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La difficile ripresa: pubblicate le previsioni del Centro Studi Confindustria

La difficile ripresa: pubblicate le previsioni del Centro Studi Confindustria

Pubblicato lo scorso dicembre sul sito di Confindustria le previsioni sulla situazione economica italiana.

È finita l’intensa e lunga recessione dell’economia italiana. La seconda in sei anni. Da poco è partita la risalita.
Non sarà rapida, per tre fattori. Primo: non si è trattato solo di difficoltà congiunturali ma di veri cambiamenti epocali negli assetti produttivi globali. Nulla sarà più come prima. E i rivolgimenti hanno code lunghe, con ristrutturazioni e dislocazioni che ridisegnano la mappa di chi fa che cosa e grandi ricadute su lavori e lavoratori. Secondo: è stata perduta capacità produttiva, tanto che il gap colmabile è la metà della riduzione registrata dal PIL, e ciò limita il possibile rimbalzo. Terzo: la dinamica potenziale, faro di ogni previsione, è calata dai ritmi striminziti stimati prima della crisi.
La ripresa (termine inadeguato) sarà sostenuta da mercati emergenti, solidità USA, più stabilità finanziaria e coralità europea del miglioramento. Ma ostacolata da restrizione del credito e alto cambio dell’euro. Per rafforzarla il Governo deve puntare su investimenti e competitività.

Cultura ed economia non sono mondi separati. Anzi, non c’è sviluppo senza cultura. Intesa sia come l’insieme dei valori fondanti le società democratiche e di mercato sia come produzioni culturali e creative. Le quali hanno molteplici ricadute industriali: dal vantaggio di cui gode l’export, grazie all’ammirazione internazionale per il Belpaese, al rinascimento manifatturiero, attrezzando l’Italia nella competizione della conoscenza. Il patrimonio artistico italiano è nel nucleo di quelle produzioni. Perciò la sua gestione va cambiata. Lasciandosi alle spalle le barriere ideologiche alla sana collaborazione tra pubblico, che tutela i beni collettivi, e privato, che è attrezzato a far rendere quei beni a beneficio di tutti. A cominciare dalla stessa cultura.

FONTE: CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA

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