'individualismo, al gigantismo in luogo del nanismo, e così via: il rischio di questo approccio, un poco fabulistico, è, infatti, quello che, dimenandosi tra (e investendo su) Capitolati Informativi, Piani di Gestione Informativa, Strumenti e Dispositivi, si crei l'ennesima sovrastruttura che consente di soddisfare le eventuali richieste legislative e contrattuali, di attribuirsi una indispensabile patina di innovazione, lasciando inalterati i termini spinosi delle scommesse e delle poste in palio.
Sembra, perciò, tempo, per le Rappresentanze Professionali e Imprenditoriali, di accantonare temporaneamente tutta questa messe di iniziative informative e formative, o per lo meno, di accostare a esse eventi che mettano in scena la complessità e le contraddizioni che l'implementazione dei processi, dei metodi e degli strumenti propri della Digitalizzazione (anche oltre il BIM, beninteso) generano ineludibilmente.
Come immaginarsi queste rappresentazioni? Come eventi che, lungo una storia evolutiva, una promessa di cambiamento, che abbia una sua intima logica, ma che sia quasi fuori campo, vedano l'intromissione di interventi che a proposito di essa, restituiscano perplessità, equivoci, aspettative, riscontri, che diano cioè immagine e voce alla pluralità di operatori che iniziano ora un lungo cammino, colla preoccupazione, o colla speranza, chissà, che essa si interrompa a metà del guado.
Accanto alla profezia proposta dallo studioso, dunque, dovrebbero stare il responsabile dell'ufficio tecnico, lo sviluppatore immobiliare, gli esponenti degli enti di controllo, i titolari degli studi professionali, i dirigenti delle aziende e delle imprese: tutta quella folla di soggetti in competizione, in conflitto, in collusione talvolta, che si vorrebbero armonicamente dialoganti grazie all'acronimo famigerato del BIM.
Lo studioso illustra, presenta, guida una esposizione che, nel canovaccio, nella sceneggiatura, desidererebbe proporre come lineare; gli operatori, sia in differita sia in diretta, tanto confermano quanto smentiscono l'ipotesi narrativa.
E' assolutamente necessario, in effetti, portare alla luce della ribalta, tutti i termini del problema, specialmente tutte le condizioni in cui l'opacità e l'incoerenza del dato, analogico, non siano solo funzionali a un sistema di convenienze consolidato (che, pertanto, per primo reciterà retoricamente la litania della innovazione digitale, al fine di disinnescarla), ma ne siano, in definitiva, la cifra identitaria, difficilmente rinunciabile più per questa ragione, culturale, che non per la motivazione cinicamente razionale.
Non dimentichiamo che è pericoloso immaginare una contrapposizione tra Domanda e Offerta, poiché sia l'una sia l'altra sono, in realtà, Consorzi Temporanei, Joint Venture di mentalità e di interessi non perfettamente allineati, non decisamente solidali: ed è proprio su questi ostacoli che si infrange rovinosamente l'onda lunga del BIM e del Common Data Environment.
Quello che serve, dunque, è una analisi disincantata che, in seguito, attraverso tavoli operativi, raccolga esattamente quegli attori dell'opacità e del conflitto, per definire, assieme a loro, quali siano le condizioni, queste sì davvero abilitanti, affinché il Nuovo Approccio possa avverarsi, possa determinare convenienze superiori di trasparenza e di condivisione.
Naturalmente, per primi, gli accademici, più o meno disinteressatamente, e, per secondi, gli esperti, assai meno disinteressatamente, preferiscono evitare accuratamente una simile occasione di confronto, perché una narrazione prescrittiva, normativa, che auto definisca i vantaggi e la profittabilità della Grande Trasformazione Digitale, è del tutto idonea all'assunzione di una posizione avanzata, virtuosa, che si guarda bene dal confrontarsi con i temi strutturali del mercato, per trarre da ciò la giustificazione e la legittimazione per eventuali, futuri, insuccessi.
Se il BIM è una icona della Innovazione, un suo insuccesso si dovrebbe, forzatamente, ascrivere esclusivamente a una arretratezza del mercato, a una insensibilità dei suoi protagonisti: se, poi, anche a essi convenisse coltivare il simulacro, all'opposto, di un successo nominale, tanto meglio per tutti.
Il Consenso internazionale, alimentato dalle grandi consultancy, sul Recupero di Produttività, sulle Metriche in Tempo Reale, e così via, non può, anche per via delle barriere linguistiche, che giungere attenuato, non appare certo così impellente: l'operatore del Settore delle Costruzioni, per quanto in grave difficoltà congiunturale e strutturale, non cercherà probabilmente nella Digitalizzazione la soluzione alla propria crisi né se ne sentirà direttamente minacciato come quello del Digital Banking.
Ancora una volta, spetta alle Rappresentanze decidere se intraprendere un percorso disincantato, complicato, ma potenzialmente trasformativo, o se limitarsi a una recitazione di prammatica, nella convinzione che nessun fattore sia veramente risolutivo, sia davvero trasformativo.

 

 

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