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Cerchiatura e messa in sicurezza provvisionale di edifici storici: alcuni esempi

Nella memoria si mostrano alcuni casi di cui l’autore si è occupato della messa in sicurezza di edifici storici, utilizzando soluzioni alternative alle puntellazioni.

1. Premessa
Il patrimonio edilizio storico in disuso, o addirittura allo stato di rudere, è frequentemente colpito da dissesti strutturali che rischiano di comprometterne la stabilità e di causare gravi ed irrecuperabili perdite di materia storica, oltre che comportare rischi per le persone che frequentano l’intorno dell’edificio.
A ciò si aggiungono situazioni di danno post-sisma che richiedono interventi di messa in sicurezza strutturale, i quali devono possedere caratteristiche di efficacia e di facile operatività, oltre che di economicità.
Gli usuali sistemi di messa in sicurezza prevedono l’impiego di puntelli o di ponteggi in tubo-giunto che, sebbene offrano una grande versatilità e un’ottima resistenza, al tempo stesso possono risultare ingombranti e non sempre consentono il libero accesso all’edificio.
In alternativa ai ponteggi, l’impiego di cavi di cerchiatura e stralli può garantire un adeguato livello di sicurezza ed una riduzione degli ingombri, compresa una sufficiente gradevolezza estetica e formale, pur trattandosi di un intervento a carattere temporaneo.
Quale ulteriore possibile soluzione, negli ultimi anni si è molto diffuso anche l’uso delle cinghie in poliestere che offrono un’eccellente tenuta a trazione, con la possibilità di pre-tendere il sistema mediante “cricchetti”, rendendo “attivo” l’intervento.
Nella memoria si mostrano alcuni casi di cui l’autore si è occupato della messa in sicurezza di edifici storici, utilizzando soluzioni alternative alle puntellazioni.
 
2. Un intervento di messa in sicurezza temporanea diventato definitivo: il castello Visconteo di Trezzo sull’Adda
Il Castello di Trezzo sull’Adda è una delle principali fortificazioni lombarde, non tanto per dimensione quanto per importanza strategica. La sua possente struttura ha subito numerose trasformazioni col passare dei secoli e, purtroppo, cospicue manomissioni e asportazioni.
Il Castello Vecchio, probabilmente costruito nel XII secolo come baluardo difensivo nelle lotte tra i comuni e Federico Barbarossa, fu poi rivisitato e ampliato attorno al 1370 con la costruzione del Castel Nuovo e del ponte fortificato sul fiume Adda (demolito già nel 1416).
Utilizzato come caserma e residenza signorile nei secoli successivi, subì la sua maggiore rovina nel XIX secolo, quando fu utilizzato dai proprietari come cava di ceppo e puddinga (i suoi materiali furono utilizzati addirittura nell’Arena di Milano e nella Villa Reale di Monza).
Solo verso la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo si pose nuovamente attenzione all’importante testimonianza storica del luogo.
Ad oggi, accanto alla massiccia torre sovrastante il lato d’ingresso e ad alcuni fabbricati recenti, restano numerosi ruderi dei fabbricati e delle mura difensive.
Tra essi un alto muro verticale in mattoni e ciotoli (che anticamente era incluso nei fabbricati e sosteneva lo scalone d’onore) era rimasto completamente isolato.
Si tratta di una parete molto snella e “libera” per circa 18 mt di altezza e 23 mt di larghezza, con tratti sbrecciati e sporgenze isolate.
Il muro è stato messo in sicurezza nel 2002, permettendo una completa fruibilità degli spazi verdi circostanti, oggi destinati a parco pubblico comunale.
L’intervento, inizialmente previsto e progettato come “provvisorio”, è rimasto in opera tal quale e mai sostituito da alcun intervento definitivo, poiché ritenuto adeguato dalla committenza.
La soluzione adottata ha avuto l’obiettivo di stabilizzare il muro mediante la posa di stralli in trefoli d’acciaio zincati a caldo, Φ14mm, ancorati da un lato alla muratura e dall’altro a terra.
Sono stati messi in opera 12 stralli inclinati per ogni lato, collegati alla muratura a due livelli diversi, secondo lo schema illustrato nelle immagini.
I dispositivi di aggancio degli stralli alla muratura sono stati realizzati inserendo una barra filettata di acciaio Φ30mm all’interno delle buche pontaie esistenti, evitando così qualunque ulteriore danneggiamento alla muratura. Alle estremità della barra sono state poste due piastre inox ellittiche, forate al centro, di diametro massimo 350 mm e spessore 15+15 mm, ciascuna posta su un lato della muratura. Le due piastre sono state serrate tra loro, in modo da comprimere la muratura tra esse compresa. Alla piastra ellittica è stata saldata una costolatura centrale per consentire l’aggancio degli stralli. Alle estremità dei trefoli sono stati inseriti tenditori a canaula, SX-DX, per il tensionamento.
Il tesaggio è stato operato per fasi, rispettando le simmetrie, sotto stretto monitoraggio e controllo della DL onde evitare ulteriori dissesti al muro.
L’ancoraggio a terra è realizzato per mezzo di micropali verticali in acciaio, tipo Tubfix, valvolati, inseriti nel terreno fino a una profondità minima di 7 m.
 

