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La classificazione del legname in opera: Norme di riferimento e aspetti tecnico-pratici

La valutazione qualitativa e quantitativa delle caratteristiche correlate alle prestazioni meccaniche di elementi lignei con funzione strutturale è un aspetto fondamentale per consentire al tecnico un adeguato approccio in ambito di verifica statica, vulnerabilità sismica ed eventuali interventi di ripristino. Questa valutazione è definita classificazione secondo la resistenza meccanica ed è obbligatoria con l’entrata in vigore delle NTC 2008.

Quando un tecnico si trova di fronte ad una struttura lignea esistente oggetto di verifica, deve essere in grado di attribuire ai vari elementi che la caratterizzano, un valore di resistenza meccanica per ogni tipo di sollecitazione alla quale gli elementi stessi sono sottoposti.
Questo è reso possibile mediante un sistema di classificazione a vista, che permette di associare a ogni elemento ligneo strutturale o a porzioni di esso, una determinata categoria mediante la misurazione di specifici parametri che devono soddisfare i requisiti stabiliti dalla norma utilizzata. Classificazione che, secondo quanto riportato dalle Norme Tecniche per le Costruzioni NTC 2008, è obbligatoria per ogni elemento ligneo impiegato per scopi strutturali.

A livello europeo, la norma di riferimento è la EN 14081 “Strutture di legno – Legno strutturale con sezione rettangolare classificato secondo la resistenza” che stabilisce i requisiti per la classificazione secondo la resistenza, a vista e a macchina, del legno strutturale con sezione rettangolare; tale norma è finalizzata anche alla marcatura CE. Le indicazioni riportate da questa norma sono state recepite dai singoli Paesi all’interno delle proprie norme nazionali utilizzate per la classificazione. Ogni Paese quindi, può avere una propria norma di classificazione, conforme alla EN 14081, che permette di attribuire ai vari assortimenti utilizzati in ambito strutturale una determinata categoria. La conversione di tale categoria in un profilo resistente riportato dalla EN 338 “Legno strutturale – Classi di resistenza” è poi possibile mediante la norma EN 1912 “Legno strutturale – Classi di resistenza – Assegnazioni delle categorie visuali e delle specie”. Ogni classe di resistenza è espressa da un profilo prestazionale in cui i valori di riferimento riportati sono dei valori caratteristici. Questi valori sono stati stabiliti mediante campagne di prove distruttive su elementi estratti a caso da popolazioni statistiche definite da un insieme di parametri quali specie, provenienza geografica e categoria determinata mediante la classificazione stessa. Il sistema garantisce che, all’interno di un dato tipo di legname, un elemento scelto a caso avrà mediamente il 95% di probabilità di resistere a valori di carico superiori di quelli riportati nel suo profilo resistente. Tale sistema è definito dalla norma EN 384 “Legno strutturale - Determinazione dei valori caratteristici delle proprietà meccaniche e della massa volumica”.

Per quanto riguarda la classificazione a vista, i metodi di valutazione delle varie caratteristiche sono prescritte dalla norma EN 1310 “Legno tondo e segati - Metodo di misurazione delle caratteristiche” salvo quanto diversamente specificato dalle singole norme di classificazione.
Tutte le normative di classificazione a vista secondo la resistenza prendono in considerazione il difetto peggiore il quale sarà quello che determinerà la categoria di appartenenza dell’elemento ligneo considerato.

