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Falsificare l’attestato energetico è reato penale

Rientra nel reato di truffa (articolo 640 cod. pen.) la falsificazione dell’Attestato di prestazione energetica (cd. APE), allegato ad un contratto di vendita immobiliare, nel caso la vendita abbia ad oggetto un alloggio con una classe energetica “diversa” da quella dichiarata nell’attestato.

Rubrica a cura di EUROCONFERENCE – Articolo di Raffaele Pellino
 
Rientra nel reato di truffa (articolo 640 cod. pen.) la falsificazione dell’Attestato di prestazione energetica (cd. APE), allegato ad un contratto di vendita immobiliare, nel caso la vendita abbia ad oggetto un alloggio con una classe energetica “diversa” da quella dichiarata nell’attestato.
 
Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 16644/2017.
Ma veniamo ai fatti: l’acquirente ricorre in Cassazione contestando la vendita di un immobile “con caratteristiche diverse da quelle dichiarate con riguardo alla definizione della categoria energetica”. A parere di questi, infatti, il costruttore era consapevole di avere effettuato lavori in economia e, quindi, non poteva essere in buona fede quando ha venduto come energeticamente “virtuoso” un immobile che nella realtà presentava una classe energetica più bassa di quella indicata contrattualmente.
 
Eppure, la Corte d’appello, ritenendo il venditore in buona fede (in quanto aveva confidato nelle valutazioni dei tecnici che attestavano la conformità delle opere al progetto), lo assolveva dal reato di truffa contrattuale.
In direzione opposta, invece, la decisione della Cassazione che ha annullato la sentenza impugnata e rinviato la stessa al giudice civile competente per valore in grado di appello.
 
Secondo la Corte, infatti, la difformità tra i lavori eseguiti e quelli progettati e la conseguente vendita dell’immobile con una classe energetica effettiva non corrispondente a quella dichiarata non poteva sfuggire al costruttore, dato che le opere effettuate risultano meno costose di quelle che avrebbero dovuto essere eseguite per rispettare i parametri energetici contenuti nel progetto.  In particolare – precisa la Cassazione – poiché il risparmio di spesa era noto al venditore, è “manifestamente illogica” la parte della sentenza d’appello che esclude l’elemento soggettivo della truffa esclusivamente sulla base dell’affidamento che l’imputato avrebbe fatto nelle certificazioni di conformità dei tecnici che avevano eseguito il collaudo.
 
È, dunque, richiesta al venditore la massima diligenza nell’indicare, nell’atto di vendita, la classe energetica dell’immobile. Sul punto, vale la pena ricordare che:
  • il rilascio dell’attestato di prestazione energetica è obbligatorio nei casi di vendita, trasferimento di immobili a titolo gratuito o di nuova locazione di edifici o unità immobiliari; in tutti i casi, il proprietario deve rendere disponibile l’APE al potenziale acquirente o al nuovo locatario all’avvio delle rispettive trattative e consegnarlo alla fine delle stesse;
  • in caso di vendita o locazione di un edificio prima della sua costruzione, il venditore o locatario fornisce evidenza della futura prestazione energetica dell’edificio e produce l’attestato entro 15 giorni dalla richiesta di rilascio del certificato di agibilità;
  • nei contratti di vendita, negli atti di trasferimento o nei nuovi contratti di locazione è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine alla attestazione energetica degli edifici.
Sul piano sanzionatorio si fa presente che: in caso di violazione dell’obbligo di dotare l’edificio o l’appartamento dell’APE il proprietario è punito con una sanzione amministrativa non inferiore a 3.000 euro e non superiore a 18.000 euro; nel caso la violazione riguardi, invece, un nuovo contratto di locazione, il proprietario è punito con una sanzione da 300 euro a 1800 euro.

Rischi di elevate sanzioni anche per il professionista qualificato che rilascia un attestato di prestazione energetica degli edifici senza il rispetto dei criteri e delle metodologie definiti dalla legge; in tal caso, la sanzione amministrativa va da un minimo di 700 euro ad un massimo 4.200 euro. Per di più, l’ente locale e la regione o provincia autonoma, che applicano le sanzioni secondo le rispettive competenze, danno comunicazione ai relativi ordini o collegi professionali per i provvedimenti disciplinari conseguenti. 

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