Data Pubblicazione:

ISPRA - Il consumo di suolo: lo stato, le cause e gli impatti

Il consumo di suolo: lo stato, le cause e gli impatti

Roma, 5 febbraio, Via Eudossiana 18, Sala del Chiostro.

Il tema del consumo del suolo dovuto all’espansione urbana sta assumendo un’importanza crescente nel contesto della sostenibilità ambientale e della pianificazione territoriale. Al fine di monitorare lo stato e individuare le cause e i maggiori impatti del consumo di suolo, negli ultimi anni sono state avviate diverse iniziative, tra cui la pubblicazione degli “Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo” della Commissione Europea e le attività di produzione di servizi informativi nell’ambito del programma Copernicus (già noto come GMES - Global Monitoring for Environment and Security).

A livello nazionale, ISPRA ha definito e realizzato, in collaborazione con il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ISPRA/ARPA/APPA), un sistema di monitoraggio e di valutazione del consumo del suolo. Parallelamente, si sono sviluppate iniziative nell’ambito del Sistema Statistico Nazionale, con la collaborazione di Istat, ISPRA, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e Inea, e sinergie con programmi di ricerca nazionali tra cui “AGROSCENARI” del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA).

Quali i dati emersi:

Negli ultimi anni il consumo di suolo in Italia è cresciuto ad una media di 8 metri quadrati al secondo e la serie storica dimostra che si tratta di un processo che dal 1956 non conosce battute d'arresto. Si è passati dal 2,8% del 1956 al 6,9% del 2010, con un incremento di 4 punti percentuali. In altre parole, sono stati consumati, in media, più di 7 metri quadrati al secondo per oltre 50 anni.


"Il fenomeno - si legge in una nota Ispra - è stato più rapido negli anni 90, periodo in cui si sono sfiorati i 10 metri quadrati al secondo, ma il ritmo degli ultimi 5 anni si conferma comunque accelerato, con una velocità superiore agli 8 metri quadrati al secondo. Questo vuol dire che ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una pari alla somma di quella di Milano e Firenze. In termini assoluti, l'Italia è passata da poco più di 8.000 km2 di consumo di suolo del 1956 ad oltre 20.500 km2nel 2010, un aumento che non si può spiegare solo con la crescita demografica: se nel 1956 erano irreversibilmente persi 170 m2 per ogni italiano, nel 2010 il valore raddoppia, passando a più di 340 m2".

Nel 1956 la Liguria, subita a breve dalla Lombardia, risultava la regione più cementificata con quasi il 5% di territorio sigillato, distaccando - Puglia a parte (4%) - tutte le altre. Il 2010 vede una situazione drasticamente diversa: la Lombardia, superando la soglia del 10%, si posiziona in vetta alla classifica, mentre quasi tutte le altre regioni (14 su 20) oltrepassano abbondantemente il 5% di consumo di suolo.
Secondo il dato europeo del consumo del suolo, il 2,3% del territorio continentale è ricoperto da cemento: si tratta di un dato calcolato con diversa metodologia e criteri rispetto a quelli soprariportati e si riferisce al 2006: l'Italia, con il 2,8% di suolo consumato secondo questo calcolo, risulta comunque oltre la media europea.

L'impermeabilizzazione inoltre diminuisce molti degli effetti benefici del suolo: riduce l'assorbimento di pioggia - in casi estremi impedendolo completamente - con effetti diretti sul ciclo idrologico e indiretti sul microclima, producendo così un aumento del rischio inondazioni. Non a caso, infatti, il Reno, uno dei maggiori fiumi d'Europa, ha perso 4/5 delle sue pianure alluvionali naturali e Londra il 12% dei suoi giardini in soli 10 anni, sostituiti da circa 2. 600 ettari di manto stradale. Ancora, impermeabilizzando un ettaro di suolo di buona qualità con elevata capacità di ritenzione idrica (4.800 m3), si riduce in modo significativo anche l'evapotraspirazione.

"L'espansione urbana e la cementificazione delle aree agricole - conclude la nota Ispra - pongono problemi anche di sicurezza e approvvigionamento alimentare. Tra il 1990 e il 2006, 19 Stati membri hanno perso una capacità di produzione agricola complessiva pari a 6,1 milioni di tonnellate di frumento (l'1% del loro potenziale agricolo, circa 1/6 del raccolto annuale in Francia, il maggior produttore d'Europa). Numeri tutt'altro che insignificanti visto che, per compensare la perdita di un ettaro di terreno fertile in Europa, servirebbe la messa in uso di un'area dieci volte maggiore".