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La Centralità del Committente nel Processo Edilizio e Infrastrutturale Digitalizzato

La Centralità del Committente nel Processo Edilizio e Infrastrutturale Digitalizzato

Il comma 13 dell'articolo 23 del codice dei contratti pubblici pone le stazioni appaltanti e le amministrazioni concedenti all'origine della modellazione e della gestione informativa.
Cosa analoga fa, per dire, il gruppo Bouygues, con Bouygues Immobilier, in Francia, e con Losinger Marazzi, in Svizzera, per lo sviluppo immobiliare privato.
E, se volessimo citare committenze digitalizzate pubbliche per eccellenza, come non ricordare il servizio sanitario norvegese o il ministero di grazia e giustizia britannico?
Solo poco tempo fa, in Italia, una Public Utility «richiedeva» il «sistema BIM»: si dovrebbe ritenere questa attitudine più che naturale, dato che la Domanda «domanda», appunto.
E se essa richiede la modellazione e la gestione informativa, altri, i progettisti, in particolare (anche quelli che agiscono per conto delle imprese di costruzioni), dovranno «fare il BIM», saranno tenuti a produrre, perciò, i modelli informativi.
Eppure, le cose stanno molto diversamente da così, persino esulando dalla fattispecie per la quale la struttura di committenza progetti internamente.
Per prima cosa, con riferimento ai dati di ingresso da fornire ai progettisti, dovrà pur esistere un modello informativo che stia a configurare, geometricamente e alfanumericamente, lo stato di fatto della preesistenza costruita, del terreno vergine urbanizzato, del territorio.
Se tutto ciò sarà assente, o solo parzialmente presente (magari in modalità non interoperabile col modello informativo richiesto ai progettisti), allora il committente avrà dichiaratamente delegato a essi, alla controparte esterna, la determinazione dei presupposti della concezione dell'intervento.
E lo avrà fatto computazionalmente, senza margine di ambiguità sulla detenzione dei dati e delle informazioni che costituiscono il termine di avvio della prestazione professionale.
Oltre a ciò, la letteratura ormai ci insegna che, attraverso il capitolato informativo, la committenza indica ai progettisti le finalità della modellazione e della gestione informativa, richiede a essi la descrizione delle strutture organizzative e delle dotazioni strumentali, e quant'altro sarà, in seguito, incluso nell'offerta e nel piano di gestione informativa.
Spesso, tuttavia, ci si dimentica che, se un BIM Client sprovveduto trascura di redigere i requisiti informativi e quello edotto li pone a base di gara, l'autentico committente digitalizzato li formula analiticamente in modo computazionale, a iniziare dalla struttura funzionale spaziale e dai flussi fruitivi: ciò che è immobile e ciò che è dinamico.
In questo senso, la committenza progetta gli spazi, gli usi e, in definitiva, in-forma l'operato dei progettisti.
Una tale committenza, che sia immobiliare od ospedaliera o penitenziaria o ecclesiastica, certamente «attiva», che idea i servizi assieme alla distribuzione spaziale, e, in una certa misura, li impone ai progettisti, impiega, però, strumenti che non sono quelli di produzione dei modelli informativi, bensì quelli dell'istruttoria e della verifica dei risultati realizzati con questi ultimi.
Si tratta, dunque, di una committenza che, attraverso capitolati informativi e offerte/piani di gestione informativa vuole dialogare con la controparte, possibilmente entrando all'interno, per quanto consentitole contrattualmente, tramite l'ambiente di condivisione dei dati, delle logiche delle catene di fornitura, a partir dalla progettazione, magari come business intelligence.
Una committenza certamente importante impegnativa, forse invasiva, ma che, in realtà, dovrà inscenare un «conflitto» coi fornitori dei servizi di progettazione, nel senso metaforico di proporre una identità forte del cespite che commissiona in termini che vanno dalla conservazione alla (ri)costruzione, ben essendo consapevole che, in parte, il valore progettuale dipenderà dalla capacità di misurare e di discutere gli «scostamenti» proposti dai progettisti medesimi ai vincoli digitalmente espressi in origine.
Non saranno, infatti, sicuramente le committenze, pubbliche o private che siano, zelanti nell'adempimento legato alla compilazione nominale del capitolato informativo a essere determinanti, a fronte di compagini progettuali altrettanto ossequiose sul piano formale, a poter generare valore per l'uso e per la fruizione del bene immobiliare o infrastrutturale.
Lo saranno, invece, quelle che delle richieste computazionali avranno fatto una metrica in grado di governare dialetticamente il processo progettuale assieme alla e a fronte della controparte, avendo eventualmente affiancato agli «autori», agli ideatori, i costruttori, i gestori e gli utenti.
Un tempo ci si lagnava del «ritardo» del committente italiano al cospetto di quello, ad esempio, extracomunitario che, in terre lontane, citava e chiedeva il BIM, l'acronimo essenzialmente, è poco più.
Quel modus operandi è, infine, giunto ai patrî lidi, con esiti spesso critici, per ricorrere a eufemismi necessitati.
Ma la sfida risiede assolutamente altrove, nel formare e nell'attrezzare il committente digitalizzato, nei termini poc'anzi descritti.
È una scommessa per nulla vinta ovunque, neppure nel Regno Unito, ove le recenti indagini hanno messo in risalto questa difficoltosa condizione di assenza, in molti casi, del motore di committenza.
La graduale adozione della digitalizzazione di committenza, nelle forme della modellazione e della gestione informativa, deve iniziare immediatamente: serviranno anni per acquisire il pieno dominio computazionale di ciò che si commissiona e per condividerlo coi propri finanziatori e assicuratori: oltre che per «dibatterlo» coi propri progettisti e cogli enti competenti.
Non è il Sistema BIM, è la Digitalizzazione del Sistema.