In Italia le norme maggiormente impiegate per la classificazione di un segato ad uso strutturale sono la DIN 4074 “Classificazione del legno in base alla resistenza”, la NF B 52-001 “Classificazione a vista per usi strutturali di segati di conifere e latifoglie francesi” e da qualche anno la UNI 11035 “Legno strutturale – Classificazione a vista dei legnami secondo la resistenza meccanica”. Quest'ultima si divide in “Parte 1 – Terminologia e misurazione delle caratteristiche”, “Parte 2 – Regole per la classificazione a vista secondo la resistenza e valori caratteristici per i tipi di legname strutturale” e “Parte 3 – Travi Uso Fiume e Uso Trieste”.
La norma tedesca è applicabile al legno di ogni provenienza, con la sola esclusione della Douglasia di cui si considera solo la provenienza tedesca. La norma prevede criteri di classificazione differenti in funzione dell’assortimento da classificare, in particolare di travi e tavolame sollecitati prevalentemente a flessione con l’asse maggiore verticale, di tavole sollecitate di piatto, lamelle (tavole destinate all’incollaggio) e listelli.
La norma francese si applica al legno proveniente dai boschi francesi compresi quelli in area tropicale; a livello europeo sono compresi quercia, douglasia, larice europeo, abete di Sitka, abete bianco e rosso, pini e pioppo.
La norma UNI 11035, entrata in vigore nel 2010, è attualmente quella maggiormente utilizzata dai professionisti del settore. Trattasi di una norma italiana prodotta rispettando i requisiti della EN 14081, applicabile esclusivamente a legname autoctono (di provenienza italiana) e inerente la classificazione di segati in legno massiccio per uso strutturale di qualsiasi dimensione e umidità. Da precisare che qualora il legname non sia stagionato o lo sia solo parzialmente, alcune caratteristiche possono risultare non visibili o difficilmente valutabili rendendo così la classificazione solo parziale. La norma non è applicabile nei confronti di elementi assemblati e incollati per i quali la classificazione deve essere eseguita prima delle operazioni di incollaggio e assemblaggio.
Il segato viene attribuito ad una determinata categoria (S1, S2, S3 per le conifere e S per le latifoglie) in base al difetto peggiore, indipendentemente dalla sua futura funzione strutturale (trave, puntone, catena, monaco, ecc.) e quindi dalle sollecitazioni a cui verrà sottoposto in opera. La norma inoltre fornisce per ogni categoria un profilo resistente, all’interno del quale sono presenti i valori caratteristici relativi alle proprietà fisico-meccaniche riferite ad una umidità del legno tale da risultare in equilibrio con l’ambiente a T=20°C e UR=65%. La UNI 11035 è applicabile anche ad elementi in opera nei quali siano accessibili almeno tre facce e una testata; quest'ultima condizione quasi mai verificabile. Pertanto, se utilizzata su legname in opera è opportuno che il professionista tenga presente queste limitazioni.
Per quanto concerne invece il legname in opera è attualmente in vigore la norma italiana UNI 11119 “Beni culturali – Manufatti lignei – Strutture portanti degli edifici – Ispezione in situ per la diagnosi degli elementi in opera”.
La norma stabilisce obbiettivi, procedure e requisiti per la diagnosi dello stato di conservazione e la stima della resistenza e della rigidezza di elementi lignei in opera nelle strutture portanti di edifici compresi nell’ambito dei beni culturali, attraverso l’ispezione in situ e l’impiego di tecniche e metodologie non distruttive. All'interno di tale norma sono presenti infatti regole di classificazione che permettono di individuare tre categorie (I, II e III) ciascuna delle quali riporta le tensioni massime per l’applicazione del metodo delle tensioni ammissibili e moduli medi di elasticità a flessione con umidità del 12%. La UNI 11119, che assieme alla UNI 11138 sono state redatte con lo scopo di mettere a disposizione del tecnico linee guida e strumenti validi per la conservazione, la manutenzione e il restauro di strutture lignee portanti nell’ambito dei Beni Culturali, può essere utilizzata anche per l’ispezione e la classificazione di elementi lignei strutturali presenti in edifici ordinari.

Quali sono i parametri che devono essere valutati qualitativamente e quantitativamente ai fini della classificazione a vista secondo la resistenza?
Sono tutti quelli correlati alla resistenza meccanica ai quali si aggiungono le caratteristiche geometriche e la presenza di degrado biologico.
Tra i primi sono inclusi i nodi, l’inclinazione della fibratura, la massa volumica, le fessurazioni e le cipollature. Le limitazioni geometriche riguardano gli smussi e le deformazioni, il degrado biologico è relativo invece ai funghi e agli insetti. Altre caratteristiche prese in considerazione sono il legno di reazione e i danni meccanici (lesioni) causati da fattori biotici e abiotici.

La UNI 11119 prende in considerazione solo alcune di queste caratteristiche, in particolare i nodi, la deviazione di fibratura, la cipollatura, le fessurazioni da ritiro, le lesioni di vario tipo e gli smussi. Su questi ultimi è opportuno fare la seguente considerazione. Negli elementi in opera, soprattutto in strutture antiche, lo smusso è in genere una diretta conseguenza del tipo di lavorazione realizzata. Tale lavorazione, eseguita con l’ascia o l’asciotto, permetteva la squadratura del fusto lasciando però i vertici della sezione con smussi talvolta importanti, che apportavano un effetto negativo sia sulle prestazioni meccaniche dell'elemento a causa della riduzione di sezione, sia sulla sua durabilità per la presenza di alburno. Tuttavia classificare oggi un elemento antico in base alle dimensioni degli smussi può risultare eccessivamente penalizzante, fino a renderlo non idoneo per impieghi strutturali. Per tale motivo è consigliabile considerarlo come caratteristica geometrica della sezione dell’elemento e non come parametro di classificazione, annotando poi l’eventuale degrado presente. Sul legname nuovo, oltre agli effetti precedentemente citati, lo smusso può rendere difficoltoso l’utilizzo di piastre chiodate, connettori o altra carpenteria metallica. A livello di norma lo smusso viene espresso dal rapporto tra la proiezione dello stesso su un lato e la sua dimensione.

I nodi sono le inserzioni basali dei rami sul fusto. Si formano con l'accrescimento della pianta; nelle conifere, in genere, la formazione dei rami è regolata dal germoglio apicale che ogni anno formerà un palco regolare di 3 – 5 getti più o meno orizzontali, nelle latifoglie invece, non essendoci una vera distinzione nel germoglio tra getti verticali e orizzontali, si possono formare palchi meno regolari costituiti da rami dominanti più o meno inclinati verso l'alto.
Si distinguono in nodi sani quando derivano da nodi vivi e nodi morti originatisi da rami morti sulla pianta ancora in piedi per causa accidentali, mancanza di luce o defogliazione. I rami morti possono facilitare l'ingresso di patogeni, in particolare funghi o insetti che possono creare una zona alterata in prossimità del nodo; si parla di nodi neri o marci.
 

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