Fig. 1: Il consolidamento della parete del Castello di Trezzo sull’Adda (MI) mediante stralli in acciaio. Vista laterale
 
 
Fig. 2: Il consolidamento della parete del Castello di Trezzo sull’Adda (MI) mediante stralli in acciaio. Vista frontale
 
Dal punto di vista statico lo schema analizzato è costituito da una mensola muraria, di lunghezza 23,00 m ed altezza 18,00 m (escluso lo “sperone” che arriva a quota 22 m) e spessore 1,20 m, incastrata al suolo. Il carico applicato è quello del sisma (più gravoso rispetto al vento) e l’analisi è stata condotta allo stato limite di collasso. Il sistema di consolidamento è stato schematizzato inserendo nel modello 6+6 coppie di tiranti inclinati, ancorati a terra e alla muratura.
In termini di verifiche numeriche, l’introduzione delle coppie di tiranti, anche in assenza di tesaggio, ha comportato una riduzione degli spostamenti orizzontali in sommità nell’ordine del 26%.
Tale valore cresce all’aumentare del tiro applicato ai cavi, il quale induce anche una riduzione degli sforzi di trazione nella muratura e, limitando l’eccentricità, porta ad un aumento della sezione reagente.
 
 
Fig. 3: Il consolidamento della parete del Castello di Trezzo sull’Adda (MI). Piastra ellettica

Fig. 4: Il consolidamento della parete del Castello di Trezzo sull’Adda (MI). Ancoraggio dei cavi a terra

 

3. La cerchiatura provvisionale di torri
3.1 Il Torrione di Cassina de’Pecchi (MI)

Il territorio cassinese, situato alla periferia orientale di Milano, ha origini prevalentemente rurali, testimoniate dalla presenza di numerose cascine che, nel corso degli anni, sono state in parte inglobate nell’abitato ed in parte andate distrutte. Proprio una di queste realtà, la Cascina Casale, è stata oggetto di un consistente intervento distruttivo di cosiddetta “riqualificazione edilizia”, lasciando come testimonianza storica dell’esistente solo un vecchio e degradato edificio, denominato Torrione Casale.
L’edificio ha una conformazione molto semplice, a base rettangolare e con una altezza pari circa al lato maggiore, tale da conferirgli una geometria piuttosto tozza. Il rigore volumetrico e quello dei prospetti, con aperture simmetriche sui lati maggiori, si rispecchia nella conformazione dello spazio interno, privo di tramezze e ripartito verticalmente da due solai lignei, conservati solo parzialmente.
Questo precario stato di conservazione è imputabile primariamente al crollo della copertura, avvenuto attorno al 1995, che ha lasciato agli agenti atmosferici la possibilità di deteriorare ancor di più il materiale, già segnato dal tempo e dall’abbandono. Il degrado era esteso anche alle murature, realizzate in parte con laterizio a tessitura regolare e in parte con l’inclusione di ricorsi in ciottoli di fiume.
Le pareti si presentavano con molte lacune, i giunti di malta degradati, la vegetazione infestante su gran parte del prospetto settentrionale e preoccupanti fessure passanti, con ampiezza di alcuni centimetri, che denotavano una precaria situazione statica.
Ciò che teneva ancora uniti i muri perimetrali erano le travi lignee, fortunatamente dotate di bolzoni in ferro e capochiave esterni in corrispondenza dell’incastro, che parzialmente si opponevano al ribaltamento delle quattro pareti.
Nel 2008 è stato realizzato un primo intervento di messa in sicurezza, per scongiurare un pericolo di crollo repentino.
L’obiettivo era quello di stabilizzare la torre per un periodo sufficientemente lungo così da poter redigere il progetto di recupero e reperire i finanziamenti per l’intervento, con un sistema che fosse di semplice installazione e a costi molto contenuti. La soluzione doveva essere di tipo “attivo” ovvero capace di agire sin da subito, senza attendere ulteriori deformazioni della scatola muraria. Sono stati pertanto impiegati due anelli di cerchiatura realizzati con trefoli di acciaio zincato che, messi in tensione da tenditori, fornivano una azione di confinamento delle quattro pareti.
Per distribuire l’effetto della cerchiatura all’intero perimetro sono state inserite 6+6 piastre metalliche con una sagoma “a piramide” lungo il perimetro e piastre angolari sui 4+4 spigoli.
 
 
Fig. 5: Le evidenti lesioni verticali del Torrione di Cassina de’Pecchi allo stato di fatto e Vista generale della messa in sicurezza
 


Fig. 6: Messa in sicurezza del Torrione di Cassina de’Pecchi: Piastre di contrasto a “piramide” e cavi perimetrali

 
I due anelli realizzati in cavo sono stati collocati alla quota dei due solai lignei, così da trovare un contrasto tale da impedire l’implosione dell’intero edificio, conservandolo fino all’inizio dei lavori avvenuto nel 2013 e durato due anni.
Dal 2008 al 2013 si è continuato il monitoraggio iniziato nel 2005 che ha evidenziato il decisivo contributo stabilizzante delle due cerchiature.
 
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