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Agibilità urbanistica e commerciale: presupposti, differenze, chiarimenti

Consiglio di Stato: l'agibilità dei manufatti o dei locali dove si intende svolgere un'attività commerciale rappresenta il necessario ponte di collegamento fra la situazione urbanistico-edilizia e quella commerciale nel senso che la non conformità dei locali per il versante urbanistico-edilizio si traduce nella non agibilità dei predetti manufatti o locali sul versante commerciale

L'agibilità di un edificio con tutte le sue 'conseguenze' è al centro dell'interessante sentenza 4774/2020 dello scorso 27 luglio del Consiglio di Stato, dove si mettono svariati puntini sulle 'i' in merito alle differenze tra agibilità urbanistica, commerciale, ecc.

Nello specifico:

  • la cd. “agibilità urbanistica”, disciplinata dagli artt. 24 e seguenti del dpr 380/2001, implica anche la valutazione della sussistenza dei requisiti igienico sanitari dei locali ed ha pertanto una portata che assorbe, ma non esaurisce, quella in passato riconducibile all’art. 220 RD 1265/1934;
  • ai fini dell’agibilità, è necessario che il manufatto o il locale sia assistito dallo specifico titolo edilizio abilitativo e, più in generale, che lo stesso non rivesta carattere abusivo, esigendosi, in tal modo, una corrispondenza biunivoca tra conformità urbanistica dei beni ospitanti l’attività commerciale e l’agibilità degli stessi (sul punto cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 3212; Tar Napoli, sez. III, 9 marzo 2020, n. 1035);
  • la notifica sanitaria, che ha sostituito la vecchia autorizzazione sanitaria di cui all’art. 2 legge 283/1962, è anch’essa una forma di comunicazione del possesso dei requisiti igienico sanitari ma in relazione all’attività in concreto esercitata, che costituisce una specificazione correlata a verifiche più stringenti di quella commerciale del settore alimentare;
  • la mancata registrazione della notificazione sanitaria implica la necessità di intervenire sull’attività sia da parte della A.S.L. che ha effettuato i controlli, onde garantire la tempestività dell’intervento a tutela della salute pubblica; sia dal Sindaco cui la A.S.L. abbia dato notizia dei fattori ostativi riscontrati, ove sussistano gli estremi dell’ordinanza contingibile ed urgente ex art. 50 TUEL; ovvero infine dal Dirigente del Comune competente per materia, giusta la previsione sanzionatoria di chiusura contenuta nell’art. 22 comma 6 d.lgs. 114/1998 ( e le omologhe previsioni regionali), che comporta la cessazione dell’attività “abusiva”, intendendosi per tale quella comunque svolta in assenza, anche sopravvenuta, dei requisiti di legge. 

LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN FORMATO PDF


LEGISLAZIONE e TECNICA URBANISTICA ed EDILIZIA

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